D'Angelo: «Il passaggio alle dipendenze dovrà essere su base volontaria»
Vito D'Angelo, responsabile nazionale dello SNAMI Emergenza Sanitaria
MILANO - «Dalle ultime notizie e incontri di caratura nazionale - ha dichiarato Vito D'Angelo, segretario nazionale dello SNAMI- Emergenza - sembra che il settore Emergenza Territoriale nel prossimo futuro possa abbandonare la convenzione e lasciare il legame, che per 20 anni ci ha visti crescere con i medici di famiglia e di continuità assistenziale».
«Pare - continua D'Angelo - che sia arrivato il momento di un processo irreversibile dettato dalle ultime proposte e progetti per proiettare il medico di Emergenza verso una affinità di ruolo con il medico dell’emergenza Ospedaliera».
«Siamo nati con il Dpr 27 marzo 1992, - ricorda - che ha disciplinato il settore dell’emergenza territoriale, quella categoria di medici che in questi anni si è trovata ad operare a stretto contatto con le strutture ospedaliere e il pronto soccorso con non poche difficoltà. Ad avvicinare il medico EST all’Ospedale ci pensa poi la riforma Bindi Dlgs 229 nel 1999, ulteriore spinta verso l’ospedale si ottiene nel 2006 quando viene istituita la scuola universitaria di specializzazione in medicina e chirurgia di urgenza ed accettazione».
«In questo ventennio abbiamo assistito ad una evoluzione del medico di Emergenza che ha acquisito competenze e specificità professionale, nonostante la disomogeneità di ruoli che ha assunto in diverse regioni e ancora più gravi in diverse ASL dettati da condizioni culturali e di interpretazioni normative e di ACN e d’incapacità politiche regionali e aziendali. Al medico di emergenza sono stati affidati ruoli e competenze diversi da quanto sancito su accordi di categoria».
«Lo SNAMI recepisce in maniera positiva l’eventuale passaggio alla Dirigenza ma rimane critico su modi e confusioni con parole che sanno tanto di spot propagandistici. Mi riferisco al ruolo unico che si vuole imporre con netto taglio, annullando pare i diritti acquisiti, le competenze e la specificità del medico dell’emergenza territoriale che in questi anni ha maturato acquisendo dei ruoli specialistici e di particolare affinità territoriale».
«Inoltre stiamo bene attenti: l’idea è quella di depauperare il territorio dalla presenza del medico di emergenza a vantaggio degli Ospedali. Lo SNAMI propone un passaggio volontario alla Dipendenza, un ruolo unico che mantenesse le specificità (Territoriale e Ospedaliera) con l’avvio di una intensa programmazione formativa che persegua stesse linee guida comuni specifici nel campo dell’ Emergenza».
«Il ruolo unico come si vuole intendere annulla tutte le competenze acquisite nel ventennio con il rischio che il medico di emergenza preospedaliaro si ritrovi prossimamente a riiniziare a proprie spese un percorso diverso dopo aver affinato le competenze territoriali».
«Il territorio lo si vuole affidare a personale sanitario non medico con breve percorso formativo, per l’esecuzione di percorsi clinico assistenziale, la gestione del trattamento farmacologico, l’utilizzazione di strumenti di diagnostica. I quali sono prerogative strettamente connesse alla diagnosi e cura proprie solo dell'atto medico, la cui frantumazione può provocare pericolose interferenze professionali e negative ricadute in termini di efficacia e sicurezza per la vita del paziente critico».
«Lo SNAMI - conclude D'Angelo - crede che non si possono attuare delle politiche unidirezionali volti momentaneamente a colmare le lacune dell’ospedale con indebolimento del territorio, ma che si debbano cercare strategie di equilibrio non sacrificando le esigenze del territorio, quindi del cittadino».
«Pare - continua D'Angelo - che sia arrivato il momento di un processo irreversibile dettato dalle ultime proposte e progetti per proiettare il medico di Emergenza verso una affinità di ruolo con il medico dell’emergenza Ospedaliera».
«Siamo nati con il Dpr 27 marzo 1992, - ricorda - che ha disciplinato il settore dell’emergenza territoriale, quella categoria di medici che in questi anni si è trovata ad operare a stretto contatto con le strutture ospedaliere e il pronto soccorso con non poche difficoltà. Ad avvicinare il medico EST all’Ospedale ci pensa poi la riforma Bindi Dlgs 229 nel 1999, ulteriore spinta verso l’ospedale si ottiene nel 2006 quando viene istituita la scuola universitaria di specializzazione in medicina e chirurgia di urgenza ed accettazione».
«In questo ventennio abbiamo assistito ad una evoluzione del medico di Emergenza che ha acquisito competenze e specificità professionale, nonostante la disomogeneità di ruoli che ha assunto in diverse regioni e ancora più gravi in diverse ASL dettati da condizioni culturali e di interpretazioni normative e di ACN e d’incapacità politiche regionali e aziendali. Al medico di emergenza sono stati affidati ruoli e competenze diversi da quanto sancito su accordi di categoria».
«Lo SNAMI recepisce in maniera positiva l’eventuale passaggio alla Dirigenza ma rimane critico su modi e confusioni con parole che sanno tanto di spot propagandistici. Mi riferisco al ruolo unico che si vuole imporre con netto taglio, annullando pare i diritti acquisiti, le competenze e la specificità del medico dell’emergenza territoriale che in questi anni ha maturato acquisendo dei ruoli specialistici e di particolare affinità territoriale».
«Inoltre stiamo bene attenti: l’idea è quella di depauperare il territorio dalla presenza del medico di emergenza a vantaggio degli Ospedali. Lo SNAMI propone un passaggio volontario alla Dipendenza, un ruolo unico che mantenesse le specificità (Territoriale e Ospedaliera) con l’avvio di una intensa programmazione formativa che persegua stesse linee guida comuni specifici nel campo dell’ Emergenza».
«Il ruolo unico come si vuole intendere annulla tutte le competenze acquisite nel ventennio con il rischio che il medico di emergenza preospedaliaro si ritrovi prossimamente a riiniziare a proprie spese un percorso diverso dopo aver affinato le competenze territoriali».
«Il territorio lo si vuole affidare a personale sanitario non medico con breve percorso formativo, per l’esecuzione di percorsi clinico assistenziale, la gestione del trattamento farmacologico, l’utilizzazione di strumenti di diagnostica. I quali sono prerogative strettamente connesse alla diagnosi e cura proprie solo dell'atto medico, la cui frantumazione può provocare pericolose interferenze professionali e negative ricadute in termini di efficacia e sicurezza per la vita del paziente critico».
«Lo SNAMI - conclude D'Angelo - crede che non si possono attuare delle politiche unidirezionali volti momentaneamente a colmare le lacune dell’ospedale con indebolimento del territorio, ma che si debbano cercare strategie di equilibrio non sacrificando le esigenze del territorio, quindi del cittadino».
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