Rivoluzione in arrivo per il canone Rai. A cominciare dall’abbonamento in scadenza nel prossimo gennaio 2015. La rata slitterà di qualche mese. Il governo è intenzionato infatti a presentare entro ottobre un decreto con l’obiettivo di convertirlo in legge entro l’anno. Il modello, al quale hanno lavorato lo staff del sottosegretario allo Sviluppo Antonello Giacomelli e il Tesoro, prevede un criterio di calcolo innovativo. Non sarà uguale per tutti – attualmente è di 113,50 euro – e non dipenderà più dal possesso dell’apparecchio. Oscillerà fra 35 e 65 euro in base a reddito e consumi. Il governo mira ad eliminare quasi del tutto l’evasione che si aggira intorno al 27%, con punte del 50% in Campania, Sicilia e Calabria. L’importo sarà più basso anche grazie agli introiti di Giochi e Lotterie. In Italia i ricavi del canone tv sono inferiori che in altri Paesi europei, ad esempio Francia e Inghilterra, compensati in parte dai ricavi pubblicitari superiori.
Nel decreto-canone potrebbe confluire anche un emendamento per bloccare lo sconto a Rai e Mediaset. Un regalino da circa 140 milioni di euro in 7 anni dovuto al ricalcolo delle frequenze. Il sottosegretario Giacomelli sta concordando infatti con la presidenza del Consiglio le modalità per far scattare lo stop.
I CRITERI
I nuovi criteri fissati da una delibera votata ad agosto dall’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, non troveranno applicazione. Il ricalcolo già nel 2014 avrebbe fatto risparmiare alla Rai una decina di milioni e a Mediaset poco meno. L’applicazione del nuovo canone sulle frequenze nasce dall’esigenza di rivedere il quadro normativo. Con il passaggio dall’analogico al digitale i contributi graveranno sugli operatori di Rete, non più legati dunque come prima al fatturato.
I nuovi criteri fissati da una delibera votata ad agosto dall’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, non troveranno applicazione. Il ricalcolo già nel 2014 avrebbe fatto risparmiare alla Rai una decina di milioni e a Mediaset poco meno. L’applicazione del nuovo canone sulle frequenze nasce dall’esigenza di rivedere il quadro normativo. Con il passaggio dall’analogico al digitale i contributi graveranno sugli operatori di Rete, non più legati dunque come prima al fatturato.
Il ministero allo Sviluppo Economico aveva chiesto un ripensamento.
Lo stesso Giacomelli aveva scritto all’Agcom, evidenziando i minori introiti che le nuove regole avrebbe comportato per lo Stato, vanificando o quasi gli effetti salutari della spending review. E comunque un nuovo assist a favore del duopolio, una costante del sistema italiano che ha garantito per anni la spartizione dei ricavi provenienti da canone e pubblicità a danno delle piccole emittenti (che ora sono sul piede di guerra). L’Agcom è andato avanti, ritenendo fondate le osservazioni formulate dalla Commissione europea e lo fatto nonostante l’opposizione del presidente Angelo Cardani, lasciando al governo la decisione sull’adozione progressiva del provvedimento. L’approvazione è stata preceduta da una audizione del sottosegretario Giacomelli e da una consultazione pubblica. Tre commissari hanno votato a favore dello sconto, Antonio Nicita (Pd) si è astenuto nonostante il capogruppo in Vigilanza Rai, il dem Vinicio Peluffo, avesse giudicato la delibera «una grave forzatura». Michele Anzaldi, segretario della Commissione Vigilanza, anche lui esponente Pd, ha annunciato un esposto in Procura. E ora commenta: «Trovo, per usare un eufemismo, molto singolare che consiglieri che fanno riferimento al centrosinistra non abbiano tenuto conto delle posizioni del capogruppo Peluffo e di un esponente del governo…». Sarà scontro?
Fonte: Il Messaggero – Claudio Marincola
lc
http://www.sostenitori.info/rivoluzione-rai-cala-il-canone-rata-tra-i-35-e-i-65-euro-in-base-a-reddito-e-consumi/
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