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Da domani in vigore la «rivoluzione digitale» di Brunetta, i sanitari chiedono una proroga. «Ma il ministro non ci riceve».
Le sanzioni sono pesanti, pure il licenziamento. Ma per i sindacati dei medici ci sono ancora troppe criticità da risolvere. A cominciare dalla piattaforma informatica che spesso si blocca.
ROMA - Certificati di malattia obbligatoriamente online o, da domani primo febbraio, scatteranno le sanzioni per i medici. La categoria conta però, oggi, ancora su un segnale da parte del ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e chiede un'altra proroga all'entrata in vigore delle sanzioni. Per i sindacati di categoria, la situazione è caotica e il sistema presenta troppe criticità: dalla piattaforma informatica che spesso si blocca al call center che non sempre funziona al sistema per i medici ospedalieri - dice la categoria - che ancora va studiato.
Per la «rivoluzione digitale» della sanità promessa da Brunetta, stando ai diretti interessati, i tempi non sarebbero ancora maturi, visto che, come sottolinea il segretario della Federazione dei medici di famiglia, Giacomo Milillo, «solo il 50% dei medici, in realtà, è pronto a inviare i certificati online», archiviando la carta. Troppe falle, nel sistema, e una diffusione sul territorio che ancora lascia a desiderare: «Regioni come la Lombardia, dove li usano il 97% dei medici, o l'Emilia Romagna sono avanti», ma in molte altre «ancora proprionon ci siamo». E il problema non è solo di banda larga o del numero di medici effettivamente abilitati ad usare il nuovo sistema. C'è il call center, che dovrebbe intervenire quando il web non lo consente, «con il quale nel 40% dei casi non si riesce a portare a termine la procedura», afferma Massimo Cozza, della Cgil Medici. Senza contare che la piattaforma digitale non è in grado di sopportare l'affollamento di richieste «del lunedì, in cui si accumulano anche le malattie iniziate nel weekend», e che ancora si cerca una soluzione per non aggravare ulteriormente il lavoro dei medici del pronto soccorso, anche loro coinvolti nella nuova procedura. Per il ministero, però, i dati sono incoraggianti e in continua crescita, visto che si sono già superati i 2 milioni e 800 mila certificati trasmessi online.
Ma sono numeri «che considerano gli ultimi sei mesi di sperimentazione - fa notare Milillo - mentre a regime dovremmo inviare 20 milioni di certificati l'anno con una media di 1 milione e mezzo al mese». Gli appelli per una nuova proroga si sono moltiplicati nelle ultime settimane, compresa una lettera inviata dalla Fimmg al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. E le difficoltà dei medici sono state accolte anche dal ministro della Salute, Ferruccio Fazio, che ha incontrato i sindacati la settimana scorsa, mostrandosi «sensibile al problema». Ma, dicono anche all'Anaao, il principale sindacato dei medici ospedalieri, «la questione è nelle mani del ministro della Funzione pubblica», che, nonostante la nuova richiesta «di un incontro urgente» ancora non ha dato «nessuna risposta», lasciando la categoria nella confusione.
Se non ci saranno ulteriori proroghe, dal primo febbraio «i medici che in modo reiterato - spiega ancora Cozza - quindi bastano due volte, non inviano i certificati online, rischiano il licenziamento».
Per la «rivoluzione digitale» della sanità promessa da Brunetta, stando ai diretti interessati, i tempi non sarebbero ancora maturi, visto che, come sottolinea il segretario della Federazione dei medici di famiglia, Giacomo Milillo, «solo il 50% dei medici, in realtà, è pronto a inviare i certificati online», archiviando la carta. Troppe falle, nel sistema, e una diffusione sul territorio che ancora lascia a desiderare: «Regioni come la Lombardia, dove li usano il 97% dei medici, o l'Emilia Romagna sono avanti», ma in molte altre «ancora proprionon ci siamo». E il problema non è solo di banda larga o del numero di medici effettivamente abilitati ad usare il nuovo sistema. C'è il call center, che dovrebbe intervenire quando il web non lo consente, «con il quale nel 40% dei casi non si riesce a portare a termine la procedura», afferma Massimo Cozza, della Cgil Medici. Senza contare che la piattaforma digitale non è in grado di sopportare l'affollamento di richieste «del lunedì, in cui si accumulano anche le malattie iniziate nel weekend», e che ancora si cerca una soluzione per non aggravare ulteriormente il lavoro dei medici del pronto soccorso, anche loro coinvolti nella nuova procedura. Per il ministero, però, i dati sono incoraggianti e in continua crescita, visto che si sono già superati i 2 milioni e 800 mila certificati trasmessi online.
Ma sono numeri «che considerano gli ultimi sei mesi di sperimentazione - fa notare Milillo - mentre a regime dovremmo inviare 20 milioni di certificati l'anno con una media di 1 milione e mezzo al mese». Gli appelli per una nuova proroga si sono moltiplicati nelle ultime settimane, compresa una lettera inviata dalla Fimmg al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. E le difficoltà dei medici sono state accolte anche dal ministro della Salute, Ferruccio Fazio, che ha incontrato i sindacati la settimana scorsa, mostrandosi «sensibile al problema». Ma, dicono anche all'Anaao, il principale sindacato dei medici ospedalieri, «la questione è nelle mani del ministro della Funzione pubblica», che, nonostante la nuova richiesta «di un incontro urgente» ancora non ha dato «nessuna risposta», lasciando la categoria nella confusione.
Se non ci saranno ulteriori proroghe, dal primo febbraio «i medici che in modo reiterato - spiega ancora Cozza - quindi bastano due volte, non inviano i certificati online, rischiano il licenziamento».
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