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La sanità al Sud
Nella spesa pubblica italiana, secondo il Fondo monetario internazionale, il problema più grave è costituito dalla sanità, che nel 2010 prende 6,3% del Pil, il prodotto nazionale. Passerebbe al 6,9 entro il 2015, al 7,5 nel 2020, allo 8,9 nel 2030, al 10 nel 2040 e all'11 % nel 2050. Aggiungo che i bilanci della sanità di molte Regioni sono squilibrati e le forniture sanitarie delle imprese alle aziende ospedaliere pubbliche sono spesso pagate con ritardi biblici: per la Calabria e il Molise 770 giorni, per la Campania 660, per il Lazio 400.
La crescita della spesa sanitaria calcolata dal Fondo monetario internazionale è ipotetica essendo una percentuale del Pil e comporta anche una stima del Pil che non è nota. Ma il trend è preoccupante. Dipende dal fatto che la spesa sanitaria pro capite aumenta a causa dell'invecchiamento della popolazione in quanto quella per gli anziani è maggiore. Essa aumenta anche perché ci sono continui perfezionamenti: nuove terapie, nuovi farmaci e nuovi strumenti. Inoltre, si è passati alla terapia per non star male, a quella per star bene. E lo Stato paga tutto. Ci sono molti sprechi e prezzi diversi per identiche forniture che fanno insospettire.
Occorrono dei freni a questa spesa, molto più efficaci di quelli attuati sino a ora. Lo Stato ha sistematicamente ripianato le perdite delle Regioni per la sanità, con una beffa per quelle efficienti e virtuose come Lombardia e il Veneto. E di solito le Regioni in deficit non danno servizi migliori, ma peggiori. Molti cittadini del Sud vanno a farsi curare al Nord a spese della propria Regione, che così paga queste prestazioni in aggiunta ai suoi ospedali.
Con il federalismo lo spreco dovrebbe cessare, perché le finanze statali integreranno quelle delle Regioni solo per assicurare standard minimi di servizio, basati sui costi standard. Ma non è detto che ciò basti per bloccare le gestioni inefficienti. C'è infatti il pericolo che le Regioni per coprire i buchi della sanità aumentino i tributi a loro disposizione, ossia l'Irpef e l'Irap.
In questi giorni lo Stato ha ordinato a quattro Regioni con deficit sanitari cumulati - Lazio, Campania, Calabria e Molise (tutte sino a poco fa con giunte di sinistra, salvo il Molise, e ora passate al centrodestra) - di aumentare ai massimi le addizionali all'Irpef e all'Irap per sanare i deficit sanitari. Per il Lazio, in cui l'ex governatore Piero Marrazzo ha lasciato un grosso buco, ora restano da coprire 420 milioni di disavanzi pregressi. Le addizionali daranno 360 milioni, i restanti 60 milioni possono esser coperti con limature.
Per la Campania il buco è di mezzo miliardo e gli inasprimenti fiscali daranno solo 200 milioni. Occorreranno tagli alle spese, per altro fattibili, anche se non istantanei. Una analisi del ministero della Salute ha rilevato, nel 2008 in Italia, 164mila ricoveri ospedalieri «impropri». Di essi il 92% è nel Sud. Campania, Puglia, Calabria e Sicilia realizzano l'88,5% dei 150mila ricoveri impropri del Sud, mentre 65mila, pari al 44%, sono in Campania, ossia il 40% di quelli totali del Paese. La Calabria ha un deficit sanitario pregresso di un miliardo e gli aumenti di imposte daranno solo 60 milioni. Dovrà tagliare i ricoveri impropri che sono 18mila, ma non basterà. Ci sono molte altre spese in eccesso e il taglio richiederà tempo. La linea che il governo ha messo in atto, anticipando il federalismo fiscale, va nella giusta direzione, ma occorre rafforzarla. Per la messa in sicurezza del sistema bisognerà adottare tre regole.
Innanzitutto il commissariamento delle gestioni sanitarie regionali che sgarrano dai costi standard. Inoltre la facoltà per le Regioni di adottare ticket sanitari e la destrutturazione. Infine, l'Irap va spezzata in due imposte: una sugli utili lordi delle imprese e del lavoro autonomo, l'altra sul costo del lavoro dipendente o autonomo, sotto forma di contributo sanitario regionale, detraibile dalla imposta statale sul reddito. Il contributo sanitario dovrà essere aumentabile, per pareggiare i conti sanitari, previa introduzione di ticket. Ciò dovrà valere in tutte le Regioni. L'aumento di imposte regionali deve essere il rimedio estremo.
Occorrono dei freni a questa spesa, molto più efficaci di quelli attuati sino a ora. Lo Stato ha sistematicamente ripianato le perdite delle Regioni per la sanità, con una beffa per quelle efficienti e virtuose come Lombardia e il Veneto. E di solito le Regioni in deficit non danno servizi migliori, ma peggiori. Molti cittadini del Sud vanno a farsi curare al Nord a spese della propria Regione, che così paga queste prestazioni in aggiunta ai suoi ospedali.
Con il federalismo lo spreco dovrebbe cessare, perché le finanze statali integreranno quelle delle Regioni solo per assicurare standard minimi di servizio, basati sui costi standard. Ma non è detto che ciò basti per bloccare le gestioni inefficienti. C'è infatti il pericolo che le Regioni per coprire i buchi della sanità aumentino i tributi a loro disposizione, ossia l'Irpef e l'Irap.
In questi giorni lo Stato ha ordinato a quattro Regioni con deficit sanitari cumulati - Lazio, Campania, Calabria e Molise (tutte sino a poco fa con giunte di sinistra, salvo il Molise, e ora passate al centrodestra) - di aumentare ai massimi le addizionali all'Irpef e all'Irap per sanare i deficit sanitari. Per il Lazio, in cui l'ex governatore Piero Marrazzo ha lasciato un grosso buco, ora restano da coprire 420 milioni di disavanzi pregressi. Le addizionali daranno 360 milioni, i restanti 60 milioni possono esser coperti con limature.
Per la Campania il buco è di mezzo miliardo e gli inasprimenti fiscali daranno solo 200 milioni. Occorreranno tagli alle spese, per altro fattibili, anche se non istantanei. Una analisi del ministero della Salute ha rilevato, nel 2008 in Italia, 164mila ricoveri ospedalieri «impropri». Di essi il 92% è nel Sud. Campania, Puglia, Calabria e Sicilia realizzano l'88,5% dei 150mila ricoveri impropri del Sud, mentre 65mila, pari al 44%, sono in Campania, ossia il 40% di quelli totali del Paese. La Calabria ha un deficit sanitario pregresso di un miliardo e gli aumenti di imposte daranno solo 60 milioni. Dovrà tagliare i ricoveri impropri che sono 18mila, ma non basterà. Ci sono molte altre spese in eccesso e il taglio richiederà tempo. La linea che il governo ha messo in atto, anticipando il federalismo fiscale, va nella giusta direzione, ma occorre rafforzarla. Per la messa in sicurezza del sistema bisognerà adottare tre regole.
Innanzitutto il commissariamento delle gestioni sanitarie regionali che sgarrano dai costi standard. Inoltre la facoltà per le Regioni di adottare ticket sanitari e la destrutturazione. Infine, l'Irap va spezzata in due imposte: una sugli utili lordi delle imprese e del lavoro autonomo, l'altra sul costo del lavoro dipendente o autonomo, sotto forma di contributo sanitario regionale, detraibile dalla imposta statale sul reddito. Il contributo sanitario dovrà essere aumentabile, per pareggiare i conti sanitari, previa introduzione di ticket. Ciò dovrà valere in tutte le Regioni. L'aumento di imposte regionali deve essere il rimedio estremo.
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