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Il bilancio. Domani riunione degli esperti mondiali. Il prossimo vaccino avrà il nuovo ceppo.
L'Oms «archivia» la pandemia. Meno morti della stagionale.
SAN DIEGO (Stati Uniti) - Il peggio è passato: la nuova influenza A sembra entrata nella fase post-pandemica e gliesperti dell'Oms si riuniranno il prossimo 23 febbraio per decidere il «cessato allarme» e per valutare l'opportunità di inserire, nel vaccino per la prossima stagione, anche il virus A.
La pandemia ha lasciato alle sue spalle quasi 16 mila morti, meno che una classica influenza di stagione (che di vittime ne fa dalle 250 mila alle 500 mila), quest'anno praticamente assente, soppiantata dalla nuova.
Ma ha anche lasciato un mare di polemiche sui rischi troppo enfatizzati, sui vaccini non utilizzati, sui soldi dei cittadini sprecati, sui guadagni stratosferici delle aziende, sulla poca trasparenza dei governi e di alcune organizzazioni internazionali che si dovrebbero occupare della salute del pianeta.
Figlia della globalizzazione, l'influenza pandemica è arrivata nell'aprile scorso, questa volta da Ovest, dal Messico, non da Est, cioè dalla Cina o dal Sudest asiatico,dove di solito nascono i virus influenzali: le situazioni, da cui hanno origine le nuove varianti, non sono più dettate, come in passato, dalla povertà contadina che costringe uomini e animali a vivere in promiscuità, ma dalle ragioni dell'economia che concentra giganteschi allevamenti di maiali in Paesi, come il Messico, dove non c'è l'obbligo di rispettare certe regole.
E arrivata come previsto, perché gli scienziati hanno sempre detto che i cicli dei virus influenzali, prima che ne nascano di completamente nuovi e sconosciuti al sistema immunitario dell'uomo, durano almeno 30-40 anni.
E, infatti, la spagnola è del 1918 (ma già negli Anni Ottanta dell'Ottocento si era segnalata un'epidemia di tipo influenzale), l'asiatica del 1958, la Hong Kong del 1969: attorno al 2000 doveva pur arrivare un'altra pandemia.
L'aviaria aveva fatto temere una ricombinazione letale fra virus umani e aviari, ma l'H5N1 non è stato capace di provocare contagio da uomo a uomo. Un nuovo pericolo si è, invece, concretizzato con un quadruplo riassorbimento: quello del virus A H1N1 che assembla, nel suo Rna, frammenti di materiale genetico di virus umani, suini e aviari insieme.
Se l'aviaria ha rappresentato un momento di prove generali per la sanità dei Paesi del mondo di fronte a un'ipotetica pandemia, la nuova influenza A ha costituito l'emergenza vera. Almeno all'inizio, quando aveva messo in ginocchio il Messico. Organizzazione Mondialedella Sanità enti di sorveglianza epidemiologica sopranazionali e nazionali, governi e autorità sanitarie, industria dei farmacie dei vaccini, sono subito scesi in campo.
Molti governi, come il nostro, secondo il ministro Fazio, hanno agito in base al principio di precauzione: nato come principio di protezione ambientale (per esempio nel caso degli Ogm, organismi geneticamente modifiati), è diventato adesso una regola di gestìone delle crisi sanitarie. Si immagina il peggio (o quasi) e si agisce di conseguenza. E in effetti se i governi non avessero preso provvedimenti (per esempio acquistare vaccini), come avrebbero risposto ai cittadini nel caso di reale emergenza? Solo la Polonia, unico esempio in Europa, non ha creduto nel rischio, non ha fatto nulla e adesso esulta per non avere speso soldi pubblici per vaccini che non considerava sicuri.
Ma non è questo che è passato attraverso i classici mezzi di informazione che si sono dibattuti fra superesperti che enfatizzavano il rischio, ministri che litigavano sull'ipotesi di chiusura delle scuole, medici che invitavano alla vaccinazione la popolazione, ma poi confessavano di non ricorrere al vaccino. E non è passato il messaggio che la vaccinazione (di cui però va sempre accertato il beneficio rispetto ai rischi) è l'unico strumento di prevenzione di un'infezione.
Così in Italia, e non solo, si è fatta strada un'informazione attraverso siti Internet, blog e social network, che ha fatto emergere parecchi dubbi sulla gestione di questa crisi sanitaria.
Non ci sarà stata troppa enfasi sui rischi da virus A? Il vaccino è stato ben sperimentato? Perché alcuni contratti (come quello italiano con la Novartis) sull'acquisto del vaccinonon sono stati trasparenti? Che fine fanno gli antivirali acquistati dai governi? Perché l'Oms si avvale della consulenza di esperti con confilitti di interesse (anche se dichiarati) con molte aziende farmaceutiche? Domande che per ora hanno trovato risposte parziali, ma che probabilmente da qui in avanti saranno poste con sempre maggiore forza dal pubblico in occasione di crisi, ma anche di generali scelte di politica sanitaria.
Verrebbe da dire: a buon intenditor...
La pandemia ha lasciato alle sue spalle quasi 16 mila morti, meno che una classica influenza di stagione (che di vittime ne fa dalle 250 mila alle 500 mila), quest'anno praticamente assente, soppiantata dalla nuova.
Ma ha anche lasciato un mare di polemiche sui rischi troppo enfatizzati, sui vaccini non utilizzati, sui soldi dei cittadini sprecati, sui guadagni stratosferici delle aziende, sulla poca trasparenza dei governi e di alcune organizzazioni internazionali che si dovrebbero occupare della salute del pianeta.
Figlia della globalizzazione, l'influenza pandemica è arrivata nell'aprile scorso, questa volta da Ovest, dal Messico, non da Est, cioè dalla Cina o dal Sudest asiatico,dove di solito nascono i virus influenzali: le situazioni, da cui hanno origine le nuove varianti, non sono più dettate, come in passato, dalla povertà contadina che costringe uomini e animali a vivere in promiscuità, ma dalle ragioni dell'economia che concentra giganteschi allevamenti di maiali in Paesi, come il Messico, dove non c'è l'obbligo di rispettare certe regole.
E arrivata come previsto, perché gli scienziati hanno sempre detto che i cicli dei virus influenzali, prima che ne nascano di completamente nuovi e sconosciuti al sistema immunitario dell'uomo, durano almeno 30-40 anni.
E, infatti, la spagnola è del 1918 (ma già negli Anni Ottanta dell'Ottocento si era segnalata un'epidemia di tipo influenzale), l'asiatica del 1958, la Hong Kong del 1969: attorno al 2000 doveva pur arrivare un'altra pandemia.
L'aviaria aveva fatto temere una ricombinazione letale fra virus umani e aviari, ma l'H5N1 non è stato capace di provocare contagio da uomo a uomo. Un nuovo pericolo si è, invece, concretizzato con un quadruplo riassorbimento: quello del virus A H1N1 che assembla, nel suo Rna, frammenti di materiale genetico di virus umani, suini e aviari insieme.
Se l'aviaria ha rappresentato un momento di prove generali per la sanità dei Paesi del mondo di fronte a un'ipotetica pandemia, la nuova influenza A ha costituito l'emergenza vera. Almeno all'inizio, quando aveva messo in ginocchio il Messico. Organizzazione Mondialedella Sanità enti di sorveglianza epidemiologica sopranazionali e nazionali, governi e autorità sanitarie, industria dei farmacie dei vaccini, sono subito scesi in campo.
Molti governi, come il nostro, secondo il ministro Fazio, hanno agito in base al principio di precauzione: nato come principio di protezione ambientale (per esempio nel caso degli Ogm, organismi geneticamente modifiati), è diventato adesso una regola di gestìone delle crisi sanitarie. Si immagina il peggio (o quasi) e si agisce di conseguenza. E in effetti se i governi non avessero preso provvedimenti (per esempio acquistare vaccini), come avrebbero risposto ai cittadini nel caso di reale emergenza? Solo la Polonia, unico esempio in Europa, non ha creduto nel rischio, non ha fatto nulla e adesso esulta per non avere speso soldi pubblici per vaccini che non considerava sicuri.
Ma non è questo che è passato attraverso i classici mezzi di informazione che si sono dibattuti fra superesperti che enfatizzavano il rischio, ministri che litigavano sull'ipotesi di chiusura delle scuole, medici che invitavano alla vaccinazione la popolazione, ma poi confessavano di non ricorrere al vaccino. E non è passato il messaggio che la vaccinazione (di cui però va sempre accertato il beneficio rispetto ai rischi) è l'unico strumento di prevenzione di un'infezione.
Così in Italia, e non solo, si è fatta strada un'informazione attraverso siti Internet, blog e social network, che ha fatto emergere parecchi dubbi sulla gestione di questa crisi sanitaria.
Non ci sarà stata troppa enfasi sui rischi da virus A? Il vaccino è stato ben sperimentato? Perché alcuni contratti (come quello italiano con la Novartis) sull'acquisto del vaccinonon sono stati trasparenti? Che fine fanno gli antivirali acquistati dai governi? Perché l'Oms si avvale della consulenza di esperti con confilitti di interesse (anche se dichiarati) con molte aziende farmaceutiche? Domande che per ora hanno trovato risposte parziali, ma che probabilmente da qui in avanti saranno poste con sempre maggiore forza dal pubblico in occasione di crisi, ma anche di generali scelte di politica sanitaria.
Verrebbe da dire: a buon intenditor...
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