|
''La ragazza aveva un 'emorragia cerebrale e volevano farle fare la fila"
HANNO forzato l'ingresso del pronto soccorso di Villa Sofia con una barella, per costringere i medici a visitare Aurora, una ragazzina di 13 anni che aveva il braccio e la gamba destra paralizzati e non riusciva più a parlare. Soltanto a quel punto sono partiti i primi accertamenti che hanno evidenziato un'emorragia celebrale in corso e hanno portato a tutti gli esami del caso, andati avanti fino all’alba del giorno dopo.
Tutto comincia giovedì scorso, intorno alle 20,30, quando la madre della ragazzina arriva al pronto soccorso di Villa Sofia con la figlia che non si regge sulle gambe e non muove più il braccio destro.
Al grido di aiuto della madre, gli addetti al primo intervento rispondono che è necessario fare il turno per il triage, il sistema di smistamento che assegna a ogni paziente un codice di colore diverso a seconda dell'urgenza del caso. «Eravamo disperali – dice lo zio Emilio Corrao, che in passato ha lavorato come guardia giurata al pronto soccorso del Buccheri La Ferla - la bambina peggiorava ogni secondo di più e invece, secondo loro, dovevamo attendere 50 persone prima di noi solo per conoscere i tempi di intervento. Anche la persona più tranquilla del mondo esploderebbe. Abbiamo sollevato di peso la bambina - racconta lo zio - l'abbiamo messa su una barella e siamo entrati con la forza. A un medico che era in corridoio abbiamo chiesto aiuto fra urla e lacrime. Solo a quel punto si sono accorti che la situazione era davvero grave. Altro che aspettare il triage: c'era un’emorragia in corso.
Domani mattina Aurora, che è ricoverata nel reparto di Neurologia, dovrà affrontare un delicato intervento chirurgico a cranio aperto. Per lei è partita su face book la solidarietà di amici e parenti con il gruppo “Auri, ti vogliamo bene”. «Chiedo – insiste Emilio Corrao - un confronto serio con l'assessore alla Sanità Massimo Russo. Vorrei dirgli come un pronto soccorso può essere messo nelle condizioni di funzionare al meglio. Facciano le guardie mediche lì dentro, così ogni vera emergenza sarebbe gestita in tempi rapidi con l’intervento di sanitari che non devono stare dietro un vetro, ma essere subito in grado di appurare la gravità di un caso e intervenire. Se non avessimo usato la forza e invece ci fossimo messi in coda per il triage, non so cosa sarebbe accaduto a mia nipote. Adesso preghiamo perché l'intervento vada bene e che la ragazzina possa ricominciare a muoversi».
La direzione generale dell’azienda Ospedali riuniti Vilila Sofia-Cervello, non accetta di essere messa sotto accusa. «Il triage va fatto - è la replica - e nessuno può saltarlo. E soltanto grazie al triage che si può assegnare il codice al paziente e dunque assegnare e individuare l'urgenza. Anche nel caso in questione non abbiamo sottovalutato un’urgenza, ma soltanto seguito la prassi».
Tutto comincia giovedì scorso, intorno alle 20,30, quando la madre della ragazzina arriva al pronto soccorso di Villa Sofia con la figlia che non si regge sulle gambe e non muove più il braccio destro.
Al grido di aiuto della madre, gli addetti al primo intervento rispondono che è necessario fare il turno per il triage, il sistema di smistamento che assegna a ogni paziente un codice di colore diverso a seconda dell'urgenza del caso. «Eravamo disperali – dice lo zio Emilio Corrao, che in passato ha lavorato come guardia giurata al pronto soccorso del Buccheri La Ferla - la bambina peggiorava ogni secondo di più e invece, secondo loro, dovevamo attendere 50 persone prima di noi solo per conoscere i tempi di intervento. Anche la persona più tranquilla del mondo esploderebbe. Abbiamo sollevato di peso la bambina - racconta lo zio - l'abbiamo messa su una barella e siamo entrati con la forza. A un medico che era in corridoio abbiamo chiesto aiuto fra urla e lacrime. Solo a quel punto si sono accorti che la situazione era davvero grave. Altro che aspettare il triage: c'era un’emorragia in corso.
Domani mattina Aurora, che è ricoverata nel reparto di Neurologia, dovrà affrontare un delicato intervento chirurgico a cranio aperto. Per lei è partita su face book la solidarietà di amici e parenti con il gruppo “Auri, ti vogliamo bene”. «Chiedo – insiste Emilio Corrao - un confronto serio con l'assessore alla Sanità Massimo Russo. Vorrei dirgli come un pronto soccorso può essere messo nelle condizioni di funzionare al meglio. Facciano le guardie mediche lì dentro, così ogni vera emergenza sarebbe gestita in tempi rapidi con l’intervento di sanitari che non devono stare dietro un vetro, ma essere subito in grado di appurare la gravità di un caso e intervenire. Se non avessimo usato la forza e invece ci fossimo messi in coda per il triage, non so cosa sarebbe accaduto a mia nipote. Adesso preghiamo perché l'intervento vada bene e che la ragazzina possa ricominciare a muoversi».
La direzione generale dell’azienda Ospedali riuniti Vilila Sofia-Cervello, non accetta di essere messa sotto accusa. «Il triage va fatto - è la replica - e nessuno può saltarlo. E soltanto grazie al triage che si può assegnare il codice al paziente e dunque assegnare e individuare l'urgenza. Anche nel caso in questione non abbiamo sottovalutato un’urgenza, ma soltanto seguito la prassi».
Nessun commento:
Posta un commento
imposta qui i tuoi commenti