La Sicilia
Ed. del 21.05.2012 - pag. 9
An.To.
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Intervista al direttore del centro dipartimentale di talassemia del Garibaldi di Catania
Caruso: «Più di 2.500 i siciliani malati di anemia mediterranea»
La talassemia conosciuta anche come anemia mediterranea - è una malattia genetica caratterizzata da uno o più difetti (mutazioni) dei geni (alfa e beta, principalmente) che sintetizzano la molecola dell’emoglobina con conseguenti anomalie dei globuli rossi e anemia. Da anni è stata identificata come una malattia di elevato interesse medico-sociale ed è per questo che si è provveduto alla costituzione, in tutta Italia, di una fitta rete diagnostico-assistenziale, di un sostegno economico ai pazienti e di un’attività di prevenzione impostata sulla ricerca di portatori sani per identificare le coppie a rischio(1 ogni 270) e quindi evitare di generare un figlio malato.
Per una maggiore efficacia degli interventi in materia di prevenzione, sin dal 1997 è stata anche sancita la gratuità degli esami di laboratorio necessari per la ricerca dei portatori sani di talassemia e emoglobinopatia in tutte le donne di età fertile.
«Nonostante tali interventi, però – sottolinea il dott. Vincenzo Caruso direttore del centro dipartimentale di Talassemia dell’Arnas Garibaldi di Catania - un certo numero di nuovi casi di emoglobinopatie continua a verificarsi annualmente in Sicilia, anche se il fenomeno è in netta diminuzione. E a fare la “fotografia” della patologia talassernica in Sicilia è il Rrest (Registro Siciliano di Talassemia e Emoglobinopatie), sorto nell’ambito dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale nel 1984 con due obiettivi principali: fornire le informazioni necessarie alla pianificazione del settore; creare uno strumento in grado di valutare le azioni di ordine preventivo e assistenziale che il Servizio Sanitario adotta nel campo della talassemia. Il Registro si basa sulla comunicazione nominativa dei soggetti affetti da talassemia e emoglobinopatie diagnosticati presso i centri di talassemia di tutto il territorio regionale. Dall’ultimo report, i soggetti con tali patologie superano la quota di 2.500 con una sensibile differenza, relativamente ai tassi di prevalenza, fra le varie province (la talassemia major è più frequente a Siracusa e Caltanissetta e meno a Messina, la malattia drepanocitica ha un notevole picco a Caltanissetta, seguita da Ragusa)».
Qual è la forma dominante?
«La drepanocitosi (o anemia falciforme) è, in Sicilia. la forma più frequente di emoglobinopatia e spesso si associa alla talassemia; la prevalenza dei portatori sani di tale anemia, anch’essa ereditaria, è del 2% (mentre quella del portatore sano di talassemia è del 6%), e si è diffusa in tutta Italia a seguito dei flussi migratori prevalentemente dai paesi africani e dai paesi neocomunitari dell’Est Europa, con la conseguenza che un numero sempre maggiore di bambini e giovani adulti afferiscono ai nostri Centri di talassemia siciliani e italiani. Sempre secondo i dati del Reste, viene confermato che dal 1991 si è verificata una complessiva riduzione del numero di nuovi nati sull’intero territorio regionale rispetto al decennio precedente, ma la frequenza di tali eventi continua a mantenersi discreta; in particolare si osserva un lieve aumento dell’incidenza dopo il 2000. L’apparente tendenza all’aumento degli ultimi anni, da verificare comunque in un periodo di tempo più lungo, potrebbe essere in buona parte dovuta a una scelta dei genitori, in relazione anche alla migliorata qualità di vita del malato, anche se in qualche caso ha pesato la mancata opportunità di eseguire la diagnosi prenatale. Appare comunque necessario insistere nella promozione di campagne di informazione ed educazione sanitaria e nella ricerca dei portatori sani, al fine di limitare le nascite di nuovi casi solo a quelle derivanti da scelte consapevoli».
Fino a qual punto il merito dei farmaci al fine di una migliore qualità di vita del talassemico?
«In particolare, negli ultimi 15-20 anni il cambiamento della storia naturale della talassemia, con drastica riduzione della morbosità e della mortalità (molti pazienti hanno oggi più di 50 anni) e il netto miglioramento della qualità di vita pressoché sovrapponibile a quello della popolazione sana, è da attribuire oltre che all’adozione di programmi trasfusionali adeguati (ma regolari, se si vuole che siano veramente efficaci, per quantità di sangue e per intervalli di 15-20 giorni, tra una trasfusione e l’altra). all’introduzione di farmaci capaci di allontanare il ferro che si accumula con trasfusioni, cioè di nuovi chetanti orali del ferro (deferiprone e deferasirox) che si aggiungono alla tradizionale deferoxamina somministrabile unicamente per via sottocutanea o endovenosa, e alla possibilità mediante la Risonanza magnetica nucleare per Immagini, di quantificare precocemente gli accumuli di ferro in diversi organi (cuore e fegato principalmente) e di guidare efficacemente la terapia ferrochelante. In via di sperimentazione infine una terapia volta a curare l’epatite C che può colpire i malati».
Per una maggiore efficacia degli interventi in materia di prevenzione, sin dal 1997 è stata anche sancita la gratuità degli esami di laboratorio necessari per la ricerca dei portatori sani di talassemia e emoglobinopatia in tutte le donne di età fertile.
«Nonostante tali interventi, però – sottolinea il dott. Vincenzo Caruso direttore del centro dipartimentale di Talassemia dell’Arnas Garibaldi di Catania - un certo numero di nuovi casi di emoglobinopatie continua a verificarsi annualmente in Sicilia, anche se il fenomeno è in netta diminuzione. E a fare la “fotografia” della patologia talassernica in Sicilia è il Rrest (Registro Siciliano di Talassemia e Emoglobinopatie), sorto nell’ambito dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale nel 1984 con due obiettivi principali: fornire le informazioni necessarie alla pianificazione del settore; creare uno strumento in grado di valutare le azioni di ordine preventivo e assistenziale che il Servizio Sanitario adotta nel campo della talassemia. Il Registro si basa sulla comunicazione nominativa dei soggetti affetti da talassemia e emoglobinopatie diagnosticati presso i centri di talassemia di tutto il territorio regionale. Dall’ultimo report, i soggetti con tali patologie superano la quota di 2.500 con una sensibile differenza, relativamente ai tassi di prevalenza, fra le varie province (la talassemia major è più frequente a Siracusa e Caltanissetta e meno a Messina, la malattia drepanocitica ha un notevole picco a Caltanissetta, seguita da Ragusa)».
Qual è la forma dominante?
«La drepanocitosi (o anemia falciforme) è, in Sicilia. la forma più frequente di emoglobinopatia e spesso si associa alla talassemia; la prevalenza dei portatori sani di tale anemia, anch’essa ereditaria, è del 2% (mentre quella del portatore sano di talassemia è del 6%), e si è diffusa in tutta Italia a seguito dei flussi migratori prevalentemente dai paesi africani e dai paesi neocomunitari dell’Est Europa, con la conseguenza che un numero sempre maggiore di bambini e giovani adulti afferiscono ai nostri Centri di talassemia siciliani e italiani. Sempre secondo i dati del Reste, viene confermato che dal 1991 si è verificata una complessiva riduzione del numero di nuovi nati sull’intero territorio regionale rispetto al decennio precedente, ma la frequenza di tali eventi continua a mantenersi discreta; in particolare si osserva un lieve aumento dell’incidenza dopo il 2000. L’apparente tendenza all’aumento degli ultimi anni, da verificare comunque in un periodo di tempo più lungo, potrebbe essere in buona parte dovuta a una scelta dei genitori, in relazione anche alla migliorata qualità di vita del malato, anche se in qualche caso ha pesato la mancata opportunità di eseguire la diagnosi prenatale. Appare comunque necessario insistere nella promozione di campagne di informazione ed educazione sanitaria e nella ricerca dei portatori sani, al fine di limitare le nascite di nuovi casi solo a quelle derivanti da scelte consapevoli».
Fino a qual punto il merito dei farmaci al fine di una migliore qualità di vita del talassemico?
«In particolare, negli ultimi 15-20 anni il cambiamento della storia naturale della talassemia, con drastica riduzione della morbosità e della mortalità (molti pazienti hanno oggi più di 50 anni) e il netto miglioramento della qualità di vita pressoché sovrapponibile a quello della popolazione sana, è da attribuire oltre che all’adozione di programmi trasfusionali adeguati (ma regolari, se si vuole che siano veramente efficaci, per quantità di sangue e per intervalli di 15-20 giorni, tra una trasfusione e l’altra). all’introduzione di farmaci capaci di allontanare il ferro che si accumula con trasfusioni, cioè di nuovi chetanti orali del ferro (deferiprone e deferasirox) che si aggiungono alla tradizionale deferoxamina somministrabile unicamente per via sottocutanea o endovenosa, e alla possibilità mediante la Risonanza magnetica nucleare per Immagini, di quantificare precocemente gli accumuli di ferro in diversi organi (cuore e fegato principalmente) e di guidare efficacemente la terapia ferrochelante. In via di sperimentazione infine una terapia volta a curare l’epatite C che può colpire i malati».
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