La Sicilia
Ed. del 28.09.2011 - pag. 4
Mario Barresi
Articolo letto 58 volte
Presentazione del decreto fra le proteste dei 23 Comuni siciliani colpiti. Ieri sit-in ad Augusta
CATANIA - In piazza con cori e striscioni, ma anche in rete con tutte le “armi” di persuasione dei blog e dei social network. Da Paternò ad Augusta, fino a Lipari e Pantelleria. Per l’assessore regionale alla Salute, Massimo Russo, non c’è soltanto la “spina” della mozione di censura approvata ieri pomeriggio all’Ars. Monta la protesta, in tutti i comuni siciliani dove - di qui a poco - non nasceranno più bambini. È infatti scattato l’inesorabile conto alla rovescia verso il taglio dei reparti di Ostetricia e ginecologia che registrano meno di 500 parti l’anno. Uno standard fissato dal ministero della Salute, che la Regione ha recepito nell’ultimo Piano sanitario. E oggi sarebbe prevista la chiusura del cerchio: l’assessore regionale alla Salute, Massimo Russo, ha annunciato per le 11 la presentazione del nuovo decreto.
Era stato proprio lo stesso Russo, in un’intervista al nostro giornale pubblicata il 13 agosto, ad anticipare la novità: «Mi appresto a un atto impopolare, che probabilmente mi metterà contro decine di sindaci: la chiusura dei punti nascita più piccoli e improduttivi. È una questione di sicurezza: le relazioni scientifiche sostengono che un punto nascita, per essere davvero sicuro, deve fare un certo numero di parti l’anno. Noi partiremo chiudendo quelli con meno di 500 parti l’anno, ma a regime, entro tre anni, chiuderanno tutti quelli che non garantiscono 1.000 parti».
La presentazione del decreto - annunciata prima del voto favorevole nella mozione di censura all’Ars - sarebbe prevista per oggi alle 11, nel corso della giornata conclusiva del congresso nazionale organizzato dalla Società italiana di Ginecologia ed Ostetricia che si sta svolgendo a Palermo. E proprio la Sigo, lunedì, aveva approvato in pieno l’iniziativa di Russo, denunciando che la Sicilia è la regione italiana In cui restano aperti più punti nascita (in tutto 38) con meno di 500 parti l’anno: «Pochi, troppo pochi per poter garantire la sicurezza di madri e bambini.».
Intanto non si ferma la protesta nel comuni Interessati: in tutto 23, visto che sono previste deroghe per i reparti degli ospedali «in zone disagiate», tra cui quelli di Bronte e Mussomeli. Fatti salvi questi casi, sono in ballo i punti nascita di tutte le altre strutture “under 500”. All’ospedale di Paternò, dove oggi sarà in visita il neocommissario dell’Asp etnea Gaetano Sirna, gli ultimi due anni sono stati chiusi con circa 400 parti e un trend decrescente. Anche Augusta si batte contro la “restituzione” di Ginecologia e ostetricia al nuovo ospedale di Lentini, che sarà inaugurato il prossimo 17 ottobre. Lunedì il governatore Raffaele Lombardo, in visita al “Muscatello”, aveva chiuso ogni spiraglio: «Per adesso bisogna rispettare il piano di rientro, dopo aver messo i conti in ordine si vedrà». E ieri il comitato pro-ospedale ha pacificamente invaso, con un migliaio di cittadini, la nuova darsena servizi del porto commerciale per manifestare contro la soppressione. A rischio i punti nascita nelle province di Enna (Leonforte e Piazza Armerina), Caltanissetta (Mazzarino, Niscemi e San Cataldo), Ragusa (Comiso) e Agrigento (Licata), oltre che altre 13 fra Palermo, Messina e Trapani.
Era stato proprio lo stesso Russo, in un’intervista al nostro giornale pubblicata il 13 agosto, ad anticipare la novità: «Mi appresto a un atto impopolare, che probabilmente mi metterà contro decine di sindaci: la chiusura dei punti nascita più piccoli e improduttivi. È una questione di sicurezza: le relazioni scientifiche sostengono che un punto nascita, per essere davvero sicuro, deve fare un certo numero di parti l’anno. Noi partiremo chiudendo quelli con meno di 500 parti l’anno, ma a regime, entro tre anni, chiuderanno tutti quelli che non garantiscono 1.000 parti».
La presentazione del decreto - annunciata prima del voto favorevole nella mozione di censura all’Ars - sarebbe prevista per oggi alle 11, nel corso della giornata conclusiva del congresso nazionale organizzato dalla Società italiana di Ginecologia ed Ostetricia che si sta svolgendo a Palermo. E proprio la Sigo, lunedì, aveva approvato in pieno l’iniziativa di Russo, denunciando che la Sicilia è la regione italiana In cui restano aperti più punti nascita (in tutto 38) con meno di 500 parti l’anno: «Pochi, troppo pochi per poter garantire la sicurezza di madri e bambini.».
Intanto non si ferma la protesta nel comuni Interessati: in tutto 23, visto che sono previste deroghe per i reparti degli ospedali «in zone disagiate», tra cui quelli di Bronte e Mussomeli. Fatti salvi questi casi, sono in ballo i punti nascita di tutte le altre strutture “under 500”. All’ospedale di Paternò, dove oggi sarà in visita il neocommissario dell’Asp etnea Gaetano Sirna, gli ultimi due anni sono stati chiusi con circa 400 parti e un trend decrescente. Anche Augusta si batte contro la “restituzione” di Ginecologia e ostetricia al nuovo ospedale di Lentini, che sarà inaugurato il prossimo 17 ottobre. Lunedì il governatore Raffaele Lombardo, in visita al “Muscatello”, aveva chiuso ogni spiraglio: «Per adesso bisogna rispettare il piano di rientro, dopo aver messo i conti in ordine si vedrà». E ieri il comitato pro-ospedale ha pacificamente invaso, con un migliaio di cittadini, la nuova darsena servizi del porto commerciale per manifestare contro la soppressione. A rischio i punti nascita nelle province di Enna (Leonforte e Piazza Armerina), Caltanissetta (Mazzarino, Niscemi e San Cataldo), Ragusa (Comiso) e Agrigento (Licata), oltre che altre 13 fra Palermo, Messina e Trapani.
Nessun commento:
Posta un commento
imposta qui i tuoi commenti