|
Elio Barnabà guida l'équipe che ha trattato Filippo Li Gambi: "Emorragia inarrestabile"
Il rianimatore: «Per salvare la riforma non fantastichiamo su errori medici».
ORA cercano un colpevole, a tutti i costi. E per difendere la riforma del sistema devono trovarlo fra i medici. Ma a Caltanissetta, le assicuro,
potevamo fare ben poco per salvare quel povero ragazzo. E le spiego perché». A parlare è Elio Barnabà, responsabile di presidio del Sant'Elia ma anche primario di Rianimazione e anestesia dell'ospedale e responsabile del "118" nella zona centro-meridionale della Sicilia. A finire sotto accusa, nella relazione dell'assessorato alla Sanità e nelle parole del governatore Lombardo, sono stati proprio i camici bianchi del Sant'Elia. Ed è Barnabà a rispondere all'ultimo quesito lasciato sul tappeto dalla tragica vicenda di Filippo Li Gambi, dall'ultimo caso di malasanità siciliana: com'è possibile che un paziente con una grave emorragia entri in sala operatoria soltanto un'ora e quaranta minuti dopo l'arrivo al pronto soccorso?
DOTTORE Barnabà, cos'è successo in quei cento minuti all'ospedale Sant'Elia?
«Il giovane è arrivato a Caltanissetta con una perdita di sangue che, purtroppo, non era stata arrestata a Mazzarino. L'emorragia durava, ininterrottamente, da due ore. Si è fatto un esame doppler per verificare se l'arteria tibiale posteriore fosse danneggiata. Quella anteriore era distrutta. Poi si è tentata una difficile stabilizzazione. Quindi è stata fatta una Tac, per escludere danni anche alla milza e al fegato. Procedure necessarie, prima di un intervento chirurgico».
Quanti medici hanno assistito Filippo Li Gambi?
«Cinque: un medico di pronto soccorso, un chirurgo vascolare, un ortopedico e due rianimatori. Equipe degna del Niguarda di Milano. Ma ripeto, le condizioni del giovane erano già gravemente compromesse. Credo ci fosse un parente infermiere, a bordo dell'ambulanza, che potrà testimoniarlo. Quand'è arrivato a Caltanissetta, il paziente era quasi incosciente, dopo la Tac c'era già ben poco dafare. Non c'è stato alcun ritardo. In sala operatoria è stato fatto l'ultimo tentativo di salvare il ragazzo, che è andato quasi subito in arresto cardiaco. Per mezz'ora si è cercato, invano, di rianimarlo».
Se Li Gambi fosse stato portato subito in ambulanza a Caltanissetta sarebbe sopravvissuto?
«Gli operatori del 118 sono andati subito a Mazzarino, in un ospedale poco distante dal luogo dell'incidente. Prassi corretta, tenendo conto anche che su quell'ambulanza c'erano solo due autisti-soccorritori che possono fare al massimo un massaggio cardiaco, e nessun medico. E così nel 60 per cento delle ambulanze in servizio nell'Isola. Ma l'ospedale di Mazzarino non era preparato ad affrontare un'emergenza di quel tipo. Mettiamola così: se l'ambulanza fosse stata medicalizzata e se non ci fosse stata la tappa a Mazzarino, dove il paziente è rimasto 50 minuti, forse si sarebbe salvato».
Perché non tentare un immediato trasporto in elisoccorso a Caltanissetta?
«A Mazzarino non c'è una pista abilitata al volo notturno».
Dottore, a lei piace la riforma di Russo?
«Sono d'accordo sul principio del conteniinento dei costi e sullo smantellamento di piccoli ospedali che hanno un numero basso di ricoveri. Certo, serve anche una rete di emergenza-urgenza più efficiente, con la presenza capillare di medici nel servizio 118, specie nei centri minori. Ma costa».
È nell'occhio del ciclone. E ora qualcuno tirerà fuori la sua recente sospensione dal servizio per concorso in turbativa d'asta.
«Il provvedimento riguardava solo la mia partecipazione a gare d'appalto ed è stato revocato a fine luglio su richiesta dello stesso pm. Resto indagato, certo, ma sono fiducioso nel buon esito dell'inchiesta. Ma, ovviamente, questa vicenda non c'entra nulla. Io confermo solo una mia impressione: per difendere la riforma della sanità - che peraltro in larga parte condivido - e l'assetto del sistema si additano ora presunti errori medici. Ma sarebbe meglio non fantasticare su temi così delicati».
potevamo fare ben poco per salvare quel povero ragazzo. E le spiego perché». A parlare è Elio Barnabà, responsabile di presidio del Sant'Elia ma anche primario di Rianimazione e anestesia dell'ospedale e responsabile del "118" nella zona centro-meridionale della Sicilia. A finire sotto accusa, nella relazione dell'assessorato alla Sanità e nelle parole del governatore Lombardo, sono stati proprio i camici bianchi del Sant'Elia. Ed è Barnabà a rispondere all'ultimo quesito lasciato sul tappeto dalla tragica vicenda di Filippo Li Gambi, dall'ultimo caso di malasanità siciliana: com'è possibile che un paziente con una grave emorragia entri in sala operatoria soltanto un'ora e quaranta minuti dopo l'arrivo al pronto soccorso?
DOTTORE Barnabà, cos'è successo in quei cento minuti all'ospedale Sant'Elia?
«Il giovane è arrivato a Caltanissetta con una perdita di sangue che, purtroppo, non era stata arrestata a Mazzarino. L'emorragia durava, ininterrottamente, da due ore. Si è fatto un esame doppler per verificare se l'arteria tibiale posteriore fosse danneggiata. Quella anteriore era distrutta. Poi si è tentata una difficile stabilizzazione. Quindi è stata fatta una Tac, per escludere danni anche alla milza e al fegato. Procedure necessarie, prima di un intervento chirurgico».
Quanti medici hanno assistito Filippo Li Gambi?
«Cinque: un medico di pronto soccorso, un chirurgo vascolare, un ortopedico e due rianimatori. Equipe degna del Niguarda di Milano. Ma ripeto, le condizioni del giovane erano già gravemente compromesse. Credo ci fosse un parente infermiere, a bordo dell'ambulanza, che potrà testimoniarlo. Quand'è arrivato a Caltanissetta, il paziente era quasi incosciente, dopo la Tac c'era già ben poco dafare. Non c'è stato alcun ritardo. In sala operatoria è stato fatto l'ultimo tentativo di salvare il ragazzo, che è andato quasi subito in arresto cardiaco. Per mezz'ora si è cercato, invano, di rianimarlo».
Se Li Gambi fosse stato portato subito in ambulanza a Caltanissetta sarebbe sopravvissuto?
«Gli operatori del 118 sono andati subito a Mazzarino, in un ospedale poco distante dal luogo dell'incidente. Prassi corretta, tenendo conto anche che su quell'ambulanza c'erano solo due autisti-soccorritori che possono fare al massimo un massaggio cardiaco, e nessun medico. E così nel 60 per cento delle ambulanze in servizio nell'Isola. Ma l'ospedale di Mazzarino non era preparato ad affrontare un'emergenza di quel tipo. Mettiamola così: se l'ambulanza fosse stata medicalizzata e se non ci fosse stata la tappa a Mazzarino, dove il paziente è rimasto 50 minuti, forse si sarebbe salvato».
Perché non tentare un immediato trasporto in elisoccorso a Caltanissetta?
«A Mazzarino non c'è una pista abilitata al volo notturno».
Dottore, a lei piace la riforma di Russo?
«Sono d'accordo sul principio del conteniinento dei costi e sullo smantellamento di piccoli ospedali che hanno un numero basso di ricoveri. Certo, serve anche una rete di emergenza-urgenza più efficiente, con la presenza capillare di medici nel servizio 118, specie nei centri minori. Ma costa».
È nell'occhio del ciclone. E ora qualcuno tirerà fuori la sua recente sospensione dal servizio per concorso in turbativa d'asta.
«Il provvedimento riguardava solo la mia partecipazione a gare d'appalto ed è stato revocato a fine luglio su richiesta dello stesso pm. Resto indagato, certo, ma sono fiducioso nel buon esito dell'inchiesta. Ma, ovviamente, questa vicenda non c'entra nulla. Io confermo solo una mia impressione: per difendere la riforma della sanità - che peraltro in larga parte condivido - e l'assetto del sistema si additano ora presunti errori medici. Ma sarebbe meglio non fantasticare su temi così delicati».
Nessun commento:
Posta un commento
imposta qui i tuoi commenti