La Repubblica
Ed. del 07.07.2012 - pag. 2
Michele Bocci
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Saranno eliminati fino a 20.000 posti letto
I piccoli ospedali sono salvi, ma i sistemi sanitari delle Regioni italiane pagano un duro prezzo alla spending review. Il Consiglio dei ministri dell’altra notte ha deciso misure nuove rispetto a quelle delle varie bozze dei giorni scorsi. E ha scontentato molti. Governatori, associazioni di fornitori, sindacati, buona parte della politica, a partire dal segretario Pd Bersani: tutti si lamentano dei tagli. Una delle parti critiche della legge riguarda gli ospedali. Vanno tagliati interi reparti, più di mille secondo le stime. li governo conferma la riduzione di 5 miliardi di euro al Fondo sanitario, a partire da quest’anno (via un miliardo) fino al 2014. Ma cerca di venire incontro alle amministrazioni locali con un nuovo comma, l’11 bis, in cuisi dà la possibilità di accordarsi per «rimodulare le misure fermo restando l’importo complessivo degli obiettivi finanziari annuali» per gli anni dal 2013 in poi. E’ quello che hanno chiesto i governatori al ministro Renato Balduzzi. Il problema è che il termine per decidere eventuali cambiamenti è stata fissato a breve, il 31 luglio 2012. E’ dunque molto probabile che il provvedimento resti così com’è.
In Italia bisogna scendere a 3,7 posti letto ogni mille abitanti (3 ospedalieri, il resto di riabilitazione o lungodegenza) e oggi la media è vicina al 4. Il tasso di ospedalizzazione deve arrivare a 160 ricoverati per mille abitanti all’anno. Le Regioni devono prendere provvedimenti per ridurre le degenze entro il 30 novembre di quest’anno. Scompariranno tra i 18 mila e i 20 mila letti, che significa circa 1.100 unità operative. Il governo infatti prevede che i tagli debbano riguardare reparti interi. Si impone che almeno il 40% delle degenze vengano tolte negli ospedali pubblici, il resto nelle strutture private convenzionate.
Finché non saranno fatti i tagli, «è sospeso il conferimento o il rinnovo di incarichi». Quindi non si potranno nominare nuovi primari. Tra l’altro la riduzione dei letti si porterebbe dietro la diminuzione dei medici. Sono in 10mila, spiegano dalla Cgil, a mandare avanti le degenze soppresse, anche se il dato rappresenta la pianta organica e quello reale è di certo più basso. E’ rimasto un riferimento ai piccoli ospedali. Le Regioni devono verificare la loro funzionalità dal punto di vista assistenziale e gestionale, cercando di riconvertirli. Entro il 28 febbraio 2013 vanno fissati gli standard qualitativi dell’ assistenza ospedaliera.
Riguardo ai medicinali, aziende e farmacisti pagheranno di tasca propria se si sfonderanno i tetti stabiliti per la spesa territoriale e ospedaliera rispetto alla spesa sanitaria generale: l’11,5% e il 3,2%. Il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, è molto critico e teme che alcune aziende rinuncino ad introdurre sul mercato farmaci innovativi perché sono prodotti cari che rischiano di far saltare il tetto. I contratti di fornitura di beni e servizi dovranno essere ridotti del 5% e comunque quanto speso non dovrà essere troppo superiore al prezzo medio dei prodotti. Le Regioni dovranno risparmiare sulle convenzioni con le cliniche e gli ambulatori privati, dell’l% quest’anno e del 2 dal prossimo.
In Italia bisogna scendere a 3,7 posti letto ogni mille abitanti (3 ospedalieri, il resto di riabilitazione o lungodegenza) e oggi la media è vicina al 4. Il tasso di ospedalizzazione deve arrivare a 160 ricoverati per mille abitanti all’anno. Le Regioni devono prendere provvedimenti per ridurre le degenze entro il 30 novembre di quest’anno. Scompariranno tra i 18 mila e i 20 mila letti, che significa circa 1.100 unità operative. Il governo infatti prevede che i tagli debbano riguardare reparti interi. Si impone che almeno il 40% delle degenze vengano tolte negli ospedali pubblici, il resto nelle strutture private convenzionate.
Finché non saranno fatti i tagli, «è sospeso il conferimento o il rinnovo di incarichi». Quindi non si potranno nominare nuovi primari. Tra l’altro la riduzione dei letti si porterebbe dietro la diminuzione dei medici. Sono in 10mila, spiegano dalla Cgil, a mandare avanti le degenze soppresse, anche se il dato rappresenta la pianta organica e quello reale è di certo più basso. E’ rimasto un riferimento ai piccoli ospedali. Le Regioni devono verificare la loro funzionalità dal punto di vista assistenziale e gestionale, cercando di riconvertirli. Entro il 28 febbraio 2013 vanno fissati gli standard qualitativi dell’ assistenza ospedaliera.
Riguardo ai medicinali, aziende e farmacisti pagheranno di tasca propria se si sfonderanno i tetti stabiliti per la spesa territoriale e ospedaliera rispetto alla spesa sanitaria generale: l’11,5% e il 3,2%. Il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, è molto critico e teme che alcune aziende rinuncino ad introdurre sul mercato farmaci innovativi perché sono prodotti cari che rischiano di far saltare il tetto. I contratti di fornitura di beni e servizi dovranno essere ridotti del 5% e comunque quanto speso non dovrà essere troppo superiore al prezzo medio dei prodotti. Le Regioni dovranno risparmiare sulle convenzioni con le cliniche e gli ambulatori privati, dell’l% quest’anno e del 2 dal prossimo.
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