La Stampa
Ed. del 16.07.2011 - pag. 6
Raffele Masci
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Il ministro: le Regioni sono libere di decidere. Il Pd attacca, subito una legge per cancellarli
ROMA - Tagli, balzelli, agevolazioni fiscali eliminate. Ma la più impopolare delle misure contenute nella manovra appena congedata, è il ripristino dei ticket (10 euro sulla diagnostica e 25 sui ricorsi impropri ai pronto soccorso) che, dalla prossima settimana, apparirà di nuovo nella nostra vita. A meno che le singole Regioni non ci sottraggano da questo ingrato prelievo. Ed è proprio ciò che è avvenuto - per intanto - in Emilia Romana e in Trentino, dove i rispettivi assessori alla Sanità hanno annunciato che da loro non riapparirà alcun ticket. Anchela Toscana sta studiando un provvedimento analogo,mentre Sardegna e Friuli già hanno deciso che non potranno esentare i propri cittadini.
La ricca ed efficiente Lombardia non ha fatto alcun gesto clamoroso, ma il presidente Roberto Formigoni ha preso una netta distanza da questa misura che mai lui – spontaneamente - avrebbe adottato: «E’ stato deciso da Governo e Parlamento - ha detto - e quindi i cittadini sanno da dove proviene». Come a dire: noi non c’entriamo. Quanto al Piemonte sta facendo bene i conti: se ce la fa esenta (avrebbe bisogno di 30 milioni), sennò «rimodula» in maniera di far pesare il meno possibile il nuovo balzello sulle fasce deboli.
Se le Regioni vivono con fastidio l’irruzione della manovra sulle loro politiche sanitarie, dunque, il Pd nazionale è andato oltre il malcontento e ha annunciato - per iniziativa del capogruppo Dario Franceschini – di aver presentato una proposta di legge per abolire definitivamente ogni ticket.
In questo quadro il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha tenuto a ribadire, a scanso di equivoci, che le Regioni hanno piena facoltà di esentare dal ticket, sempre che abbiano di che coprire il buco di spesa che si viene a creare. Ma Fazio ha voluto anche ricordare che, se il «contributo» può pesare su molti, ampia è anche la platea degli esenti: bambini e anziani con redditi familiari inferiori a 36 mila euro, disoccupati, pensionati sociali e al minimo e loro familiari a carico, malati cronici, cittadini affetti da malattie rare, invalidi. E tutto questo per sottolineare l’attenzione del governo verso le fasce socialmente più fragili.
Ma, evidentemente, tutto questo non basta. O almeno non basta al mondo cattolico, che - dalle più alte porpore fino alle associazioni di volontariato – ha letto la manovra come una stangata inesorabile sulle famiglie, per i ticket, ma anche per la soppressione delle esenzioni fiscali e per i taglia l sociale. Il cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco, ieri ha tuonato contro le politiche che non sostengono la famiglia, e il particolare contro la precarietà del lavoro: «E’ necessario difendere il lavoro - ha detto - perché se non c’è o è precario è impossibile formarsi una famiglia. E penso soprattutto ai giovani».
Molto meno sfumate le invettive dell’associazionismo cattolico. Il presidente delle Acli Andrea Olivero ha definito «scandaloso l’accanimento sulle famiglie e il disinteresse per i poveri che emerge da questa manovra economica», con l’aggravante che «non si è avuto il coraggio di col pire le transazioni finanziarie né di introdurre una patrimoniale per i più ricchi, mentre si è avuto invece il coraggio di colpire pesantemente le famiglie e di ignorare ancora una volta la condizione di povertà assoluta in cui versano tre milioni di persone nel nostro Paese».
Per Edoardo Patriarca, segretario delle Settimane Sociali della Cei, «la scelta di essere così pesanti con le famiglie è una scelta improvvida, da incoscienti, perché se si torna a parlare di sviluppo e di crescita, come si dovrà fare, uno dei soggetti che sono al centro di una ripresa sono le famiglie». A proposito invece del fatto che l’intervento sui costi della politica è al di sotto delle attese, l’esponente del laicato cattolico parla «di un’oligarchia che difende i propri privilegi e che non ha alcuna intenzione di recedere da questo». Quanto al Forum delle Associazioni familiari, contesta sia la logica dei tagli lineari a tutte le 483 agevolazioni fiscali («va sempre a colpire i redditi più bassi») sia il fatto che tra le aree sottratte al prelievo c’è ancora una volta la politica: «Come si fa a dare credito a chi non è pronto ad assumersi i sacrifici che chiede al resto del Paese?».
La ricca ed efficiente Lombardia non ha fatto alcun gesto clamoroso, ma il presidente Roberto Formigoni ha preso una netta distanza da questa misura che mai lui – spontaneamente - avrebbe adottato: «E’ stato deciso da Governo e Parlamento - ha detto - e quindi i cittadini sanno da dove proviene». Come a dire: noi non c’entriamo. Quanto al Piemonte sta facendo bene i conti: se ce la fa esenta (avrebbe bisogno di 30 milioni), sennò «rimodula» in maniera di far pesare il meno possibile il nuovo balzello sulle fasce deboli.
Se le Regioni vivono con fastidio l’irruzione della manovra sulle loro politiche sanitarie, dunque, il Pd nazionale è andato oltre il malcontento e ha annunciato - per iniziativa del capogruppo Dario Franceschini – di aver presentato una proposta di legge per abolire definitivamente ogni ticket.
In questo quadro il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha tenuto a ribadire, a scanso di equivoci, che le Regioni hanno piena facoltà di esentare dal ticket, sempre che abbiano di che coprire il buco di spesa che si viene a creare. Ma Fazio ha voluto anche ricordare che, se il «contributo» può pesare su molti, ampia è anche la platea degli esenti: bambini e anziani con redditi familiari inferiori a 36 mila euro, disoccupati, pensionati sociali e al minimo e loro familiari a carico, malati cronici, cittadini affetti da malattie rare, invalidi. E tutto questo per sottolineare l’attenzione del governo verso le fasce socialmente più fragili.
Ma, evidentemente, tutto questo non basta. O almeno non basta al mondo cattolico, che - dalle più alte porpore fino alle associazioni di volontariato – ha letto la manovra come una stangata inesorabile sulle famiglie, per i ticket, ma anche per la soppressione delle esenzioni fiscali e per i taglia l sociale. Il cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco, ieri ha tuonato contro le politiche che non sostengono la famiglia, e il particolare contro la precarietà del lavoro: «E’ necessario difendere il lavoro - ha detto - perché se non c’è o è precario è impossibile formarsi una famiglia. E penso soprattutto ai giovani».
Molto meno sfumate le invettive dell’associazionismo cattolico. Il presidente delle Acli Andrea Olivero ha definito «scandaloso l’accanimento sulle famiglie e il disinteresse per i poveri che emerge da questa manovra economica», con l’aggravante che «non si è avuto il coraggio di col pire le transazioni finanziarie né di introdurre una patrimoniale per i più ricchi, mentre si è avuto invece il coraggio di colpire pesantemente le famiglie e di ignorare ancora una volta la condizione di povertà assoluta in cui versano tre milioni di persone nel nostro Paese».
Per Edoardo Patriarca, segretario delle Settimane Sociali della Cei, «la scelta di essere così pesanti con le famiglie è una scelta improvvida, da incoscienti, perché se si torna a parlare di sviluppo e di crescita, come si dovrà fare, uno dei soggetti che sono al centro di una ripresa sono le famiglie». A proposito invece del fatto che l’intervento sui costi della politica è al di sotto delle attese, l’esponente del laicato cattolico parla «di un’oligarchia che difende i propri privilegi e che non ha alcuna intenzione di recedere da questo». Quanto al Forum delle Associazioni familiari, contesta sia la logica dei tagli lineari a tutte le 483 agevolazioni fiscali («va sempre a colpire i redditi più bassi») sia il fatto che tra le aree sottratte al prelievo c’è ancora una volta la politica: «Come si fa a dare credito a chi non è pronto ad assumersi i sacrifici che chiede al resto del Paese?».
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