ADNKronos Salute
Ed. del 19.05.2011
n.d.
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Milano, 19 mag. (Adnkronos Salute) - Trentotto anni, un marito, la voglia di un figlio e all’improvviso il dramma. Scoprirsi la prova vivente di una statistica crudele ascoltata in un programma radiofonico: «Nel corso della vita una donna su quattro ha la possibilità di ammalarsi» di cancro al seno. La diagnosi è «carcinoma infiltrante della mammella sinistra. B5/lesione neoplastica maligna». In poche parole, un tumore “A dieci centimetri dal cuore”. Si intitola così il libro di Cecilia Vedana, protagonista e autrice di una storia di coraggio, di forza e speranza. Un’altalena di emozioni che diventano un messaggio per chi è ancora dentro il tunnel della malattia o ci entrerà: vincere la battaglia, senza perdere un amore e la voglia di vivere, oggi è possibile. Il libro, di Perrone Editore, sarà presentato venerdì 20 maggio alle 17 all’università Campus Bio-Medico di Roma, alla presenza dell’autrice. Dopo i saluti del presidente dell’università Campus Bio-Medico Paolo Arullani, e del direttore generale del Policlinico universitario Campus Bio-Medico Gianluca Oricchio, introdurrà l’incontro Vittorio Altomare, direttore dell’Area specialistica di senologia del Policlinico universitario Campus Bio-Medico. Intervengono inoltre la senatrice Laura Bianconi (Pdl) e l’onorevole Paola Binetti (Udc).
«Storie come questa sono innanzitutto un messaggio di speranza per tutte le donne: quando anche dovessero ammalarsi, possono guarire» soprattutto nell’era della prevenzione e della diagnosi precoce, commenta Altomare all’Adnkronos Salute. Non solo: «Questo libro è un strumento prezioso anche per noi medici, perché ci aiuta a immedesimarci nelle nostre pazienti. Metterci nei panni dei malati è sempre molto difficile, e lo è ancora di più per un medico uomo capire a fondo cosa prova una paziente donna. Storie come queste ci sostengono in questo compito tanto delicato», assicura lo specialista. Dove ho sbagliato? Perché è successo proprio a me? Le domande di Cecilia sono le stesse che affollano la mente di tutte le donne alle prese con un cancro al seno. «Un intruso che mi rovina tutto», racconta l’autrice. «Un intralcio tra me, il mio futuro e la vita che avevo immaginato». Un nemico da odiare, contro il quale le parole degli altri servono a poco. «Fra un anno ne sarai fuori», le dice il medico. Ma un anno di chemioterapia è lungo. La bellezza che sembra sfiorire, i capelli che cadono, arrivare a vomitare 14 volte in un giorno, il timore di non piacere più al proprio uomo, il sogno di un figlio che si infrange per sempre. E negli occhi e nel naso, per stamparsi indelebili nel cervello, il colore sterile delle stanze di ospedale, l’odore di disinfettante, il freddo dei lettini metallici su cui stendersi per esami e biopsie. “A dieci centimetri dal cuore” non è solo una cronaca di vita vissuta, è soprattutto un viaggio nei sentimenti che si alternano e si confondono. Un cammino che inizia da un senso di smarrimento profondo, passa «vicino all’abisso della disperazione», ma dopo interventi chirurgici e cicli di chemio e radioterapia finisce tra le braccia del marito. Una coppia stesa su un prato profumato di terra. L’odore buono della rinascita: «L’ho desiderato tanto questo profumo di vita - scrive Cecilia - E’ così buono che m’inebria e mi corrobora, dandomi energia». Tra le righe del racconto anche il rapporto con i “camici bianchi”. Riflettori puntati su storie di corsia che hanno il tono asciutto e rassicurante di Antonietta, medico specialistico, ma anche quello svogliato dell’infermiere di turno che la prima notte dopo l’intervento, quando Cecilia chiede aiuto per alzarsi dal letto, le risponde «So’ le due passate. Che te devo aiuta’ io?». Poi però il ricordo torna dolce ripensando al dialogo con Giovanna, l’infermiera del day hospital oncologico. «Mi piace il celeste. Vorrei per il mio compleanno degli orecchini in acquamarina proprio come i tuoi», le aveva detto Cecilia. «Se molli ora, chi te li regala?», le sorride Giovanna quando lei pensa di non farcela. Da un lato il rapporto della malata con il proprio corpo, dall’altro quello della donna con il suo uomo: due relazioni che nei pensieri dell’autrice si incrociano sempre. Come quando, tornata a casa dopo l’intervento, la madre le toglie la fascia che le ha stretto il seno operato e Cecilia va allo specchio per guardarsi la cicatrice. Oppure come quando, mentre il marito la aiuta a vomitare per gli effetti della chemio e lei immagina «forse pensa di aver sposato uno sgorbio, uno sgorbio senza capelli», lui invece le dice «sei bella, Cecilia. Sei bella anche così». Ecco l’amore, capisce l’autrice. «L’amore che non muore».
Fra i tanti, è proprio questo uno dei messaggi di “A dieci centimetri dal cuore” che il professor Altomare vuole sottolineare. «L’autrice - evidenzia il senologo - fa notare quanto, anche durante la malattia, sia rimasto unito il rapporto il coniuge. Purtroppo ci sono mariti che di fronte alla diagnosi della moglie scappano, e affrontare un tumore da sola è devastante. E’ importantissimo che tutti i familiari in generale, e in particolare i mariti, sappiano restare vicini alla donna in questo momento drammatico della sua vita», esorta l’esperto. Se è vero che il cancro al seno resta il primo tumore big killer “in rosa”, «in questo momento - precisa Altomare - è anche giusto dire che di tumore al seno si guarisce nella maggior parte dei casi. Oggi, infatti, sempre più donne fanno prevenzione, rispondono all’invito delle istituzioni e si sottopongono ai controlli». Un impegno, quello sulla diagnosi precoce, che purtroppo nel nostro Paese è ancora a macchia di leopardo, conferma lo specialista. «Tra il Nord e il Sud del Paese persistono differenze nell’offerta sanitaria - afferma Altomare - In parte sono legate a chi governa, ma in parte anche a una maggiore resistenza delle donne del Sud ad accettare i controlli. Manca fiducia nelle cose proposte dallo Stato, piuttosto si cerca di procedere per amicizia, per conoscenze». Nella storia di Cecilia, prosegue l’esperto, c’è poi un’altro elemento che fa riflettere. «In un rapporto curato dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato - ricorda Altomare - si evidenzia un aumento di incidenza del cancro al seno anche nelle fasce di popolazione femminile non ‘coperte’ dagli screening»: le donne under 50 e le over 69. «E’ indispensabile tenere sotto controllo anche le donne più giovani e le più anziane», concorda lo specialista. In particolare, «nei casi in cui una donna ha precedenti di tumore della mammella in famiglia, controllarla fin da giovane è obbligatorio». Azioni “su misura” che però devono avvenire «in centri specialistici, altrimenti si inducono ansia e preoccupazione», avverte Altomare. Il senologo pone infine l’accento sul ruolo cruciale delle Breast Unit, «unità specializzate in cui, lo dimostrano studi scientifici, la prognosi delle pazienti in termini di sopravvivenza migliora». Anche al Campus Bio-Medico di Roma «da almeno 10 anni è attivo un team multidisciplinare ad hoc». Al fianco di Altomare lavorano «tre chirurghi specializzati più una specializzanda, almeno due radiologi dedicati a tempo pieno, un oncologo medico dedicato e altri specialisti che vengono coinvolti di volta in volta, a seconda delle esigenze». Tra i fiori all’occhiello «ci sono soprattutto servizi con cui cerchiamo di offrire risposte immediate alle pazienti. Per esempio, da due anni è operativo un Ambulatorio open in cui una donna con sospetta neoplasia al seno può avere una risposta completa nell’arco di 24 ore. Il tutto in convenzione con il Servizio sanitario nazionale. Se nelle strutture pubbliche si attivassero più ambulatori di questo tipo - conclude l’esperto - il problema delle liste d’attesa si potrebbe ridimensionare notevolmente».
«Storie come questa sono innanzitutto un messaggio di speranza per tutte le donne: quando anche dovessero ammalarsi, possono guarire» soprattutto nell’era della prevenzione e della diagnosi precoce, commenta Altomare all’Adnkronos Salute. Non solo: «Questo libro è un strumento prezioso anche per noi medici, perché ci aiuta a immedesimarci nelle nostre pazienti. Metterci nei panni dei malati è sempre molto difficile, e lo è ancora di più per un medico uomo capire a fondo cosa prova una paziente donna. Storie come queste ci sostengono in questo compito tanto delicato», assicura lo specialista. Dove ho sbagliato? Perché è successo proprio a me? Le domande di Cecilia sono le stesse che affollano la mente di tutte le donne alle prese con un cancro al seno. «Un intruso che mi rovina tutto», racconta l’autrice. «Un intralcio tra me, il mio futuro e la vita che avevo immaginato». Un nemico da odiare, contro il quale le parole degli altri servono a poco. «Fra un anno ne sarai fuori», le dice il medico. Ma un anno di chemioterapia è lungo. La bellezza che sembra sfiorire, i capelli che cadono, arrivare a vomitare 14 volte in un giorno, il timore di non piacere più al proprio uomo, il sogno di un figlio che si infrange per sempre. E negli occhi e nel naso, per stamparsi indelebili nel cervello, il colore sterile delle stanze di ospedale, l’odore di disinfettante, il freddo dei lettini metallici su cui stendersi per esami e biopsie. “A dieci centimetri dal cuore” non è solo una cronaca di vita vissuta, è soprattutto un viaggio nei sentimenti che si alternano e si confondono. Un cammino che inizia da un senso di smarrimento profondo, passa «vicino all’abisso della disperazione», ma dopo interventi chirurgici e cicli di chemio e radioterapia finisce tra le braccia del marito. Una coppia stesa su un prato profumato di terra. L’odore buono della rinascita: «L’ho desiderato tanto questo profumo di vita - scrive Cecilia - E’ così buono che m’inebria e mi corrobora, dandomi energia». Tra le righe del racconto anche il rapporto con i “camici bianchi”. Riflettori puntati su storie di corsia che hanno il tono asciutto e rassicurante di Antonietta, medico specialistico, ma anche quello svogliato dell’infermiere di turno che la prima notte dopo l’intervento, quando Cecilia chiede aiuto per alzarsi dal letto, le risponde «So’ le due passate. Che te devo aiuta’ io?». Poi però il ricordo torna dolce ripensando al dialogo con Giovanna, l’infermiera del day hospital oncologico. «Mi piace il celeste. Vorrei per il mio compleanno degli orecchini in acquamarina proprio come i tuoi», le aveva detto Cecilia. «Se molli ora, chi te li regala?», le sorride Giovanna quando lei pensa di non farcela. Da un lato il rapporto della malata con il proprio corpo, dall’altro quello della donna con il suo uomo: due relazioni che nei pensieri dell’autrice si incrociano sempre. Come quando, tornata a casa dopo l’intervento, la madre le toglie la fascia che le ha stretto il seno operato e Cecilia va allo specchio per guardarsi la cicatrice. Oppure come quando, mentre il marito la aiuta a vomitare per gli effetti della chemio e lei immagina «forse pensa di aver sposato uno sgorbio, uno sgorbio senza capelli», lui invece le dice «sei bella, Cecilia. Sei bella anche così». Ecco l’amore, capisce l’autrice. «L’amore che non muore».
Fra i tanti, è proprio questo uno dei messaggi di “A dieci centimetri dal cuore” che il professor Altomare vuole sottolineare. «L’autrice - evidenzia il senologo - fa notare quanto, anche durante la malattia, sia rimasto unito il rapporto il coniuge. Purtroppo ci sono mariti che di fronte alla diagnosi della moglie scappano, e affrontare un tumore da sola è devastante. E’ importantissimo che tutti i familiari in generale, e in particolare i mariti, sappiano restare vicini alla donna in questo momento drammatico della sua vita», esorta l’esperto. Se è vero che il cancro al seno resta il primo tumore big killer “in rosa”, «in questo momento - precisa Altomare - è anche giusto dire che di tumore al seno si guarisce nella maggior parte dei casi. Oggi, infatti, sempre più donne fanno prevenzione, rispondono all’invito delle istituzioni e si sottopongono ai controlli». Un impegno, quello sulla diagnosi precoce, che purtroppo nel nostro Paese è ancora a macchia di leopardo, conferma lo specialista. «Tra il Nord e il Sud del Paese persistono differenze nell’offerta sanitaria - afferma Altomare - In parte sono legate a chi governa, ma in parte anche a una maggiore resistenza delle donne del Sud ad accettare i controlli. Manca fiducia nelle cose proposte dallo Stato, piuttosto si cerca di procedere per amicizia, per conoscenze». Nella storia di Cecilia, prosegue l’esperto, c’è poi un’altro elemento che fa riflettere. «In un rapporto curato dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato - ricorda Altomare - si evidenzia un aumento di incidenza del cancro al seno anche nelle fasce di popolazione femminile non ‘coperte’ dagli screening»: le donne under 50 e le over 69. «E’ indispensabile tenere sotto controllo anche le donne più giovani e le più anziane», concorda lo specialista. In particolare, «nei casi in cui una donna ha precedenti di tumore della mammella in famiglia, controllarla fin da giovane è obbligatorio». Azioni “su misura” che però devono avvenire «in centri specialistici, altrimenti si inducono ansia e preoccupazione», avverte Altomare. Il senologo pone infine l’accento sul ruolo cruciale delle Breast Unit, «unità specializzate in cui, lo dimostrano studi scientifici, la prognosi delle pazienti in termini di sopravvivenza migliora». Anche al Campus Bio-Medico di Roma «da almeno 10 anni è attivo un team multidisciplinare ad hoc». Al fianco di Altomare lavorano «tre chirurghi specializzati più una specializzanda, almeno due radiologi dedicati a tempo pieno, un oncologo medico dedicato e altri specialisti che vengono coinvolti di volta in volta, a seconda delle esigenze». Tra i fiori all’occhiello «ci sono soprattutto servizi con cui cerchiamo di offrire risposte immediate alle pazienti. Per esempio, da due anni è operativo un Ambulatorio open in cui una donna con sospetta neoplasia al seno può avere una risposta completa nell’arco di 24 ore. Il tutto in convenzione con il Servizio sanitario nazionale. Se nelle strutture pubbliche si attivassero più ambulatori di questo tipo - conclude l’esperto - il problema delle liste d’attesa si potrebbe ridimensionare notevolmente».
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