La Sicilia
Ed. del 16.05.2012 - pag. 6
MA.B.
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Il raffronto con gli altri sistemi regionali
Trigilia: «Le ingerenze incidono più delle risorse disponibili». Pavolini: «Flessibilità sui Piani di rientro»
CATANIA - Le domande di fondo sono tre. Nella modifica delle politiche sanitarie quali sono le conseguenze sulla finanza pubblica e sulla qualità dei servizi? Le distanze fra le regioni si sono ridotte o incrementate? Che effetto hanno avuto i recenti tentativi del governo di ridurre il deficit e controllare la spesa locale? Le risposte sono di estremo realismo. Per Carlo Trigilia, presidente della Fondazione Res, il gap fra il Sud e il resto d'Italia s'è accresciuto. E in questo fenomeno «non è centrale la dotazione di risorse finanziarie», ma incidono di più altri due elementi tipici della sanità del Mezzogiorno, ovvero «la più fragile e instabile macchina burocratica-amministrativa» e «la maggiore commistione fra obiettivi sanitari e obiettivi di creazione di impiego e di sviluppo di attività economiche (e quindi di consenso elettorale)».
In questo contesto è tendenzialmente positivo il giudizio su uno strumento - i Piani di rientro - con cui il “centro” sta provando a controllare meglio la “periferia” in termini di qualità dei servizi e soprattutto di riduzione del deficit. Un'esperienza «efficace» soprattutto nel caso siciliano, anche se «dal punto di vista degli utenti la riorganizzazione delle strutture e dei servizi (anche con la chiusura di alcuni ospedali) è stata percepita come un peggioramento delle prestazioni». Il curatore dello studio, Emmanuele Pavolini, propone una soluzione: «Una devoluzione di poteri, dallo Stato centrale agli enti locali, a due velocità: alle Regioni dotate di migliori strutture amministrative può essere concessa maggiore autonomia, mentre le altre possono essere sostenute e accompagnate prevedendo meccanismi di sanzione per gli amministratori meno efficienti fino alla sostituzione dello Stato in caso di fallimento della gestione locale». Insomma, per dirla con le parole di Trigilia, «il cambiamento è possibile, ma non è certo compiuto». E non è una battaglia persa in partenza.
In questo contesto è tendenzialmente positivo il giudizio su uno strumento - i Piani di rientro - con cui il “centro” sta provando a controllare meglio la “periferia” in termini di qualità dei servizi e soprattutto di riduzione del deficit. Un'esperienza «efficace» soprattutto nel caso siciliano, anche se «dal punto di vista degli utenti la riorganizzazione delle strutture e dei servizi (anche con la chiusura di alcuni ospedali) è stata percepita come un peggioramento delle prestazioni». Il curatore dello studio, Emmanuele Pavolini, propone una soluzione: «Una devoluzione di poteri, dallo Stato centrale agli enti locali, a due velocità: alle Regioni dotate di migliori strutture amministrative può essere concessa maggiore autonomia, mentre le altre possono essere sostenute e accompagnate prevedendo meccanismi di sanzione per gli amministratori meno efficienti fino alla sostituzione dello Stato in caso di fallimento della gestione locale». Insomma, per dirla con le parole di Trigilia, «il cambiamento è possibile, ma non è certo compiuto». E non è una battaglia persa in partenza.
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