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Perchè i siciliani rischiano la vita se restano feriti in un incidente
Se non diventano pienamente operative le 256 ambulanze del 118 e i 5 elicotterio H24 il 60 per cento dei cittadini colpiti da grandi traumi rischiano la morte.
La sanità di un paese sviluppato come il nostro, oggi, non può prescindere dal considerare i settori circolazione e lavoro come settori dai quali proviene il maggior numero di ricoveri ospedalieri per cure urgenti e di alta specializzazione. Naturalmente vi sono cittadini che si infortunano in incidenti domestici, sportivi, ricreativi, etc, ma essi non fanno che aggiungersi ai grandi numeri forniti dai primi due settori.
L'Italia, per numero di incidenti stradali e conseguente numero di morti e feriti si colloca nell'Unione Europea (anno 2008), con i suoi 4.731 morti e i suoi 310.739 feriti, al secondo posto dopo la Polonia e prima della Germania e della Francia. Riguardo agli incidenti sul lavoro e ai morti provocati da essi la comparazione con i paesi europei risulta più difficile poiché in alcuni di essi non esiste una raccolta organica dei dati. Nel 2008 l'Italia ha registrato circa 875 mila infortuni sul lavoro, in leggera diminuzione rispetto al 2007, con 1.120 morti. La riduzione degli infortuni e delle morti riguarda tutte le regioni ad eccezione della Sicilia (che ha un aumento de 14%), del Lazio, della Calabria. Il 30% degli infortuni ha riguardato le donne che, però, hanno una mortalità per infortuni sul lavoro pari all'8% del totale.
Come abbiamo già scritto, il rischio di morte nei reparti di rianimazione del meridione tra pazienti ricoverati per grandi traumi è valutato più alto di circa il 60% che nel resto dell'Italia. I ricercatori l'attribuiscono alla diversa qualità delle cure e alla diversa copertura del trasporto infortunati. Ma riconoscono la necessità di un approfondìmento che riguardi vari fattori di rischio.
Intanto bisognerebbe disporre di un "Registro traumi" che ci dia contezza di come e dove gli eventi si verificano, dove disporre di presidi di pronto intervento, di ospedali periferici collegati a "trauma center" con il sistema hub and spoke, mozzo e raggi di una ruota virtuosa. La individuazione di unità Siat (sistemi integrati di assistenza ai traumi) sul territorio della regione deve avvenire alla luce di una ricerca sul piano epidemiologico, di analisi sul volume di traffico stradale, sulla presenza di industrie e di attività manifatturiere, edilizie, agricole. Analisi che dovranno riguardare anche la presenza di ospedali, i loro volumi di attività, le competenze che l'ambiente fisico e sociale favorisce o meno, la possibilità che essi lavorino in rete con unità operative di più alto livello capaci di intervenire su numeri alti di pazienti politraumatizzati.
Tuttavia, nonostante sia opinione consolidata fra i maggiori esperti dei settore che la centralizzazione dei pazienti comporti vantaggi sia sul piano clinico assistenziale che su quello economico, non esistono a tutt'oggi dati scientifici che confermino con certezza tale ipotesi. Traguardi come quello dei 500 casi trattati annualmente rendono la struttura centrale, hub, punto di valido riferimento per la struttura periferica, spoke. Ma esistono indicazioni/opportunità da confrontare con il contesto locale: oro-idrografia, distanza e qualità dei servizi dell'ospedale di riferimento, sistemi di trasporto infortunati che possono suggerire di non sguarnire nosocomi di periferia, se questi sono in grado di affrontare, oltre che problemi di stabilizzazione del paziente, anche quelli suggeriti da una riabilitazione che, in molti casi, deve iniziare fin dal primo momento dell'evento lesivo.
In Sicilia sarà problematico indicare nel futuro piano sanitario il numero dei sistemi integrati di assistenza ai traumatizzati (Siat). La collocazione dei nostri più grossi centri ospedalieri, in uno con i loro policlinici universitari, suggerirebbe la possibilità che la regione possa essere divisa in tre Siat facenti capo, rispettivamente a Palermo, Catania, Messina. Resterebbero fuori buona parte di territori nella stessa provincia di Messina, dell'entroterra montuoso palermitano, della Sicilia interna (Enna, Caltanissetta, Agrigento). Bisognerà, inoltre, ricordarsi di quanto è stato proposto dall'ultimo piano sanitario siciliano, 2000/2002, sulle due Unità Spinali Unipolari, per le lesioni del midollo spinale, da istituire presso l'ospedale di Villa Sofia a Palermo e presso il Cannizzaro di Catania. Una ricerca sulle lesioni spinali, effettuata dall'Osservatorio epidemiologico regionale all'inizio degli anni '90 e mai più ripetuta, ha accertato una incidenza di 100-120 casi all'anno in gran parte trasferiti, dopo un minimo di stabilizzazione, presso nosocomi del nord Italia e dell'Europa. Ma, ad oggi, stenta ad essere definita strutturalmente l'Unità spinale catanese, non si parla ancora di quella di Palermo, non si riesce a fare decollare Villa delle Ginestre, un ospedale palermitano per la diagnosi, cura e riabilitazione delle medullolesioni. Bisogna rilanciare il trauma center di Villa Sofia che potrebbe dimezzare le morti per grandi traumi e fornire, con il suo registro, elementi indispensabili per l'emergenza traumi in Sicilia. Bisogna che divengano pienamente operative, le 256 ambulanze del 118 (80 delle quali per il soccorso avanzato), i 5 elicotteri H24, operanti in tele collegamento fra loro e gli ospedali di riferimento. Senza tutto questo, in Sicilia, il 60% dei cittadini colpiti da grandi traumi rischiano la morte.
L'Italia, per numero di incidenti stradali e conseguente numero di morti e feriti si colloca nell'Unione Europea (anno 2008), con i suoi 4.731 morti e i suoi 310.739 feriti, al secondo posto dopo la Polonia e prima della Germania e della Francia. Riguardo agli incidenti sul lavoro e ai morti provocati da essi la comparazione con i paesi europei risulta più difficile poiché in alcuni di essi non esiste una raccolta organica dei dati. Nel 2008 l'Italia ha registrato circa 875 mila infortuni sul lavoro, in leggera diminuzione rispetto al 2007, con 1.120 morti. La riduzione degli infortuni e delle morti riguarda tutte le regioni ad eccezione della Sicilia (che ha un aumento de 14%), del Lazio, della Calabria. Il 30% degli infortuni ha riguardato le donne che, però, hanno una mortalità per infortuni sul lavoro pari all'8% del totale.
Come abbiamo già scritto, il rischio di morte nei reparti di rianimazione del meridione tra pazienti ricoverati per grandi traumi è valutato più alto di circa il 60% che nel resto dell'Italia. I ricercatori l'attribuiscono alla diversa qualità delle cure e alla diversa copertura del trasporto infortunati. Ma riconoscono la necessità di un approfondìmento che riguardi vari fattori di rischio.
Intanto bisognerebbe disporre di un "Registro traumi" che ci dia contezza di come e dove gli eventi si verificano, dove disporre di presidi di pronto intervento, di ospedali periferici collegati a "trauma center" con il sistema hub and spoke, mozzo e raggi di una ruota virtuosa. La individuazione di unità Siat (sistemi integrati di assistenza ai traumi) sul territorio della regione deve avvenire alla luce di una ricerca sul piano epidemiologico, di analisi sul volume di traffico stradale, sulla presenza di industrie e di attività manifatturiere, edilizie, agricole. Analisi che dovranno riguardare anche la presenza di ospedali, i loro volumi di attività, le competenze che l'ambiente fisico e sociale favorisce o meno, la possibilità che essi lavorino in rete con unità operative di più alto livello capaci di intervenire su numeri alti di pazienti politraumatizzati.
Tuttavia, nonostante sia opinione consolidata fra i maggiori esperti dei settore che la centralizzazione dei pazienti comporti vantaggi sia sul piano clinico assistenziale che su quello economico, non esistono a tutt'oggi dati scientifici che confermino con certezza tale ipotesi. Traguardi come quello dei 500 casi trattati annualmente rendono la struttura centrale, hub, punto di valido riferimento per la struttura periferica, spoke. Ma esistono indicazioni/opportunità da confrontare con il contesto locale: oro-idrografia, distanza e qualità dei servizi dell'ospedale di riferimento, sistemi di trasporto infortunati che possono suggerire di non sguarnire nosocomi di periferia, se questi sono in grado di affrontare, oltre che problemi di stabilizzazione del paziente, anche quelli suggeriti da una riabilitazione che, in molti casi, deve iniziare fin dal primo momento dell'evento lesivo.
In Sicilia sarà problematico indicare nel futuro piano sanitario il numero dei sistemi integrati di assistenza ai traumatizzati (Siat). La collocazione dei nostri più grossi centri ospedalieri, in uno con i loro policlinici universitari, suggerirebbe la possibilità che la regione possa essere divisa in tre Siat facenti capo, rispettivamente a Palermo, Catania, Messina. Resterebbero fuori buona parte di territori nella stessa provincia di Messina, dell'entroterra montuoso palermitano, della Sicilia interna (Enna, Caltanissetta, Agrigento). Bisognerà, inoltre, ricordarsi di quanto è stato proposto dall'ultimo piano sanitario siciliano, 2000/2002, sulle due Unità Spinali Unipolari, per le lesioni del midollo spinale, da istituire presso l'ospedale di Villa Sofia a Palermo e presso il Cannizzaro di Catania. Una ricerca sulle lesioni spinali, effettuata dall'Osservatorio epidemiologico regionale all'inizio degli anni '90 e mai più ripetuta, ha accertato una incidenza di 100-120 casi all'anno in gran parte trasferiti, dopo un minimo di stabilizzazione, presso nosocomi del nord Italia e dell'Europa. Ma, ad oggi, stenta ad essere definita strutturalmente l'Unità spinale catanese, non si parla ancora di quella di Palermo, non si riesce a fare decollare Villa delle Ginestre, un ospedale palermitano per la diagnosi, cura e riabilitazione delle medullolesioni. Bisogna rilanciare il trauma center di Villa Sofia che potrebbe dimezzare le morti per grandi traumi e fornire, con il suo registro, elementi indispensabili per l'emergenza traumi in Sicilia. Bisogna che divengano pienamente operative, le 256 ambulanze del 118 (80 delle quali per il soccorso avanzato), i 5 elicotteri H24, operanti in tele collegamento fra loro e gli ospedali di riferimento. Senza tutto questo, in Sicilia, il 60% dei cittadini colpiti da grandi traumi rischiano la morte.
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