12/10/2010 - PROGETTO
Dopo dieci anni nasce la rete dell'emergenza
MARCO ACCOSSATO
TORINO
Dopo dieci anni di attesa, annunci, promesse, nasce in Piemonte la rete dell’emergenza contro le morti per infarto acuto. Rispolverato dal dimenticatoio, il progetto - già operativo in diverse altre regioni - diventerà realtà nel 2011, coordinato dal dottor Sebastiano Marra, direttore della Cardiologia ospedaliera alle Molinette, in collaborazione con il 118.
Obiettivo? Ridurre le morti per infarto acuto grazie ad ambulanze in grado di inviare immediatamente un elettrocardiogramma alle terapie intensive cardiologiche di un gruppo di ospedali altamente specializzati e tecnologicamente avanzati: Molinette, Mauriziano, San Giovanni Bosco e Maria Vittoria a Torino, oltre agli ospedali di Rivoli e San Luigi nella prima cintura. E poi almeno altri sette centri nel resto della regione: Biella, Novara, Vercelli, Savigliano, Santa Croce di Cuneo, Asti e Alessandria.
In caso d’emergenza interverrà un’ambulanza dalla quale è possibile inviare un elettrocardiogramma, e sulla quale - durante il trasporto in ospedale - il medico a bordo potrà cominciare le terapie. Il 118 non si dirigerà più al pronto soccorso più vicino al punto in cui viene soccorso il malato, ma in quello più attrezzato, dov’è possibile eseguire il più rapidamente possibile un’angioplastica.
Il progetto verrà illustrato e discusso giovedì e venerdì prossimi durante le XXII Giornate cardiologiche in programma all’Unione Industriale. Un incontro tra gli specialisti torinesi e quelli d’oltreoceano provenienti dalla Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota.
Spiega il dottor Marra: «Ogni anno, in Piemonte, vengono fatte circa 5 mila diagnosi di infarto acuto, il che significa 700 per milione di abitanti. Tremila e 200 sono situazioni gravi: 2100 vengono affrontare con l’angioplastica, 6-700 con la trombolisi». Il tempo è tutto, e nei casi in cui non si riesce a intervenire la mortalità tocca il 20 per cento dei casi.
«La risonanza magnetica cardiaca, l’ecocardiografia 3D e la cosiddetta terapia “ShockWave” per la stimolazione delle zone sofferenti del muscolo cardiaco dopo l’infarto miocardico hanno portato a nuove possibilità di cura di patologie o gruppi di pazienti prima impossibili da salvare, o che ottenevano risultati insoddisfacenti». La nuova rete di ospedali che nascerà nel 2011 dovrebbe ulteriormente rendere meno infauste le prognosi, «consentendo di intervenire nel periodo più importante per la salvezza, cioè i primi 90 minuti dall’infarto acuto».
marco accossato@lastampa.it
Obiettivo? Ridurre le morti per infarto acuto grazie ad ambulanze in grado di inviare immediatamente un elettrocardiogramma alle terapie intensive cardiologiche di un gruppo di ospedali altamente specializzati e tecnologicamente avanzati: Molinette, Mauriziano, San Giovanni Bosco e Maria Vittoria a Torino, oltre agli ospedali di Rivoli e San Luigi nella prima cintura. E poi almeno altri sette centri nel resto della regione: Biella, Novara, Vercelli, Savigliano, Santa Croce di Cuneo, Asti e Alessandria.
In caso d’emergenza interverrà un’ambulanza dalla quale è possibile inviare un elettrocardiogramma, e sulla quale - durante il trasporto in ospedale - il medico a bordo potrà cominciare le terapie. Il 118 non si dirigerà più al pronto soccorso più vicino al punto in cui viene soccorso il malato, ma in quello più attrezzato, dov’è possibile eseguire il più rapidamente possibile un’angioplastica.
Il progetto verrà illustrato e discusso giovedì e venerdì prossimi durante le XXII Giornate cardiologiche in programma all’Unione Industriale. Un incontro tra gli specialisti torinesi e quelli d’oltreoceano provenienti dalla Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota.
Spiega il dottor Marra: «Ogni anno, in Piemonte, vengono fatte circa 5 mila diagnosi di infarto acuto, il che significa 700 per milione di abitanti. Tremila e 200 sono situazioni gravi: 2100 vengono affrontare con l’angioplastica, 6-700 con la trombolisi». Il tempo è tutto, e nei casi in cui non si riesce a intervenire la mortalità tocca il 20 per cento dei casi.
«La risonanza magnetica cardiaca, l’ecocardiografia 3D e la cosiddetta terapia “ShockWave” per la stimolazione delle zone sofferenti del muscolo cardiaco dopo l’infarto miocardico hanno portato a nuove possibilità di cura di patologie o gruppi di pazienti prima impossibili da salvare, o che ottenevano risultati insoddisfacenti». La nuova rete di ospedali che nascerà nel 2011 dovrebbe ulteriormente rendere meno infauste le prognosi, «consentendo di intervenire nel periodo più importante per la salvezza, cioè i primi 90 minuti dall’infarto acuto».
marco accossato@lastampa.it
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