A corredo dell’articolo sul malore avvertito da un giovane operaio mentre era intento a lavorare nella centrale Enel di Porto Empedocle, ci sembra doveroso aggiungere alcuni importanti particolari emersi solo ora non grazie a chi avrebbe dovuto renderli pubblici da subito ma grazie al medico del 118 intervenuto immediatamente sul posto.
Ma chi meglio dell’Enel avrebbe potuto relazionare sui fatti?
Stranamente, però, della presenza sul posto del medico e dell’infermiere del 118 non si è fatto cenno alcuno.
Ci saremmo tutti quanti accaniti contro il Servizio sanitario, riportando nomi e cognomi dei presunti responsabili, se malauguratamente a quel giovane fosse andata male per presunti “ritardi” nei soccorsi.
Grazie a Dio quel giovane è, però, salvo e deve tutto a un medico anestesista di Agrigento che si chiama Ninni Arena, (nella foto) che è anche il Direttore dell’ U.O. di Anestesia e Rianimazione del San Giovanni di Dio.
Il medico assieme all’infermiere Luigi Butticè, era quel giorno in servizio al 118.
“Il ragazzo di 26 anni – ci dice il dott. Arena – era a 80 metri di altezza.
Si è sentito male dopo avere ingerito una bibita fredda in fase di digestione e si è collassato. Sono salito assieme all’infermiere Butticè con un carrello dei vigili del fuoco”.
Da questo momento, ha avuto inizio l’opera di salvataggio vera e propria portata a termine con professionalità.
“Ho trovato il ragazzo – aggiunge il dottore – in chiaro codice rosso.
Con la terapia del caso e l’ossigenoterapia, il ragazzo si è ripreso in modo soddisfacente nel giro di 20 minuti”.
Il medico dal canto suo, elogia il lavoro dei vigili del fuoco che definisce “stupendi” ed “eccezionali”.
“Ero sicuro – conclude Arena – che la bravura dei vigili ai quali avevo consegnato il ragazzo non più in pericolo di vita, avrebbe assicurato la conclusione delle operazioni di salvataggio con successo”. E cosi è stato.
Fin qui il racconto su quello che realmente è accaduto quella mattina sulla torre dell’Enel a Porto Empedocle.
A noi è sembrato più che giusto, senza scomodare le regole del nostro mestiere che impongono rettifiche o precisazioni, dare il giusto merito a chi ha magari rischiato la propria per salvare una vita umana.
E bisognava partire proprio da qui.
Eugenio Cairone
FOTO di Calogero Conigliaro
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