La Sicilia
Ed. del 11.08.2011 - pag. 8
Mario Barresi
Articolo letto 42 volte
Le 4 aziende a rischio commissariamento per deficit eccessivo
«La Regione imputa pure emergenze e servizi fuori provincia»
CATANIA - C’è chi si difende sostenendo di aver ripianato decine di milioni di euro di debiti ereditati; qualcuno contesta il «metodo ragionieristico» di valutazione dei bilanci; e qualcun altro mette in dubbio i “conteggi” della Regione. Insomma, le “linee difensive” cambiano, ma i direttori generali delle Asp siciliane a rischio commissariamento si ribellano. Non ci stanno a passare per manager con le mani bucate, né riconoscono il flop finanziario messo nero su bianco dall’assessorato regionale alla Salute.
Il dossier con le valutazioni sugli obiettivi contabili non è ufficiale, ma sono almeno quattro i manager dietro la lavagna per il mancato rispetto del deficit di bilancio concordato: E dietro l’angolo - come prescrive la riforma sanitaria - c’è la decadenza automatica dei direttori inadempienti e il contestuale commissariamento.
Le reazioni? Se a Palermo i vertici sanitari si tirano fuori dalla palude dei disavanzi milionari (smentendo il “buco” di 5 milioni e sbandierando un utile di quasi 1,4 milioni) gli altri manager in bilico affilano le armi. Contestando in coro due voci imputate dalla Regione come costi: le somme sborsate dalle Asp per la cosiddetta mobilità passiva (cioè le spese per le attività a cittadini residenti in provincia di Messina prestate in strutture sanitarie fuori provincia, ndr) e quelle di Pronto soccorso a carico delle Asp, che devono rimborsare le aziende ospedaliere quando a un intervento d’urgenza non corrisponde un successivo ricovero. Decine di milioni di euro «imprevisti» nei bilanci per servizi dovuti ai cittadini, ma - come sostengono i direttori delle Asp sotto accusa - «per definizione imprevedibili a priori e quindi non inseriti nei piani aziendali con la posta effettivamente riscontrata».
Ma la “rivolta” dei manager bocciati è molto più articolata. Con differenze in base alle singole realtà sanitarie. A partire dal (presunto) “recordman” del debito: Salvatore Giuffrida. Il manager dell’Asp di Messina ripone tutte le sue speranze nella «relazione dettagliata e ampiamente esaustiva» che ha appena inviato a Palermo per rendere conto dei 26 milioni di deficit, 18 in più rispetto agli accordi: «Non voglio nemmeno entrare nella questione del debito ereditato, di cui una consistente parte è emersa dopo l’accordo con l’assessorato, ma mi limito a osservare che in quelle cifre mancano 27 milioni già incamerati dal ministero del Tesoro, ma soprattutto non si tiene conto delle spese sopravvenute per mobilità passiva e pronto soccorso». Giuffrida, oltre a rivendicare «il mantenimento totale dell’offerta sanitaria in una realtà complessa e polverizzata come il territorio messinese» sottolinea anche un altro numero: gli Il milioni risparmiati in un anno sul personale.
Sotto il Vulcano non c’è alcuna “eruzione sanitaria” in corso. Anche perché Giuseppe Calaciura, direttore dell’Asp di Catania, ostenta serenità: «Mi sento con la coscienza a posto, perché ho lavorato bene e se dovessi uscire lo farei a testa alta. Non sono appiccicato alla poltrona, mi troverei un’altra occupazione». A sostegno della sua tesi Calaciura tira fuori una raffica di numeri: «Al mio insediamento nel2009 ho ereditato un disavanzo di circa 46 milioni, che è stato ridotto di 30 con una politica virtuosa di bilancio e senza intaccare la qualità dei servizi». I numeri che inchiodano Calaciura parlano di un bilancio 2010 chiuso con oltre 21 milioni di debiti, circa 16 in più rispetto al deficit negoziato. AI di là del contenzioso "caldo" col Comune (per il dettaglio si veda il box sotto, ndr), il direttore etneo cita ovviamente le spese per mobilità passiva e pronto soccorso, a cui si aggiungono «uscite non previste per contenziosi in corso e altre spese impreviste e imprevedibili. Se sottraiamo questi numeri vedrete che i conti sono a posto».
Nel podio delle Asp sotto tiro, la medaglia di bronzo spetta ad Agrigento: le indiscrezioni sul dossier dei tecnici dell’assessorato parlano di 9 milioni di passivo, con uno sforamento di 4 milioni rispetto al budget negoziato. «Numeri piuttosto arrotondati - esordisce il direttore Salvatore Oliveri - sui quali ci sarebbe molto da discutere». Ma nel dettaglio la situazione agrigentina è appesantita da «eventi imprevisti». Ovvero: la soluzione di una causa milionaria di risarcimento e le cosiddette spese “fuori negoziato” (circa 5 milioni). Oliveri, come gli altri suoi colleghi, sfodera a sua difesa i costi della famigerata mobilità passiva, «basata sul principio insopprimibile della libertà di scelta del cittadino». Ma aggiunge un elemento significativo: il beneficio del dubbio. «E se i conti fatti dalla Regione fossero sbagliati? Io li ho rifatti e ho mandato una precisa relazione all’assessorato e aspetto fiducioso. Così, giusto perché non mi va di uscire di scena dopo 50 anni di carriera sanitaria soltanto per un conto sbagliato...».
Meno oberato dai debiti (“soltanto” 900mila euro in più rispetto ai 3,8 milioni previsti), ma comunque nell’occhio del ciclone il manager dell’Asp di Siracusa, Franco Maniscalco, aggiunge un altro spunto di riflessione. E lo spedisce, come un messaggio nella bottiglia, nel mare della burocrazia sanitaria regionale: «Non facciamo né i ragionieri né gli amministratori di condominio, il ruolo del manager sanitario è un’altra cosa». Maniscalco, a settembre 2009, s’è seduto su quella sedia che scotta, «ereditando 14 milioni di disavanzo». E adesso si scaglia contro la «vacuità delle cifre senza considerare tutto ciò che ci sta dietro, come ad esempio le spese supplementari per riaprire l’ospedale di Lentini dopo decenni o quelle per aprire la Cardiologia ad Avola e tutte quelle per mantenere performance ritenute eccellenti dagli stessi tecnici». Stima in almeno 6 anni il periodo minimo per rimettere a posto i bilanci delle Asp siciliane. E resta in attesa di comunicazioni
Il dossier con le valutazioni sugli obiettivi contabili non è ufficiale, ma sono almeno quattro i manager dietro la lavagna per il mancato rispetto del deficit di bilancio concordato: E dietro l’angolo - come prescrive la riforma sanitaria - c’è la decadenza automatica dei direttori inadempienti e il contestuale commissariamento.
Le reazioni? Se a Palermo i vertici sanitari si tirano fuori dalla palude dei disavanzi milionari (smentendo il “buco” di 5 milioni e sbandierando un utile di quasi 1,4 milioni) gli altri manager in bilico affilano le armi. Contestando in coro due voci imputate dalla Regione come costi: le somme sborsate dalle Asp per la cosiddetta mobilità passiva (cioè le spese per le attività a cittadini residenti in provincia di Messina prestate in strutture sanitarie fuori provincia, ndr) e quelle di Pronto soccorso a carico delle Asp, che devono rimborsare le aziende ospedaliere quando a un intervento d’urgenza non corrisponde un successivo ricovero. Decine di milioni di euro «imprevisti» nei bilanci per servizi dovuti ai cittadini, ma - come sostengono i direttori delle Asp sotto accusa - «per definizione imprevedibili a priori e quindi non inseriti nei piani aziendali con la posta effettivamente riscontrata».
Ma la “rivolta” dei manager bocciati è molto più articolata. Con differenze in base alle singole realtà sanitarie. A partire dal (presunto) “recordman” del debito: Salvatore Giuffrida. Il manager dell’Asp di Messina ripone tutte le sue speranze nella «relazione dettagliata e ampiamente esaustiva» che ha appena inviato a Palermo per rendere conto dei 26 milioni di deficit, 18 in più rispetto agli accordi: «Non voglio nemmeno entrare nella questione del debito ereditato, di cui una consistente parte è emersa dopo l’accordo con l’assessorato, ma mi limito a osservare che in quelle cifre mancano 27 milioni già incamerati dal ministero del Tesoro, ma soprattutto non si tiene conto delle spese sopravvenute per mobilità passiva e pronto soccorso». Giuffrida, oltre a rivendicare «il mantenimento totale dell’offerta sanitaria in una realtà complessa e polverizzata come il territorio messinese» sottolinea anche un altro numero: gli Il milioni risparmiati in un anno sul personale.
Sotto il Vulcano non c’è alcuna “eruzione sanitaria” in corso. Anche perché Giuseppe Calaciura, direttore dell’Asp di Catania, ostenta serenità: «Mi sento con la coscienza a posto, perché ho lavorato bene e se dovessi uscire lo farei a testa alta. Non sono appiccicato alla poltrona, mi troverei un’altra occupazione». A sostegno della sua tesi Calaciura tira fuori una raffica di numeri: «Al mio insediamento nel2009 ho ereditato un disavanzo di circa 46 milioni, che è stato ridotto di 30 con una politica virtuosa di bilancio e senza intaccare la qualità dei servizi». I numeri che inchiodano Calaciura parlano di un bilancio 2010 chiuso con oltre 21 milioni di debiti, circa 16 in più rispetto al deficit negoziato. AI di là del contenzioso "caldo" col Comune (per il dettaglio si veda il box sotto, ndr), il direttore etneo cita ovviamente le spese per mobilità passiva e pronto soccorso, a cui si aggiungono «uscite non previste per contenziosi in corso e altre spese impreviste e imprevedibili. Se sottraiamo questi numeri vedrete che i conti sono a posto».
Nel podio delle Asp sotto tiro, la medaglia di bronzo spetta ad Agrigento: le indiscrezioni sul dossier dei tecnici dell’assessorato parlano di 9 milioni di passivo, con uno sforamento di 4 milioni rispetto al budget negoziato. «Numeri piuttosto arrotondati - esordisce il direttore Salvatore Oliveri - sui quali ci sarebbe molto da discutere». Ma nel dettaglio la situazione agrigentina è appesantita da «eventi imprevisti». Ovvero: la soluzione di una causa milionaria di risarcimento e le cosiddette spese “fuori negoziato” (circa 5 milioni). Oliveri, come gli altri suoi colleghi, sfodera a sua difesa i costi della famigerata mobilità passiva, «basata sul principio insopprimibile della libertà di scelta del cittadino». Ma aggiunge un elemento significativo: il beneficio del dubbio. «E se i conti fatti dalla Regione fossero sbagliati? Io li ho rifatti e ho mandato una precisa relazione all’assessorato e aspetto fiducioso. Così, giusto perché non mi va di uscire di scena dopo 50 anni di carriera sanitaria soltanto per un conto sbagliato...».
Meno oberato dai debiti (“soltanto” 900mila euro in più rispetto ai 3,8 milioni previsti), ma comunque nell’occhio del ciclone il manager dell’Asp di Siracusa, Franco Maniscalco, aggiunge un altro spunto di riflessione. E lo spedisce, come un messaggio nella bottiglia, nel mare della burocrazia sanitaria regionale: «Non facciamo né i ragionieri né gli amministratori di condominio, il ruolo del manager sanitario è un’altra cosa». Maniscalco, a settembre 2009, s’è seduto su quella sedia che scotta, «ereditando 14 milioni di disavanzo». E adesso si scaglia contro la «vacuità delle cifre senza considerare tutto ciò che ci sta dietro, come ad esempio le spese supplementari per riaprire l’ospedale di Lentini dopo decenni o quelle per aprire la Cardiologia ad Avola e tutte quelle per mantenere performance ritenute eccellenti dagli stessi tecnici». Stima in almeno 6 anni il periodo minimo per rimettere a posto i bilanci delle Asp siciliane. E resta in attesa di comunicazioni
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