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Un'ambulanza per ogni campanile sprechi e clientele all'ombra del 118
A San Mauro Castelverde neanche una chiamata in trenta giorni.
SAN MAURO CASTELVERDE - Alle tre del pomeriggio i due soccorritori del 118 confinati su un cocuzzolo delle Madonie sono davanti alla tv. Ammazzano il tempo guardando "Uomini e donne", aspettano, dopo aver mangiato un panino, la fine di un turno che anche oggi non li ha costretti a salire a bordo dell'ambulanza. La centrale operativa, da queste parti chiama in media una volta a settimana. A gennaio il telefono non ha squillato mai. Fra febbraio e l'inizio di marzo, giusto tre volte: in un caso gli "angeli della strada" hanno accompagnato un pensionato a fare alcuni accertamenti all'ospedale di Cefalù, in un altro hanno soccorso un giovane che si era ubriacato durante la festa di Carnevale. Il disastrato (e affollato: di addetti) servizio 118 siciliano vive anche di queste contraddizioni. Ospita postazione sperdute come quella di San Mauro Castelverde, paesino di duemila anime sulle Madonie, che in tutto il 2009 hanno fatto appena 45 interventi: record negativo. Ma ci sono altri presidi, sui Nebrodi, che "vantano" medie analoghe: Antillo, Floresta, Malvagna. Eppure ciascuna di essa impegna ogni giorno nei vari turni dodici autisti soccorritori. Effetto della distribuzione - in una rete fittissima di 256 postazioni - dell'esercito di oltre tremila autisti soccorritori che entrò a sirene spiegate nella Sise, la società per l'emergenza urgenza, nell'estate del 2005. Un'infornata voluta dalla giunta Cuffaro, che si preparava a una dura campagna elettorale.
IN LIQUIDAZIONE
Cinque anni dopo, la Sise viene liquidata (proprio ieri sono stati nominati i commissari) ma continua a pesare, e non poco, sui bilanci anemici della sanità. Perché i suoi pur numerosi dipendenti hanno accumulato straordinari per quasi 40 milioni. E il disavanzo è quasi doppio. Ora deve pagare la Regione: lo ha precisato l'av vocatura dello Stato, mettendo in ambasce l'assessore alla Sanità, Massimo Russo. Un paradosso che ora, in tempi di dieta per il settore, pone il tema dell'utilità di questo sistema capillare e costoso. Un sistema che viaggia a due velocità: nel 2008 la postazione del 118 del Politeama, a Palermo, ha fatto 3.932 interventi. A San Mauro gli operatori lavorano, calcolatrice alla mano, quasi cento volte di meno. Siamo andati a incontrare i soccorritori del piccolo centro delle Madonie, dove la sanità è un cartello sbiadito dietro una porta scrostata. Due di loro raccontano la loro storia. Anonimamente, perché la società non permette loro di parlare senza autorizzazione. «Gli straordinari? Li abbiamo fatti tutti», dice Angelo, nome di comodo. «I malati non sono mai mancati e ogni volta scattano puntualmente le sostituzioni. A prescindere dal numero delle chiamate. Ma questa non è una vita agiata, come qualcuno può pensare. Dieci di noi vengono da Palermo, ogni mattina sveglia alle quattro per fare 130 chilometri, arrampicandoci fin quassù con le nostre auto. E la benzina non ce la paga mica la società». Aggiunge il collega: «Vuole sapere se dodici per postazione siamo troppi? Forse sì in considerazione dell'attività svolta. Sono qui da tre anni e, onestamente, la maggior parte degli interventi fatti potevano tranquillamente essere effettuati da privati, amici o parenti dell'assistito. Ma un paio di volte abbiamo salvato la vita di abitanti del paese colpiti da infarto: basta questo, credo, per giustificare la presenza».
«IL 118? GUAI A TOGLIERLO»
E ilpaese si è stretto intorno al presidio del 118: nella scorsa primavera, quando si paventò lo smaltellamento della postazione, furono raccolte seicento firme di protesta. «Se ci togliessero quell'ambulanza, sarebbe una sciagura - sottolinea il sindaco Mauro Cascio - L'ospedale più vicino, quello di Cefalù è a poco meno di un'ora di tragitto. L'assistenza, in paese, è garantita dal 118 e da una guardia medica aperta nelle ore notturne». E Laura Scialabba, assessore alla Sanità di San Mauro Castelverde, ricorda come il Comune «abbia speso diecimila euro per fornire il servizio di emergenza di locali idonei». E allora il quesito che viene rilanciato, da questo avamposto nel cuore delle Madonie, è il seguente: si possono assicurare le cure e i soccorsi evitando gli sprechi? L'alto numero di postazioni sarebbe giustificato dalla complessità del territorio siciliano, dicono in assessorato.
Ma, al di là dei paesi più remoti come San Mauro, è proprio necessario - ad esempio - avere due postazioni a Lascari e Finale di Pollina, a pochi chilometri dall'ospedale di Cefalù? E come si può mettere alle spalle la gestione allegra del passato? Quella che ha portato al sovraffollamento degli organici ma anche, per intenderei, a tante altre spese sospette della precedente amministrazione: l'affidamento all'esterno della gestione delle buste paga, con un incarico da 570mila euro l'anno. O, ancora, i premi di risultato da 64 mila euro per i dirigenti di un'azienda chiamata in causa dal ministro Sacconi per i recenti casi di malasanità nell'Isola.
UNA SCATOLA VUOTA
I ritardi nella riorganizzazione del 118, da parte della Regione, sono stati stigmatizzati più volte dal ministero. Il decollo della nuova società, la Sues, che ha preso il posto della Sise, è legato proprio alla soluzione del problema degli straordinari. I dipendenti non vi vogliono rinunciare e non si accontentano dell'impegno dell'assessorato ad aumentare ore di lavoro (da 120 a 150 al mese) e, di conseguenza, anche le indennità. Chiedono anche un contratto di sanità pubblica, che tutelerebbe il personale più di quello di natura privata. Il tempo scorre, intanto. Il 31 marzo scade la proroga accordata alla vecchia Sise e la nuova società rimane un contenitore vuoto, privo di personale. Dentro, vi stanno solo gli amministratori, nominati alla vigilia del 2010. Il presidente del consiglio di gestione è Gaetano Bonfiglio, già sindaco di Gravina di Catania e già direttore del (mai realizzato) polo d'eccellenza ortopedico della città etnea. Un tecnico particolarmente gradito a Lombardo, che nel 2007 lo volle suo esperto alla Provincia di Catania. Con lui, nel cda, anche Salvatore Geraci e Michele Battaglia, mentre a guidare il comitato di sorveglianza della nuova società che dovrebbe gestire il 118 è Dario Allegra, manager del Civico di Palermo e fedelissimo del leader del Pdl Sicilia Gianfranco Micciché. Uomini non distanti dalla politica, già ingaggiati per una rivoluzione che tarda a partire. Lunedì sono in programma due riunioni decisive, in assessorato: si cerca di un faticoso accordo coi sindacati. Ma adesso prende quota l'ipotesi che la Sise, seppur in liquidazione, riceva l'ennesima proroga.
IN LIQUIDAZIONE
Cinque anni dopo, la Sise viene liquidata (proprio ieri sono stati nominati i commissari) ma continua a pesare, e non poco, sui bilanci anemici della sanità. Perché i suoi pur numerosi dipendenti hanno accumulato straordinari per quasi 40 milioni. E il disavanzo è quasi doppio. Ora deve pagare la Regione: lo ha precisato l'av vocatura dello Stato, mettendo in ambasce l'assessore alla Sanità, Massimo Russo. Un paradosso che ora, in tempi di dieta per il settore, pone il tema dell'utilità di questo sistema capillare e costoso. Un sistema che viaggia a due velocità: nel 2008 la postazione del 118 del Politeama, a Palermo, ha fatto 3.932 interventi. A San Mauro gli operatori lavorano, calcolatrice alla mano, quasi cento volte di meno. Siamo andati a incontrare i soccorritori del piccolo centro delle Madonie, dove la sanità è un cartello sbiadito dietro una porta scrostata. Due di loro raccontano la loro storia. Anonimamente, perché la società non permette loro di parlare senza autorizzazione. «Gli straordinari? Li abbiamo fatti tutti», dice Angelo, nome di comodo. «I malati non sono mai mancati e ogni volta scattano puntualmente le sostituzioni. A prescindere dal numero delle chiamate. Ma questa non è una vita agiata, come qualcuno può pensare. Dieci di noi vengono da Palermo, ogni mattina sveglia alle quattro per fare 130 chilometri, arrampicandoci fin quassù con le nostre auto. E la benzina non ce la paga mica la società». Aggiunge il collega: «Vuole sapere se dodici per postazione siamo troppi? Forse sì in considerazione dell'attività svolta. Sono qui da tre anni e, onestamente, la maggior parte degli interventi fatti potevano tranquillamente essere effettuati da privati, amici o parenti dell'assistito. Ma un paio di volte abbiamo salvato la vita di abitanti del paese colpiti da infarto: basta questo, credo, per giustificare la presenza».
«IL 118? GUAI A TOGLIERLO»
E ilpaese si è stretto intorno al presidio del 118: nella scorsa primavera, quando si paventò lo smaltellamento della postazione, furono raccolte seicento firme di protesta. «Se ci togliessero quell'ambulanza, sarebbe una sciagura - sottolinea il sindaco Mauro Cascio - L'ospedale più vicino, quello di Cefalù è a poco meno di un'ora di tragitto. L'assistenza, in paese, è garantita dal 118 e da una guardia medica aperta nelle ore notturne». E Laura Scialabba, assessore alla Sanità di San Mauro Castelverde, ricorda come il Comune «abbia speso diecimila euro per fornire il servizio di emergenza di locali idonei». E allora il quesito che viene rilanciato, da questo avamposto nel cuore delle Madonie, è il seguente: si possono assicurare le cure e i soccorsi evitando gli sprechi? L'alto numero di postazioni sarebbe giustificato dalla complessità del territorio siciliano, dicono in assessorato.
Ma, al di là dei paesi più remoti come San Mauro, è proprio necessario - ad esempio - avere due postazioni a Lascari e Finale di Pollina, a pochi chilometri dall'ospedale di Cefalù? E come si può mettere alle spalle la gestione allegra del passato? Quella che ha portato al sovraffollamento degli organici ma anche, per intenderei, a tante altre spese sospette della precedente amministrazione: l'affidamento all'esterno della gestione delle buste paga, con un incarico da 570mila euro l'anno. O, ancora, i premi di risultato da 64 mila euro per i dirigenti di un'azienda chiamata in causa dal ministro Sacconi per i recenti casi di malasanità nell'Isola.
UNA SCATOLA VUOTA
I ritardi nella riorganizzazione del 118, da parte della Regione, sono stati stigmatizzati più volte dal ministero. Il decollo della nuova società, la Sues, che ha preso il posto della Sise, è legato proprio alla soluzione del problema degli straordinari. I dipendenti non vi vogliono rinunciare e non si accontentano dell'impegno dell'assessorato ad aumentare ore di lavoro (da 120 a 150 al mese) e, di conseguenza, anche le indennità. Chiedono anche un contratto di sanità pubblica, che tutelerebbe il personale più di quello di natura privata. Il tempo scorre, intanto. Il 31 marzo scade la proroga accordata alla vecchia Sise e la nuova società rimane un contenitore vuoto, privo di personale. Dentro, vi stanno solo gli amministratori, nominati alla vigilia del 2010. Il presidente del consiglio di gestione è Gaetano Bonfiglio, già sindaco di Gravina di Catania e già direttore del (mai realizzato) polo d'eccellenza ortopedico della città etnea. Un tecnico particolarmente gradito a Lombardo, che nel 2007 lo volle suo esperto alla Provincia di Catania. Con lui, nel cda, anche Salvatore Geraci e Michele Battaglia, mentre a guidare il comitato di sorveglianza della nuova società che dovrebbe gestire il 118 è Dario Allegra, manager del Civico di Palermo e fedelissimo del leader del Pdl Sicilia Gianfranco Micciché. Uomini non distanti dalla politica, già ingaggiati per una rivoluzione che tarda a partire. Lunedì sono in programma due riunioni decisive, in assessorato: si cerca di un faticoso accordo coi sindacati. Ma adesso prende quota l'ipotesi che la Sise, seppur in liquidazione, riceva l'ennesima proroga.
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