Ogni qual volta si presentano complicazioni su di un paziente le case di cura chiamano il 118. Il direttore De Angelis: pochi uomini. Così rischia chi si sente male nella propria abitazione.
Ambulanze del 118 che corrono in aiuto delle strutture sanitarie private quando il gioco si fa duro. Ogni volta che le emergenze in seguito a complicanze inaspettate costringono le case di cura alla chiamata al 118 per il trasferimento del paziente in un grande ospedale a bordo di un'ambulanza che non sia un semplice taxi con la sirena, ma un mini ospedale salvavita. E alla fine resta senza ambulanza chi si sente male a casa. Livio De Angelis, il direttore del 118 di Roma, la centrale operativa più grande d'Europa, 3.000 chiamate al giorno ci parla dei molteplici «sos» lanciati ogni giorno dalle strutture sanitarie private romane, che gravano su un organico sottodimensionato del 50%. «È vero, le case di cura private ci chiedono aiuto ogni giorno» conferma De Angelis. Come ha fatto Villa Pia per Tiziana Tumminaro, un caso tristissimo che ha colpito i romani, ancora da chiarire, con due medici dell'equipe esterna indagati, perché è morta la mamma di 35 anni e ci sono quattro bambini orfani. «Mercoledì è giunta morente al San Camillo dopo un parto cesareo nella vicina clinica Villa Pia. Ne è seguito il tentativo di un vergognoso scaricabarile» aveva detto a Il Tempo Donato Antonellis, primario di Chirurgia d'urgenza del famoso nosocomio su via Gianicolense.«Non è la prima volta e non sarà l'ultima che da Villa Pia ci chiedono aiuto» dice Carlo Cataldi, uno dei capo equipe di Chirurgia d'urgenza del San Camillo. Ma le richieste di soccorso per complicanze inaspettate che le cliniche private non sanno o non possono fronteggiare, gravano anche sul 118. «Manca il 50% del personale che servirebbe» dice il direttore del 118 di Roma De Angelis. Così va sui mezzi di soccorso quando serve. «Anch'io spesso salgo in ambulanza» conferma. E indica la giacchetta di servizio pronta all'uso. Per fortuna il tragico epilogo è un evento raro. «Ma con la penuria d'organico che c'è, se il personale è impegnato a soccorrere i pazienti delle cliniche private, il rischio alla fine lo corre il cittadino che si sente male in casa». Non è un rischio da poco. Ci vuole poco a creare un'emergenza. «A volte basta un elettrocardiogramma sotto sforzo che in un paziente sofferente di cuore potrebbe anche causare un infarto». È successo sabato mattina in una nota clinica ai Parioli. «La chiamata di soccorso è arrivata alle 13.13, chiedevano il medico a bordo - racconta De Angelis - c'era un paziente che durante un esame si è sentito male ed è partita l'ambulanza con codice 603». Quando sono arrivati i sanitari del 118 hanno notato due mezzi di soccorso parcheggiati davanti alla clinica. Replica la direttrice amministrativa della clinica Tiziana Pappalardo.
«Ma un paziente di una casa di cura non è un paziente come un altro?» si chiede, e conferma il caso. «Un paziente che effettuava una scintigrafia miocardica in ambulatorio ha avuto fibrillazione atriale - dice - Dopo due ore stava bene. Il paziente ha chiesto di andare in ospedale, quindi abbiamo chiamato il 118 che è venuto, non aveva il medico a bordo, l'hanno portato alla vicina Villa San Pietro». Inoltre, dice Pappalardo «una casa di cura ha delle specialistiche e non altre. Da noi c'è la rianimazione, ma non abbiamo la stroke unit». Tuttavia per Pappalardo «il 118 ha tutte le ragioni del mondo, sono in sottorganico, la media di intervento del 118 sono 20 minuti, perché Roma è la città che è, tant'è che ci sono molte ambulanze private. Ciò detto non possiamo far morire nessuno». Per Franco Bonanno direttore generale Aiop (Associazione italiana ospedalità privata, 54 mila letti di cui 48 mila accreditati) «non è che le stutture sanitarie private non sanno gestire la complicanza - dice - la casa di cura non può avere per legge tutte le specialità, anche in un policlinico se interviene una complicanza il paziente lo spostano di reparto». «Le cliniche non sono obbligate ad avere ambulanze. «A volte ce le hanno - dice - o hanno una convenzione con ambulanze private. Ma se serve il 118 lo si deve chiamare» conclude Bonanno con una domanda: «perché non vengono autorizzate le strutture sanitarie private che chiedono di avere un 118 proprio?».
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