L`Espresso
Ed. del 03.02.2012 - pag. 48
Riccardo Bocca
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Rifiutò di firmare una diagnosi di grave patologia per Lombardo, allora nel mirino dei giudici. Ora il medico rischia il licenziamento.
Il documento che ha stravolto la vita di Alberto Lomeo, 61 anni, primario di chirurgia vascolare all’ospedale Cannizzaro di Catania, arriva sul suo tavolo la mattina del 20 maggio 2010. È quello che i medici chiamano "sdo", la scheda ospedaliera di dimissione dei pazienti. Un atto di assoluta delicatezza che viene prima compilato dal medico di reparto, e poi controfirmato dal suo superiore. «In quell’occasione», ricorda Lomeo, «l’attenzione era moltiplicata per mille». La scheda del paziente, infatti, non appartiene a un cittadino qualunque, bensì al governatore della Sicilia Raffaele Lombardo: «Si riferiva, per la precisione, a un ricovero in day hospital datato 17 maggio 2010, di cui peraltro nessuno in ospedale mi aveva informato». Strano, fa notare, data l’importanza del personaggio politico. «E altrettanto curiosa», aggiunge, «è la coincidenza con le notizie sul governatore che circolavano in quel periodo».
Il dottor Lomeo, che per la prima volta ripercorre qui i dettagli della sua tormentata vicenda, si riferisce allo scoop pubblicato cinque giorni prima del ricovero del governatore: “Mafia, chiesto l’arresto di Lombardo”, titola il 12 maggio 2010 “la Repubblica”. A seguire, un articolo riferisce che i magistrati ipotizzano legami tra il numero uno della Regione e Cosa nostra. «Si teorizzava il concorso esterno in associazione mafiosa», dice Lomeo. «E anche se il procuratore capo catanese, Vincenzo D’Agata, ha subito smentito la prospettiva delle manette, girava voce che Lombardo potesse finire in cella».
Ecco, dunque, la ragione per cui Lomeo controlla con cent’occhi quella cartella clinica. Ed ecco, pure, la sorpresa contro cui dice di avere sbattuto: «Nel fascicolo, il collega di reparto aveva certificato che il governatore era affetto da aneurisma all’aorta ascendente». Patologia grave, spiega Lomeo, «a volte fonte di danni che uccidono». Ma in quel momento, il problema più imbarazzante è un altro: «Dai controlli documentali, ho visto che l’aorta del governatore era in condizioni normali, senza tracce di aneurisma». E se non bastasse, «dalla cartella di Lombardo mancava un ecocardiogramma al quale il collega sosteneva di averlo sottoposto, e che invece avrei più avanti scoperto risalire al 23 gennaio 2010».
Questo, dice Lomeo, è il motivo per cui s’è deciso a tenere quasi due mesi quei documenti dentro un cassetto: «Non serviva un genio a intuire che, con quella diagnosi, Lombardo avrebbe eventualmente potuto evitare il carcere». Più complesso, invece, era scegliere cosa fare: «Se turarsi il naso e firmare la scheda di dimissione», o alzare la testa e segnalare i suoi dubbi. «Potendo », dichiara Lomeo, che non vuole atteggiarsi a eroe, «avrei subito strappato quelle carte. Ma non sarebbe servito, perché il reparto le aveva trasmesse ai vertici dell’ospedale» . Così, alla fine, il primario prende carta e penna, e scrive il13 luglio 2010 ai vertici del nosocomio.
«Dica se non sono stato chiaro...», sorride nervoso mentre estrae quel foglio da una borsa di documenti. E in effetti è inequivocabile, e grave, il messaggio rivolto ai suoi superiori: «Avendo esaminato con attenzione gli esami eseguiti», inizia, «non ho rinvenuto l’esame ecocardio del quale si fa menzione in cartella» e «ritengo che la diagnosi di aneurisma dell’aorta non corrisponda alle effettive condizioni del paziente». Dopodiché Lomeo precisa di avere «ritenuto giusto informare le Signorie Vostre con discrezione, perché possiate prendere i provvedimenti che ritenete opportuni».
Ma le comunicazioni non finiscono qui: Lomeo, in parallelo, informa i magistrati di Catania, riassumendo il caso e dichiarandosi disponibile per chiarimenti. «Sapevo», dice il primario, «che avrei scatenato un terremoto di polemiche. Ma non avevo previsto la violenza con cui mi avrebbe colpito». Una bufera, oggi al centro di indagini, che parte dal reparto di Chirurgia vascolare del Cannizzaro, sette medici e una ventina di letti, e tocca la cima della politica regionale. Anche perché Lomeo, a Catania, non è un primario di secondo piano. In curriculum vanta un periodo di attività al famoso Texas Heart Institute of Houston e una carriera in patria che lo ha portato a diventare coordinatore siciliano dei chirurghi vascolari. «Naturale», commentano gli infermieri del Cannizzaro, «che la sua ribellione abbia fatto scalpore» . Infatti le reazioni scattano immediate: «Il 28 luglio 2010», dice Lomeo, «mi ha scritto il direttore generale Francesco Poli: non per lodare il mio scrupolo, bensì per attaccarmi ad alzo zero».
In sintesi, Poli nega esistano anomalie nella pratica Lombardo: «Esaminata la cartella", garantisce, «il ricovero risulta conforme alle procedure, e contenente la documentazione sanitaria riferita». Di più: secondo Poli, la segnalazione di Lomeo è «speciosa, vacua e inutile». E allargando il discorso al comportamento del primario, il direttore lo cataloga «non confacente con il rapporto fiduciario tra l’azienda e un direttore di unità operativa». Al punto che gli annuncia «formale diffida da inserire nel fascicolo personale».
Ora, per inquadrare al meglio i caratteri in campo, va detto che Lomeo da ragazzo è stato un campione di sci nautico e rugby. Dunque ha familiarità con tensione e scontri. Eppure «il pasticciaccio Lombardo mi ha levato il sonno», dice, «perché è stato il punto più caldo della mia lotta contro la decadenza del Cannizzaro». Anni pesanti che documenta con abbondanza di carte: cronache che vanno dalla carenza di personale alle condizioni critiche dei ferri chirurgici. «Ogni giorno il reparto s’indeboliva», dice il primario, «e intanto Poli diventava un punto di riferimento del governatore».
Per questo la moglie di Lomeo, quando vede il marito contrastare Poli, e in parallelo Lombardo, si agita. «Una sera», ricorda il primario, «ha scandito queste parole: “Così ti farai sparare...”». Che non per forza, precisa lui stesso, significa ricevere pallottole in corpo, ma «entrare nel mirino di poteri che ti eliminano dal gioco». Una regola che il primario ben conosce, ma sceglie di ignorare: «Sull’aorta di Lombardo so di avere ragione», dice. Sia per i controlli svolti di persona, sia per due esami ai quali si è sottoposto: «L’ecocardiogramma sopra citato del 23 gennaio 2010, quattro mesi prima del famoso day hospital, mostrava che l’aorta era a posto».
E altrettanto tranquillizzante è una Tac del primo agosto 2011, allorché i medici riscontrano «una modesta ectasia (cioè dilatazione)», non paragonabile per gravità all’aneurisma. Da qui, pane quella che il primario definisce «una crociata morale». Ma anche un incubo che esplode il 17 ottobre 2011, quando Poli informa Lomeo che è partito l’iter del suo licenziamento: «Nove pagine», dice il primario, «dove mi accusava sia di “reiterata violazione di canoni deontologici, disciplinari e amministrativi”, sia di “inosservanza dei doveri di lealtà e buona fede”». Parole che lo offendono, a caldo: «Ma come, mi sono detto: io che ho svolto 3.500 interventi di chirurgia cardiaca e altri 2.500 di chirurgia vascolare, devo subire un simile trattamento?». No, si risponde Lomeo. E il 4 novembre 2011 presenta una vera denuncia - non più una semplice segnalazione - alla Procura di Catania, ripercorrendo «l’ultimo anno al Cannizzaro, compresa la questione Lombardo».
È scontato, dicono i colleghi di Lomeo, che questa sfida finisca male. «L’indagine promossa da Massimo Russo, assessore alla Sanità della giunta Lombardo, ha stabilito che la diagnosi di aneurisma del governatore è perfetta». E ora sta arrivando la sentenza di tre garanti, ai quali il Cannizzaro ha chiesto di stabilire se il primario debba essere licenziato. «L’errore» , sostiene lui, «è stato smettere di lavorare all’estero e tornare in Sicilia». Adesso, scuote la testa, «è tardi per recriminare».
Il dottor Lomeo, che per la prima volta ripercorre qui i dettagli della sua tormentata vicenda, si riferisce allo scoop pubblicato cinque giorni prima del ricovero del governatore: “Mafia, chiesto l’arresto di Lombardo”, titola il 12 maggio 2010 “la Repubblica”. A seguire, un articolo riferisce che i magistrati ipotizzano legami tra il numero uno della Regione e Cosa nostra. «Si teorizzava il concorso esterno in associazione mafiosa», dice Lomeo. «E anche se il procuratore capo catanese, Vincenzo D’Agata, ha subito smentito la prospettiva delle manette, girava voce che Lombardo potesse finire in cella».
Ecco, dunque, la ragione per cui Lomeo controlla con cent’occhi quella cartella clinica. Ed ecco, pure, la sorpresa contro cui dice di avere sbattuto: «Nel fascicolo, il collega di reparto aveva certificato che il governatore era affetto da aneurisma all’aorta ascendente». Patologia grave, spiega Lomeo, «a volte fonte di danni che uccidono». Ma in quel momento, il problema più imbarazzante è un altro: «Dai controlli documentali, ho visto che l’aorta del governatore era in condizioni normali, senza tracce di aneurisma». E se non bastasse, «dalla cartella di Lombardo mancava un ecocardiogramma al quale il collega sosteneva di averlo sottoposto, e che invece avrei più avanti scoperto risalire al 23 gennaio 2010».
Questo, dice Lomeo, è il motivo per cui s’è deciso a tenere quasi due mesi quei documenti dentro un cassetto: «Non serviva un genio a intuire che, con quella diagnosi, Lombardo avrebbe eventualmente potuto evitare il carcere». Più complesso, invece, era scegliere cosa fare: «Se turarsi il naso e firmare la scheda di dimissione», o alzare la testa e segnalare i suoi dubbi. «Potendo », dichiara Lomeo, che non vuole atteggiarsi a eroe, «avrei subito strappato quelle carte. Ma non sarebbe servito, perché il reparto le aveva trasmesse ai vertici dell’ospedale» . Così, alla fine, il primario prende carta e penna, e scrive il13 luglio 2010 ai vertici del nosocomio.
«Dica se non sono stato chiaro...», sorride nervoso mentre estrae quel foglio da una borsa di documenti. E in effetti è inequivocabile, e grave, il messaggio rivolto ai suoi superiori: «Avendo esaminato con attenzione gli esami eseguiti», inizia, «non ho rinvenuto l’esame ecocardio del quale si fa menzione in cartella» e «ritengo che la diagnosi di aneurisma dell’aorta non corrisponda alle effettive condizioni del paziente». Dopodiché Lomeo precisa di avere «ritenuto giusto informare le Signorie Vostre con discrezione, perché possiate prendere i provvedimenti che ritenete opportuni».
Ma le comunicazioni non finiscono qui: Lomeo, in parallelo, informa i magistrati di Catania, riassumendo il caso e dichiarandosi disponibile per chiarimenti. «Sapevo», dice il primario, «che avrei scatenato un terremoto di polemiche. Ma non avevo previsto la violenza con cui mi avrebbe colpito». Una bufera, oggi al centro di indagini, che parte dal reparto di Chirurgia vascolare del Cannizzaro, sette medici e una ventina di letti, e tocca la cima della politica regionale. Anche perché Lomeo, a Catania, non è un primario di secondo piano. In curriculum vanta un periodo di attività al famoso Texas Heart Institute of Houston e una carriera in patria che lo ha portato a diventare coordinatore siciliano dei chirurghi vascolari. «Naturale», commentano gli infermieri del Cannizzaro, «che la sua ribellione abbia fatto scalpore» . Infatti le reazioni scattano immediate: «Il 28 luglio 2010», dice Lomeo, «mi ha scritto il direttore generale Francesco Poli: non per lodare il mio scrupolo, bensì per attaccarmi ad alzo zero».
In sintesi, Poli nega esistano anomalie nella pratica Lombardo: «Esaminata la cartella", garantisce, «il ricovero risulta conforme alle procedure, e contenente la documentazione sanitaria riferita». Di più: secondo Poli, la segnalazione di Lomeo è «speciosa, vacua e inutile». E allargando il discorso al comportamento del primario, il direttore lo cataloga «non confacente con il rapporto fiduciario tra l’azienda e un direttore di unità operativa». Al punto che gli annuncia «formale diffida da inserire nel fascicolo personale».
Ora, per inquadrare al meglio i caratteri in campo, va detto che Lomeo da ragazzo è stato un campione di sci nautico e rugby. Dunque ha familiarità con tensione e scontri. Eppure «il pasticciaccio Lombardo mi ha levato il sonno», dice, «perché è stato il punto più caldo della mia lotta contro la decadenza del Cannizzaro». Anni pesanti che documenta con abbondanza di carte: cronache che vanno dalla carenza di personale alle condizioni critiche dei ferri chirurgici. «Ogni giorno il reparto s’indeboliva», dice il primario, «e intanto Poli diventava un punto di riferimento del governatore».
Per questo la moglie di Lomeo, quando vede il marito contrastare Poli, e in parallelo Lombardo, si agita. «Una sera», ricorda il primario, «ha scandito queste parole: “Così ti farai sparare...”». Che non per forza, precisa lui stesso, significa ricevere pallottole in corpo, ma «entrare nel mirino di poteri che ti eliminano dal gioco». Una regola che il primario ben conosce, ma sceglie di ignorare: «Sull’aorta di Lombardo so di avere ragione», dice. Sia per i controlli svolti di persona, sia per due esami ai quali si è sottoposto: «L’ecocardiogramma sopra citato del 23 gennaio 2010, quattro mesi prima del famoso day hospital, mostrava che l’aorta era a posto».
E altrettanto tranquillizzante è una Tac del primo agosto 2011, allorché i medici riscontrano «una modesta ectasia (cioè dilatazione)», non paragonabile per gravità all’aneurisma. Da qui, pane quella che il primario definisce «una crociata morale». Ma anche un incubo che esplode il 17 ottobre 2011, quando Poli informa Lomeo che è partito l’iter del suo licenziamento: «Nove pagine», dice il primario, «dove mi accusava sia di “reiterata violazione di canoni deontologici, disciplinari e amministrativi”, sia di “inosservanza dei doveri di lealtà e buona fede”». Parole che lo offendono, a caldo: «Ma come, mi sono detto: io che ho svolto 3.500 interventi di chirurgia cardiaca e altri 2.500 di chirurgia vascolare, devo subire un simile trattamento?». No, si risponde Lomeo. E il 4 novembre 2011 presenta una vera denuncia - non più una semplice segnalazione - alla Procura di Catania, ripercorrendo «l’ultimo anno al Cannizzaro, compresa la questione Lombardo».
È scontato, dicono i colleghi di Lomeo, che questa sfida finisca male. «L’indagine promossa da Massimo Russo, assessore alla Sanità della giunta Lombardo, ha stabilito che la diagnosi di aneurisma del governatore è perfetta». E ora sta arrivando la sentenza di tre garanti, ai quali il Cannizzaro ha chiesto di stabilire se il primario debba essere licenziato. «L’errore» , sostiene lui, «è stato smettere di lavorare all’estero e tornare in Sicilia». Adesso, scuote la testa, «è tardi per recriminare».
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