Quotidiano di Sicilia
Ed. del 31.05.2012 - pag. 3
Liliana Rosano
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Il Rapporto Istat 2012 ha preso in considerazione: tasso di ospedalizzazione, mobilità sanitaria e mortalità evitabile
Servizi igienidl professionalità medico-sanitarial strutturel liste d'attesa tutte con giudizio negativo
PALERMO - La Sicilia bocciata sul fronte dell’appropriatezza, efficacia ed efficienza dei servizi sanitari. Il dato, emerge dall’ultimo Rapporto Istat 2012, appena pubblicato. Gli indicatori utilizzati per soddisfare i tre parametri sono stati diversi, tra i quali, il tasso di ospedalizzazione, la mobilità sanitaria, la m0l1alità evitabile.
Quest’ultima, è stata definita dalla letteratura internazionale come l’insieme delle cause di morte per le quali sono riconosciute attività efficaci di prevenzione secondaria o interventi diagnostico-terapeutici, che riducono il rischio di morte se somministrati in maniera appropriata e tempestiva. Si tratta, quindi, della componente della mortalità che può essere ricondotta all’azione dei servizi sanitari, cioè i decessi prematuri (prima dei 75 anni) che non dovrebbero verificarsi in presenza di cure efficaci e tempestive. Anche in questo caso le regioni con i valori peggiori dell ‘indicatore sono quasi tutte situate nel Mezzogiorno: in particolare, per gli uomini il tasso di mortalità evitabile per cure sanitarie presenta valori superiori alla media nazionale in tutte le regioni meridionali eccetto la Puglia, mentre per le donne i valori più elevati si registrano in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.
Dall’indagine Istat, emerge che i cittadini siciliani sono insoddisfatti dei servizi sanitari sul piano dell’assistenza, della degenza e dei risultati. Un giudizio negativo che nel dettaglio riguarda i servizi igienici, la professionalità medico-sanitaria, le strutture, le liste d’attesa, il rapporto paziente-medico.
Per quanto riguarda le disuguaglianze nella qualità dei servizi sanitari, il Rapporto Istat evidenzia che nel 2010 il Servizio sanitario nazionale ha speso 111.168 milioni di euro, pari a 1.833 euro pro capite. A livello regionale, si osserva uno scarto di circa 500 euro pro capite tra la provincia autonoma di Bolzano, che spende mediamente 2.191 euro per ogni residente, e la Sicilia, che ne spende 1.690. Il “Patto della salute 2010-2012” aveva stabilito, come parametri di riferimento delle risorse complessive da destinare all’assistenza collettiva in ambiente di vita e di lavoro, una pari al 51 per cento all’assistenza distrettuale e il restante 44 per cento per l’assistenza ospedaliera. Rispetto a questa ripartizione delle risorse, solo Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana presentano una disn1buzione della spesa sanitaria molto prossima ai parametri di rifèrimento, mentre per le altre regioni le risorse risultano ancora troppo spostate verso l’assistenza ospedaliera (soprattutto Lazio, Abruzzo e Sicilia) a discapito delle attività di promozione della salute e dell’assistenza distrettuale. I principali squilibri tra regioni si osservano, in particolare, per i servizi preposti alla presa in carico di pazienti cronici e alla gestione della post acuzie, in larga misura rivolti agli anziani ed ai disabili.
Quest’ultima, è stata definita dalla letteratura internazionale come l’insieme delle cause di morte per le quali sono riconosciute attività efficaci di prevenzione secondaria o interventi diagnostico-terapeutici, che riducono il rischio di morte se somministrati in maniera appropriata e tempestiva. Si tratta, quindi, della componente della mortalità che può essere ricondotta all’azione dei servizi sanitari, cioè i decessi prematuri (prima dei 75 anni) che non dovrebbero verificarsi in presenza di cure efficaci e tempestive. Anche in questo caso le regioni con i valori peggiori dell ‘indicatore sono quasi tutte situate nel Mezzogiorno: in particolare, per gli uomini il tasso di mortalità evitabile per cure sanitarie presenta valori superiori alla media nazionale in tutte le regioni meridionali eccetto la Puglia, mentre per le donne i valori più elevati si registrano in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.
Dall’indagine Istat, emerge che i cittadini siciliani sono insoddisfatti dei servizi sanitari sul piano dell’assistenza, della degenza e dei risultati. Un giudizio negativo che nel dettaglio riguarda i servizi igienici, la professionalità medico-sanitaria, le strutture, le liste d’attesa, il rapporto paziente-medico.
Per quanto riguarda le disuguaglianze nella qualità dei servizi sanitari, il Rapporto Istat evidenzia che nel 2010 il Servizio sanitario nazionale ha speso 111.168 milioni di euro, pari a 1.833 euro pro capite. A livello regionale, si osserva uno scarto di circa 500 euro pro capite tra la provincia autonoma di Bolzano, che spende mediamente 2.191 euro per ogni residente, e la Sicilia, che ne spende 1.690. Il “Patto della salute 2010-2012” aveva stabilito, come parametri di riferimento delle risorse complessive da destinare all’assistenza collettiva in ambiente di vita e di lavoro, una pari al 51 per cento all’assistenza distrettuale e il restante 44 per cento per l’assistenza ospedaliera. Rispetto a questa ripartizione delle risorse, solo Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana presentano una disn1buzione della spesa sanitaria molto prossima ai parametri di rifèrimento, mentre per le altre regioni le risorse risultano ancora troppo spostate verso l’assistenza ospedaliera (soprattutto Lazio, Abruzzo e Sicilia) a discapito delle attività di promozione della salute e dell’assistenza distrettuale. I principali squilibri tra regioni si osservano, in particolare, per i servizi preposti alla presa in carico di pazienti cronici e alla gestione della post acuzie, in larga misura rivolti agli anziani ed ai disabili.