Corriere della Sera
Ed. del 03.06.2011 - pag. 2
Luigi Offeddu
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La Russia ferma l'importazione di ortaggi. La Ue: inaccettabile
BRUXELLES - Questa è l’ultima conta, di ieri sera: l’assassino che colpisce sangue e reni ha già colpito circa duemila volte in Europa, in 9 giorni. E ucciso 18 persone: 1 in Germania, una in Svezia, forse un’altra ancora in Francia. Niente contagi in Italia, almeno finora. Di lui, del batterio intestinale derivato dal ceppo «Escherichia coli», ad ogni ora che passa si sa molto di più, ma quel «di più» non fa che produrre nuova paura, o psicosi: primo, l’assassino non è più un fantasma, è stato identificato nei laboratori e «battezzato» come «0104:H4»; ma è probabilmente la prima volta che compare fra noi perciò sembra ancora più pericoloso: come certifica l’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, questa è infatti una variante «nuova, estremamente contagiosa e tossica» dell’Escherichia coli, un ceppo «molto raro» che finora non era mai stato individuato in un’epidemia; terzo, come invece attestano alcuni scienziati cinesi che hanno decodificato il suo genoma, in questo stesso batterio o mix di batteri vi sono diversi geni resistenti agli antibiotici e ciò rende «estremamente arduo» il trattamento antibiotico di un paziente colpito dal contagio.
Parere condiviso dal Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie. Infine, la maggior parte dei casi sarebbe stata registrata fra gli adulti, e con una prevalenza fra le donne. E vi sarebbe qualche possibile «parentela» genetica con un altro batterio identificato nella Repubblica Centrafricana.
Qui si fermano le certezze, o quasi. E ricominciano i dubbi: è ancora l’Oms a spiegare che è «molto difficile» stabilire la virulenza effettiva di questo killer; e mentre sembra definitivamente escluso che tutto sia stato originato dai cetrioli spagnoli o portoghesi (Spagna e Portogallo dicono ora di voler chiedere i danni, non si sa se all’Unione Europea o al governo tedesco), la fonte prima del contagio resta un mistero. Così come la ragione per cui il Paese preso di mira più di tutti gli altri sia la Germania, e soprattutto il Nord della Germania nella regione di Amburgo. Gran parte dei contagiati abitavano infatti in quella nazione, o vi avevano appena compiuto un viaggio.
Gli altri Paesi finora coinvolti sono otto, forse nove: Svezia (46 contagi e un morto), Danimarca (17 contagi), e poi Gran Bretagna, Francia, Olanda, Norvegia, Spagna, Svizzera, Austria. Ma non si sa ancora perché il contagio segua questi percorsi, e perché tanti altri Paesi siano stati invece risparmiati. «Nessun rischio per l’Italia», è comunque il messaggio che giunge dall’Istituto superiore di sanità, con l’invito reiterato ad applicare le normali norme igieniche quotidiane: «Lavare bene gli alimenti, sbucciare possibilmente le verdure e non contaminarle con carne cruda». Nonostante tutte le rassicurazioni, i sintomi di una psicosi incombente cominciano però a manifestarsi un po’ dovunque. E a volte, basta una parola o una sigla ad alimentarli: come «Seu», o «sindrome emolitico-uremica», l’arma con cui il batterio colpisce l’organismo dei contagiati.
Davanti a una situazione così incerta, c’è anche chi ha pensato bene di adottare la misura estrema di precauzione: la Russia ha decretato il blocco di tutte le importazioni dalla Ve di legumi e ortaggi in genere. Immediata la risposta di Bruxelles, che con una lettera ha chiesto il ritiro dell’embargo (solo per l’Italia, secondo dati della Coldiretti, il danno potenziale si aggirerebbe sui 4,4 milioni di euro all’anno). Quella russa, dice la Commissione Europea, è una reazione «sproporzionata e inaccettabile». Mosca però non sembra intenzionata a cedere: e così, le tensioni commerciali si sovrappongono alla paura del contagio. Sempre da Bruxelles è giunta anche una parola di moderazione contro tutte le ondate di panico: «La situazione è preoccupante per la zona a Nord della Germania e non per tutta l’Europa - ha spiegato all’agenzia Ansa la direttrice generale della sanità della Commissione Europea, l’italiana Paola Testori Coggi – siamo in costante contatto con le autorità tedesche per scoprire la fonte della contaminazione. Tutte le persone che si sono ammalate vengono da quella zona. .. Chiunque si deve recare per lavoro nella zona di Amburgo deve seguire regole severe di igiene e fare attenzione a ciò che mangia, mentre nel resto dell’Ue valgono le regole di base».
Parere condiviso dal Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie. Infine, la maggior parte dei casi sarebbe stata registrata fra gli adulti, e con una prevalenza fra le donne. E vi sarebbe qualche possibile «parentela» genetica con un altro batterio identificato nella Repubblica Centrafricana.
Qui si fermano le certezze, o quasi. E ricominciano i dubbi: è ancora l’Oms a spiegare che è «molto difficile» stabilire la virulenza effettiva di questo killer; e mentre sembra definitivamente escluso che tutto sia stato originato dai cetrioli spagnoli o portoghesi (Spagna e Portogallo dicono ora di voler chiedere i danni, non si sa se all’Unione Europea o al governo tedesco), la fonte prima del contagio resta un mistero. Così come la ragione per cui il Paese preso di mira più di tutti gli altri sia la Germania, e soprattutto il Nord della Germania nella regione di Amburgo. Gran parte dei contagiati abitavano infatti in quella nazione, o vi avevano appena compiuto un viaggio.
Gli altri Paesi finora coinvolti sono otto, forse nove: Svezia (46 contagi e un morto), Danimarca (17 contagi), e poi Gran Bretagna, Francia, Olanda, Norvegia, Spagna, Svizzera, Austria. Ma non si sa ancora perché il contagio segua questi percorsi, e perché tanti altri Paesi siano stati invece risparmiati. «Nessun rischio per l’Italia», è comunque il messaggio che giunge dall’Istituto superiore di sanità, con l’invito reiterato ad applicare le normali norme igieniche quotidiane: «Lavare bene gli alimenti, sbucciare possibilmente le verdure e non contaminarle con carne cruda». Nonostante tutte le rassicurazioni, i sintomi di una psicosi incombente cominciano però a manifestarsi un po’ dovunque. E a volte, basta una parola o una sigla ad alimentarli: come «Seu», o «sindrome emolitico-uremica», l’arma con cui il batterio colpisce l’organismo dei contagiati.
Davanti a una situazione così incerta, c’è anche chi ha pensato bene di adottare la misura estrema di precauzione: la Russia ha decretato il blocco di tutte le importazioni dalla Ve di legumi e ortaggi in genere. Immediata la risposta di Bruxelles, che con una lettera ha chiesto il ritiro dell’embargo (solo per l’Italia, secondo dati della Coldiretti, il danno potenziale si aggirerebbe sui 4,4 milioni di euro all’anno). Quella russa, dice la Commissione Europea, è una reazione «sproporzionata e inaccettabile». Mosca però non sembra intenzionata a cedere: e così, le tensioni commerciali si sovrappongono alla paura del contagio. Sempre da Bruxelles è giunta anche una parola di moderazione contro tutte le ondate di panico: «La situazione è preoccupante per la zona a Nord della Germania e non per tutta l’Europa - ha spiegato all’agenzia Ansa la direttrice generale della sanità della Commissione Europea, l’italiana Paola Testori Coggi – siamo in costante contatto con le autorità tedesche per scoprire la fonte della contaminazione. Tutte le persone che si sono ammalate vengono da quella zona. .. Chiunque si deve recare per lavoro nella zona di Amburgo deve seguire regole severe di igiene e fare attenzione a ciò che mangia, mentre nel resto dell’Ue valgono le regole di base».
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