La Repubblica
Ed. del 29.12.2011 - Palermo - pag. VII
Alessandra Ziniti
Articolo letto 15 volte
Denunciata dai Nas: il "laboratorio" abusivo era in un magazzino di Baida
PALERMO - Analisi in subappalto. Pap test, provette di sangue, ampolle di urina dirottate da un laboratorio autorizzato di via Tasca Lanza ad una sorta di magazzino fatiscente con attrezzature accatastate e sostanze chimiche e resti smaltiti come capita a Baida. Lì lavorava, e a pieno ritmo una dottoressa andata in pensione dall’ospedale Civico da poco più di un anno che, con l’ausilio della figlia biologa, aveva messo su un vero e proprio laboratorio di analisi cliniche del tutto abusivo e sprovvisto di ogni garanzia. Lì, incredibilmente e forse in parte anche inconsapevolmente, sono finiti i reperti di circa cinquemila pazienti che adesso, sulla scorta della documentazione ritrovata, i carabinieri del Nas stanno cercando di contattare invitandoli a ripetere le analisi i cui esiti, consegnati o ancora da consegnare, sono da ritenersi assolutamente non attendibili.
Una vicenda incredibile quella sulla quale stanno facendo luce i carabinieri del Nas che hanno agito inseguito ad un dettagliatissimo esposto che sembra redatto da qualcuno che con i laboratori di analisi ha una certa dimestichezza.
E ieri mattina, dopo un’indagine-lampo coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dal sostituto Maurizio Agnello, i carabinieri hanno apposto i sigilli al laboratorio nel quale hanno trovato di tutto e in condizioni igieniche da brivido. Enorme il giro d’affari che le due donne erano riuscite a procurarsi.
Migliaia le analisi clinico citologiche, tra cui pap- test, su campioni prelevati a pazienti in cura da ginecologi, del tutto ignare, che ricevevano esiti non rispondenti agli standard procedurali previsti. Gli investigatori hanno accertato tra l’altro che gli esami destinati ai medici, corredati dell’esito diagnostico e dei relativi vetrini avvolti in carta di giornale, venivano raccolti in sacchetti della spesa. Presso il laboratorio abusivo sono stati scoperti, inoltre, un timbro dell’Ordine nazionale dei biologi, fatture non intestate, richieste di esami citologici da parte di medici c relativi vetrini ancora da esaminare.
Il valore delle attrezzature, comunque non a norma, sequestrate nel laboratorio ammonta a circa 500 mila euro. Le migliaia di pazienti vittime del raggiro, in via di identificazione con l’ausilio dei medici prescrittori, saranno invitate a ripetere gli esami in un laboratorio accreditato, vista l’inattendibilità degli esami precedentemente svolti.
Le indagini puntano adesso sul laboratorio che, con tutta probabilità, affidava alle due donne le analisi. Alla struttura regolarmente autorizzata si rivolgevano infatti sia i singoli pazienti sia i medici prescrittori dell’esame probabilmente del tutto inconsapevoli che i reperti venivano poi smistati a Balda e affidati a mani e mezzi privi di ogni requisito.
L’indagine dunque promette di allargarsi a macchia d’olio. Dopo l’esame della consistente mole di ricette e diagnosi, i carabinieri saranno in grado di capire se ed eventualmente quali altri laboratori subappaltassero le analisi o se a procurare lavoro alla donna fossero medici di strutture pubbliche. La dottoressa in pensione è stata denunciata per esercizio abusivo della professione e per la mancanza delle autorizzazioni e dei requisiti strutturali.
Una vicenda incredibile quella sulla quale stanno facendo luce i carabinieri del Nas che hanno agito inseguito ad un dettagliatissimo esposto che sembra redatto da qualcuno che con i laboratori di analisi ha una certa dimestichezza.
E ieri mattina, dopo un’indagine-lampo coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dal sostituto Maurizio Agnello, i carabinieri hanno apposto i sigilli al laboratorio nel quale hanno trovato di tutto e in condizioni igieniche da brivido. Enorme il giro d’affari che le due donne erano riuscite a procurarsi.
Migliaia le analisi clinico citologiche, tra cui pap- test, su campioni prelevati a pazienti in cura da ginecologi, del tutto ignare, che ricevevano esiti non rispondenti agli standard procedurali previsti. Gli investigatori hanno accertato tra l’altro che gli esami destinati ai medici, corredati dell’esito diagnostico e dei relativi vetrini avvolti in carta di giornale, venivano raccolti in sacchetti della spesa. Presso il laboratorio abusivo sono stati scoperti, inoltre, un timbro dell’Ordine nazionale dei biologi, fatture non intestate, richieste di esami citologici da parte di medici c relativi vetrini ancora da esaminare.
Il valore delle attrezzature, comunque non a norma, sequestrate nel laboratorio ammonta a circa 500 mila euro. Le migliaia di pazienti vittime del raggiro, in via di identificazione con l’ausilio dei medici prescrittori, saranno invitate a ripetere gli esami in un laboratorio accreditato, vista l’inattendibilità degli esami precedentemente svolti.
Le indagini puntano adesso sul laboratorio che, con tutta probabilità, affidava alle due donne le analisi. Alla struttura regolarmente autorizzata si rivolgevano infatti sia i singoli pazienti sia i medici prescrittori dell’esame probabilmente del tutto inconsapevoli che i reperti venivano poi smistati a Balda e affidati a mani e mezzi privi di ogni requisito.
L’indagine dunque promette di allargarsi a macchia d’olio. Dopo l’esame della consistente mole di ricette e diagnosi, i carabinieri saranno in grado di capire se ed eventualmente quali altri laboratori subappaltassero le analisi o se a procurare lavoro alla donna fossero medici di strutture pubbliche. La dottoressa in pensione è stata denunciata per esercizio abusivo della professione e per la mancanza delle autorizzazioni e dei requisiti strutturali.
Nessun commento:
Posta un commento
imposta qui i tuoi commenti