|
REGIONE. Il nodo dei dipendenti
Macchina regionale elefantiaca via alla cura «senza tagli di teste»
Lombardo: il personale dovrà essere impiegato meglio. Armao: conta il funzionamento
Burocrazia snella. Cracolici: basta applicare la legge di riforma della P.A. che consente di trasferire parte delle competenze agli enti locali.
I prepensionamenti. Nel Duemila si decise di mandare in pensione 5.500 unità ma poi il costo risultò proibitivo e l’operazione fu bloccata.
PALERMO. La Regione paga un conto salato per il personale dipendente. Ma è prigioniera di se stessa. Il problema non è nuovo: se ne parla dagli anni Settanta quando si ricorreva a mille espedienti per assumere personale spesso neppure qualificato. Anche concorsi truccati. Un segretario generale della Regione, da noi intervistato negli anni Ottanta, ci disse: «Senza le interferenze dei sindacati e il clientelismo dei politici, per fare funzionare bene la macchina amministrativa della Regione basterebbero 10 mila dipendenti. E, mi creda, l’esubero di personale crea grossi problemi per il funzionamento degli uffici».
Le assunzioni sono bloccate da anni. Ma oggi, a parte i precari, i dipendenti diretti della Regione sono 16.652. Si arriva a 21 mila con i dipendenti delle società collegate. Troppi. Quantificarne il costo effettivo, tra stipendi e oneri sociali, non è semplice. È certo che in bilancio, l’incidenza del personale è la seconda voce dopo la Sanità.
Che fare? Per il presidente della Regione Lombardo: «Se ne serve metà, sarà metà. Non ci sarà alcun taglio di teste, ma il personale dovrà essere impiegato meglio». Dice l’assessore al ramo Armao: «il problema non è se l’amministrazione è grassa o magra, ma se funziona o no». Sostiene il capogruppo del Pd Cracolici: «Per lo snellimento dell’apparato regionale basta applicare la legge del 2000 conosciuta come riforma della pubblica amministrazione che consente di trasferire parte delle competenze della Regione agli enti locali e avviare così lo snellimento della burocrazia ». Palazzotto (Fp-Ggil): «Prima di proclamare tagli al personale, Lombardo si impegni a presentare la pianta organica e i carichi di lavoro».
Al di là della demagogia più o meno facile, come detto, la Regione paradossalmente, oggi, è prigioniera di se stessa e paga errori del passato. Il vero problema: con la legge 10 del maggio 2000, denominata riforma della pubblica amministrazione, si pose il problema della riduzione dei dipendenti regionali di 5.500 unità. Come? Attraverso il prepensionamento. Tutto facile? Neanche per sogno. Al momento di applicare la legge 10 - presidente della Regione Cuffaro - si pose un problema serio di bilancio: tra i versamenti di contributi per raggiungere i livelli della pensione e la liquidazione per 5.500 prepensionati la Regione avrebbe dovuto prevedere in bilancio circa 3 miliardi di euro. Infatti, i primi due scaglioni degli 8 previsti che sono andati in pensione hanno inciso sulla spesa per 700 milioni. Non solo: è stato calcolato che ogni prepensionato sarebbe costato di più che se fosse rimasto in servizio. Già, perché le pensioni dei regionali non le paga un ente terzo, ma la stessa Regione.
Per bloccare l’operazione prepensionamenti, fra tante polemiche, si dovette ricorrere a una legge dell’Ars a modifica di quella precedente, cioè la 10, riforma dell’amministrazione regionale. Da qui i ricorsi di quanti avevano già inoltrato domanda di prepensionamento. Poi bocciati. Il passaggio delle competenze con relativo personale agli enti locali, come sostiene la legge 10 e ribadisce Cracolici, può essere uno sbocco per snellire la elefantiaca burocrazia regionale, ma non allevia le casse della regione: agli enti locali, infatti, oltre le competenze e il personale la Regione dovrà trasferire il corrispettivo finanziario.
In ogni caso, il problema dell’elefantiasi burocratica della Regione esiste ed è serio. Ma per risolverlo occorrono provvedimenti mirati e tagli alla radice. Attenti, è un male che ha contagiato comuni a province. La terapia è indispensabile. E va fatta in tempi brevi.
I prepensionamenti. Nel Duemila si decise di mandare in pensione 5.500 unità ma poi il costo risultò proibitivo e l’operazione fu bloccata.
PALERMO. La Regione paga un conto salato per il personale dipendente. Ma è prigioniera di se stessa. Il problema non è nuovo: se ne parla dagli anni Settanta quando si ricorreva a mille espedienti per assumere personale spesso neppure qualificato. Anche concorsi truccati. Un segretario generale della Regione, da noi intervistato negli anni Ottanta, ci disse: «Senza le interferenze dei sindacati e il clientelismo dei politici, per fare funzionare bene la macchina amministrativa della Regione basterebbero 10 mila dipendenti. E, mi creda, l’esubero di personale crea grossi problemi per il funzionamento degli uffici».
Le assunzioni sono bloccate da anni. Ma oggi, a parte i precari, i dipendenti diretti della Regione sono 16.652. Si arriva a 21 mila con i dipendenti delle società collegate. Troppi. Quantificarne il costo effettivo, tra stipendi e oneri sociali, non è semplice. È certo che in bilancio, l’incidenza del personale è la seconda voce dopo la Sanità.
Che fare? Per il presidente della Regione Lombardo: «Se ne serve metà, sarà metà. Non ci sarà alcun taglio di teste, ma il personale dovrà essere impiegato meglio». Dice l’assessore al ramo Armao: «il problema non è se l’amministrazione è grassa o magra, ma se funziona o no». Sostiene il capogruppo del Pd Cracolici: «Per lo snellimento dell’apparato regionale basta applicare la legge del 2000 conosciuta come riforma della pubblica amministrazione che consente di trasferire parte delle competenze della Regione agli enti locali e avviare così lo snellimento della burocrazia ». Palazzotto (Fp-Ggil): «Prima di proclamare tagli al personale, Lombardo si impegni a presentare la pianta organica e i carichi di lavoro».
Al di là della demagogia più o meno facile, come detto, la Regione paradossalmente, oggi, è prigioniera di se stessa e paga errori del passato. Il vero problema: con la legge 10 del maggio 2000, denominata riforma della pubblica amministrazione, si pose il problema della riduzione dei dipendenti regionali di 5.500 unità. Come? Attraverso il prepensionamento. Tutto facile? Neanche per sogno. Al momento di applicare la legge 10 - presidente della Regione Cuffaro - si pose un problema serio di bilancio: tra i versamenti di contributi per raggiungere i livelli della pensione e la liquidazione per 5.500 prepensionati la Regione avrebbe dovuto prevedere in bilancio circa 3 miliardi di euro. Infatti, i primi due scaglioni degli 8 previsti che sono andati in pensione hanno inciso sulla spesa per 700 milioni. Non solo: è stato calcolato che ogni prepensionato sarebbe costato di più che se fosse rimasto in servizio. Già, perché le pensioni dei regionali non le paga un ente terzo, ma la stessa Regione.
Per bloccare l’operazione prepensionamenti, fra tante polemiche, si dovette ricorrere a una legge dell’Ars a modifica di quella precedente, cioè la 10, riforma dell’amministrazione regionale. Da qui i ricorsi di quanti avevano già inoltrato domanda di prepensionamento. Poi bocciati. Il passaggio delle competenze con relativo personale agli enti locali, come sostiene la legge 10 e ribadisce Cracolici, può essere uno sbocco per snellire la elefantiaca burocrazia regionale, ma non allevia le casse della regione: agli enti locali, infatti, oltre le competenze e il personale la Regione dovrà trasferire il corrispettivo finanziario.
In ogni caso, il problema dell’elefantiasi burocratica della Regione esiste ed è serio. Ma per risolverlo occorrono provvedimenti mirati e tagli alla radice. Attenti, è un male che ha contagiato comuni a province. La terapia è indispensabile. E va fatta in tempi brevi.
21.08.2009 | G.C. |
Nessun commento:
Posta un commento
imposta qui i tuoi commenti