La Sicilia
Ed. del 05.04.2012 - Palermo - pag. 36
n.d.
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Sospeso il decreto di chiusura firmato dall'assessore Massimo Russo, che non si arrende: «Farò ricorso»
CEFALÙ - Arriva un primo stop al decreto dell’assessore regionale alla Salute, Massimo Russo, per la chiusura del punto nascite del San Raffaele Giglio di Cefalù. Il Tribunale amministrativo, relatore Aurora Lento, ha disposto la sospensiva del decreto su ricorso presentato dai Comuni di Cefalù, Pollina, San Mauro Castelverde, Campofelice di Roccella, Lascari, Collesano, Gratteri, Castelbuono e Isnello.
I sindaci, difesi dagli avvocati Agostino Terregino e Pasquale di Paola, hanno sostenuto «l’abnormità e irragionevolezza» del decreto Russo, sollevando dei rilievi sulle motivazioni che avevano decretato la chiusura di Cefalù. «Fondamentalmente - spiegano gli avvocati – questo decreto si basava sul fatto che Cefalù non veniva considerato ospedale pubblico e che l’attività sanitaria fosse a prevalenza oncologica». Il Tar, «pur essendo indubbia la non qualificabilità come ente pubblico», ha considerato la presenza maggioritaria nel Cda di tre soci pubblici e la «compatibilità dell’attività oncologica con quella ostetrico-ginecologica, oltre ai livelli di sicurezza dell’ospedale evidenziati nella relazione del responsabile dell’unità». Ritenuto inadeguato per il Tar il riferimento alla minore distanza da Petralia a Termini (72 km) e da Petralia a Cefalù (77 km). L’assessorato alla Salute dovrà adesso riesaminare il decreto, alla luce di quanto rilevato nell’ordinanza, e per entrare nel merito attendere l’udienza fissata per giugno 2013.
Ma l’assessore Russo, riservandosi di presentare ricorso al Cga, non si arrende: «Di fatto il Tar con questa decisione rischia di incidere sul potere di programmazione della Regione, peraltro esercitato in conformità con un quadro normativo che prevede la soppressione di punti nascita con meno di 1.000 parti all’anno. La correttezza del nostro provvedimento era stata recentemente ribadita dal ministro della Salute Balduzzi che in una lettera aveva sottolineato il rispetto delle indicazioni dell’accordo Stato-Regioni».
I sindaci, difesi dagli avvocati Agostino Terregino e Pasquale di Paola, hanno sostenuto «l’abnormità e irragionevolezza» del decreto Russo, sollevando dei rilievi sulle motivazioni che avevano decretato la chiusura di Cefalù. «Fondamentalmente - spiegano gli avvocati – questo decreto si basava sul fatto che Cefalù non veniva considerato ospedale pubblico e che l’attività sanitaria fosse a prevalenza oncologica». Il Tar, «pur essendo indubbia la non qualificabilità come ente pubblico», ha considerato la presenza maggioritaria nel Cda di tre soci pubblici e la «compatibilità dell’attività oncologica con quella ostetrico-ginecologica, oltre ai livelli di sicurezza dell’ospedale evidenziati nella relazione del responsabile dell’unità». Ritenuto inadeguato per il Tar il riferimento alla minore distanza da Petralia a Termini (72 km) e da Petralia a Cefalù (77 km). L’assessorato alla Salute dovrà adesso riesaminare il decreto, alla luce di quanto rilevato nell’ordinanza, e per entrare nel merito attendere l’udienza fissata per giugno 2013.
Ma l’assessore Russo, riservandosi di presentare ricorso al Cga, non si arrende: «Di fatto il Tar con questa decisione rischia di incidere sul potere di programmazione della Regione, peraltro esercitato in conformità con un quadro normativo che prevede la soppressione di punti nascita con meno di 1.000 parti all’anno. La correttezza del nostro provvedimento era stata recentemente ribadita dal ministro della Salute Balduzzi che in una lettera aveva sottolineato il rispetto delle indicazioni dell’accordo Stato-Regioni».
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