La Sicilia
Ed. del 10.01.2012 - pag. 2
Mario Barresi
Articolo letto 21 volte
L'assessore: «Non è una questione di risparmio, perché potenziare la rete costerà tanto»
CATANIA - La Befana avrà pure lasciato doni (pochi) e carbone (molto). Ma in partenza dalla Sicilia ha riempito il proprio sacco di un bel po’ di “cicogne”. Ed è molto probabile che sarà un viaggio di sola andata: «Il piano regionale dei punti nascita non si tocca. andiamo avanti a testa alta». Parola dell’assessore alla Salute, Massimo Russo, che parla per la prima volta dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana del 5 gennaio del decreto “Riordino e razionalizzazione della rete dei punti nascita”.
Soltanto il “minimo sindacale” di disponibilità ad ascoltare le deroghe eventualmente proposte dai manager delle Asp sui sette punti nascita (Lipari, Pantelleria. Bronte, Nicosia, Corleone, Mussomeli e Santo Stefano di Quisquinia) dapprima graziati e adesso tagliati comunque.
In base alla nuova riorganizzazione la rete regionale dei punti nascita siciliani scende drasticamente dalle attuali 70 strutture a 42 (15 di secondo livello e 27 di primo), salvo ulteriori modifiche. «I direttori generali delle aziende sanitarie e le strutture private accreditate - si legge nel decreto - avranno tempo fino al 30 giugno 2012 per presentare un apposito piano di riconversione, d’intesa con il Comitato percorso nascita regionale (CPNr) e il Comitato percorso nascita aziendale/locale (CPNa), delle strutture interessate per l’accorpamento o la disattivazione dei punti nascita e di procedere entro il30 settembre 2012 all’accorpamento o alla disattivazione degli stessi».
Ma la testa è già al dopo: «Questa – afferma con convinzione l’assessore Russo -è una riforma epocale che mette la Sicilia in pole position fra le regioni italiane in materia di sicurezza del parto e di qualità dei servizi per partorienti e neonati. E sia chiaro: non è una questione di risparmio, perché il potenziamento della rete forse ci costerà anche di più, ma a regime con la riduzione dei cesarei e dell’ospedalizzazione vedrete che i conti torneranno». La prossima settimana a Palermo si terrà un incontro fra l’assessore e tutti i direttori generali delle Asp, «per il potenziamento di tutto il percorso, dall’inizio della gravidanza fino al post-parto». Russo, che in parte ha scaricato la “bomba a orologeria” delle eventuali deroghe ai manager delle Asp, fa la guerra preventiva alle scontate proteste: «Non saranno tollerati particolarismi locali non motivati •. E si chiede anche «il perché dell’ atteggiamento schizofrenico di alcuni partiti che, dopo aver sostenuto il riordino a livello nazionale da cui scaturisce il piano regionale, adesso a Palermo fanno le barricate».
I numeri a cui si riferisce l’assessore Russo partono dagli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità, che boccia senza appello le strutture con un numero basso di parti l’anno. E in questa classifica la Sicilia (con il 52,9% di nascite in strutture con meno di 500 interventi l’anno) è in fondo a livello nazionale; il Veneto si attesta al 7,3%. I piccoli punti nascita sono quasi sempre sprovvisti dei requisiti di sicurezza previsti dagli standard internazionali di sicurezza, come la copertura di una “guardia attiva” per servizi ostetrici. di anestesia e pediatrici.
Ma la nostra regione - secondo i dati della Società italiana di ginecologia e ostetricia - presenta altre “storture”: il record, dopo la Campania, del ricorso al taglio cesareo (il 53,1 %, al fronte di una media nazionale del 35,4%), ma anche un numero bassissimo di gravidanze seguite dai consultori (meno del 15%) e un’elevatissima percentuale di assistenza ostetrica privata (86%).
Questi numeri si accoppiano a quelli sui cosiddetti “casi di malasanità”. Secondo il dossier della commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario - tra i. 1° gennaio 2009 e il 31 agosto 2010 - in Sicilia si registrano 102 procedimenti penali in corso, dei quali ben 20 riguardano casi avvenuti durante la gravidanza o il parto. Naturalmente ci sono delle forti criticità strutturali che se il piano di riorganizzazione non dovesse riuscire a risolvere, allora saremmo di fronte a una “rivoluzione” fallita. In atto nell’89,7% delle strutture siciliane manca la terapia intensiva neonatale (53,8% il dato della Toscana), nel 52% dei casi non c’è un reparto di neonatologia dedicato (14,6% in Veneto l, nel 73,4% nemmeno l’ombra dello Sten (Servizio di trasporto per le emergenze neonatali) e nell’87,7% dello Stam (Servizio di trasporto assistito al fronte di percentuali molto più rassicuranti a livello nazionale.
Per questo motivo il decreto prevede un potenziamento delle strutture sul territorio: «Riorganizzazione delle Uo di Ostetricia e ginecologia, Pediatria, Neonatologia e Terapia intensiva neonatale », ma anche «potenziamento di Sten e Stam su base regionale, allo scopo di garantire ottimali livelli di efficacia, efficienza ed economicità gestionale».
In attesa dell’altro passaggio, previsto per il 2013 e rilanciato da Russo: «Riconvertire i punti nascita con meno di mille parti l’anno, una prospettiva verso la quale dobbiamo cominciare a muoverei». Ma sarà un’altra storia.
Soltanto il “minimo sindacale” di disponibilità ad ascoltare le deroghe eventualmente proposte dai manager delle Asp sui sette punti nascita (Lipari, Pantelleria. Bronte, Nicosia, Corleone, Mussomeli e Santo Stefano di Quisquinia) dapprima graziati e adesso tagliati comunque.
In base alla nuova riorganizzazione la rete regionale dei punti nascita siciliani scende drasticamente dalle attuali 70 strutture a 42 (15 di secondo livello e 27 di primo), salvo ulteriori modifiche. «I direttori generali delle aziende sanitarie e le strutture private accreditate - si legge nel decreto - avranno tempo fino al 30 giugno 2012 per presentare un apposito piano di riconversione, d’intesa con il Comitato percorso nascita regionale (CPNr) e il Comitato percorso nascita aziendale/locale (CPNa), delle strutture interessate per l’accorpamento o la disattivazione dei punti nascita e di procedere entro il30 settembre 2012 all’accorpamento o alla disattivazione degli stessi».
Ma la testa è già al dopo: «Questa – afferma con convinzione l’assessore Russo -è una riforma epocale che mette la Sicilia in pole position fra le regioni italiane in materia di sicurezza del parto e di qualità dei servizi per partorienti e neonati. E sia chiaro: non è una questione di risparmio, perché il potenziamento della rete forse ci costerà anche di più, ma a regime con la riduzione dei cesarei e dell’ospedalizzazione vedrete che i conti torneranno». La prossima settimana a Palermo si terrà un incontro fra l’assessore e tutti i direttori generali delle Asp, «per il potenziamento di tutto il percorso, dall’inizio della gravidanza fino al post-parto». Russo, che in parte ha scaricato la “bomba a orologeria” delle eventuali deroghe ai manager delle Asp, fa la guerra preventiva alle scontate proteste: «Non saranno tollerati particolarismi locali non motivati •. E si chiede anche «il perché dell’ atteggiamento schizofrenico di alcuni partiti che, dopo aver sostenuto il riordino a livello nazionale da cui scaturisce il piano regionale, adesso a Palermo fanno le barricate».
I numeri a cui si riferisce l’assessore Russo partono dagli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità, che boccia senza appello le strutture con un numero basso di parti l’anno. E in questa classifica la Sicilia (con il 52,9% di nascite in strutture con meno di 500 interventi l’anno) è in fondo a livello nazionale; il Veneto si attesta al 7,3%. I piccoli punti nascita sono quasi sempre sprovvisti dei requisiti di sicurezza previsti dagli standard internazionali di sicurezza, come la copertura di una “guardia attiva” per servizi ostetrici. di anestesia e pediatrici.
Ma la nostra regione - secondo i dati della Società italiana di ginecologia e ostetricia - presenta altre “storture”: il record, dopo la Campania, del ricorso al taglio cesareo (il 53,1 %, al fronte di una media nazionale del 35,4%), ma anche un numero bassissimo di gravidanze seguite dai consultori (meno del 15%) e un’elevatissima percentuale di assistenza ostetrica privata (86%).
Questi numeri si accoppiano a quelli sui cosiddetti “casi di malasanità”. Secondo il dossier della commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario - tra i. 1° gennaio 2009 e il 31 agosto 2010 - in Sicilia si registrano 102 procedimenti penali in corso, dei quali ben 20 riguardano casi avvenuti durante la gravidanza o il parto. Naturalmente ci sono delle forti criticità strutturali che se il piano di riorganizzazione non dovesse riuscire a risolvere, allora saremmo di fronte a una “rivoluzione” fallita. In atto nell’89,7% delle strutture siciliane manca la terapia intensiva neonatale (53,8% il dato della Toscana), nel 52% dei casi non c’è un reparto di neonatologia dedicato (14,6% in Veneto l, nel 73,4% nemmeno l’ombra dello Sten (Servizio di trasporto per le emergenze neonatali) e nell’87,7% dello Stam (Servizio di trasporto assistito al fronte di percentuali molto più rassicuranti a livello nazionale.
Per questo motivo il decreto prevede un potenziamento delle strutture sul territorio: «Riorganizzazione delle Uo di Ostetricia e ginecologia, Pediatria, Neonatologia e Terapia intensiva neonatale », ma anche «potenziamento di Sten e Stam su base regionale, allo scopo di garantire ottimali livelli di efficacia, efficienza ed economicità gestionale».
In attesa dell’altro passaggio, previsto per il 2013 e rilanciato da Russo: «Riconvertire i punti nascita con meno di mille parti l’anno, una prospettiva verso la quale dobbiamo cominciare a muoverei». Ma sarà un’altra storia.
Nessun commento:
Posta un commento
imposta qui i tuoi commenti