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Per 18 mesi con un tubo nell'addome
Dimenticato dai medici durante il parlo cesareo. Un calvario di dolori.
UN TUBICINO per il drenaggio, lungo 43 centimetri, dimenticato dai medici nell'addome di una donna dopo il parto cesareo. Un anno e mezzo di dolori addominali, vomito, perdite di sangue e dimagrimento a vista d'occhio.
Un incubo per una signora di Bagheria, che ha denunciato alla polizia l'ospedale Buccheri La Ferla dopo avere scoperto la verità. Una verità arrivata dopo mesi di preoccupazioni, dolori e angoscia. «È stato un incubo - racconta Rosaria Scorsone, casalinga di 36 anni - ormai pensavo di avere un male inguaribile. Non ho dormito una sola notte dal giorno che ho partorito. Non ho goduto della gioia di questa nascita». La donna verrà operata oggi nel reparto di Chirurgia d'urgenza dell'ospedale Civico, dove le verrà asportato il tubo.
Rosaria e il marito Pietro Giglio, muratore di 43 anni, avevano voluto quella bimba con tutte le loro forze. «Ho due figli di 14 e 6 anni - racconta la donna - e una figlia di 16 anni che purtroppo è affetta da una sindrome rarissima e incurabile. Dopo tanti anni di sofferenze, con mio marito abbiamo cominciato a sognare un'altra figlia, che è arrivata subito».
Tutto ha inizio il 7 luglio del 2008, quando Rosaria Scorsone e il marito arrivano al Buccheri La Ferla per un controllo. La gravidanza era giunta all'ottavo mese. «Avevo piccoli dolori all'addome. I medici mi hanno visitata e hanno deciso di procedere al cesareo d'urgenza», spiega la donna.
Quattro giorni dopo i medici dimettono mamma e bambina. «La notte era un tormento, sentivo qualcosa che premeva sul fianco. Andavo avanti con gli antidolorifici, sotto il consiglio del medico. Mangiare era impossibile. Mi si gonfiava la pancia - racconta Rosaria dal letto del Civico, gli occhi scavati dalla sofferenza - in gravidanza ero ingrassata di venti chili e mi stupiva la velocità con la quale li stavo perdendo».
Dopo un mese e mezzo, la signora decide di rivolgersi ai medici del Buccheri La Ferla. «Al controllo - dice Rosaria - mi hanno detto che forse si trattava di un'aderenza fra tessuti». Trascorrono altri giorni e altri tre controlli. «All'ultima visita e dopo l'ennesima ecografia, i medici mi hanno detto che non si trattava di un problema ginecologico. Ho deciso di rivolgermi a un medico privato».
Nel gennaio 2009 anche il gastroenterologo non rileva nulla. Poi una parente l'accompagna da un chirurgo del Civico, e lì Rosaria viene sottoposta a una radiografia. «Il radiologo mi chiedeva di togliere la cintura dei pantaloni e io continuavo a ripetere che non ne portavo. Lì ho capito tutto». Una settimana fa il referto definitivo: «Si accerta presenza di tubo drenaggio nello scavo pelvico». «Non ce l'abbiamo con i medici - dice Pietro Giglio - ma vogliamo che questa storia venga alla luce perché insegni qualcosa a medici e pazienti».
Un incubo per una signora di Bagheria, che ha denunciato alla polizia l'ospedale Buccheri La Ferla dopo avere scoperto la verità. Una verità arrivata dopo mesi di preoccupazioni, dolori e angoscia. «È stato un incubo - racconta Rosaria Scorsone, casalinga di 36 anni - ormai pensavo di avere un male inguaribile. Non ho dormito una sola notte dal giorno che ho partorito. Non ho goduto della gioia di questa nascita». La donna verrà operata oggi nel reparto di Chirurgia d'urgenza dell'ospedale Civico, dove le verrà asportato il tubo.
Rosaria e il marito Pietro Giglio, muratore di 43 anni, avevano voluto quella bimba con tutte le loro forze. «Ho due figli di 14 e 6 anni - racconta la donna - e una figlia di 16 anni che purtroppo è affetta da una sindrome rarissima e incurabile. Dopo tanti anni di sofferenze, con mio marito abbiamo cominciato a sognare un'altra figlia, che è arrivata subito».
Tutto ha inizio il 7 luglio del 2008, quando Rosaria Scorsone e il marito arrivano al Buccheri La Ferla per un controllo. La gravidanza era giunta all'ottavo mese. «Avevo piccoli dolori all'addome. I medici mi hanno visitata e hanno deciso di procedere al cesareo d'urgenza», spiega la donna.
Quattro giorni dopo i medici dimettono mamma e bambina. «La notte era un tormento, sentivo qualcosa che premeva sul fianco. Andavo avanti con gli antidolorifici, sotto il consiglio del medico. Mangiare era impossibile. Mi si gonfiava la pancia - racconta Rosaria dal letto del Civico, gli occhi scavati dalla sofferenza - in gravidanza ero ingrassata di venti chili e mi stupiva la velocità con la quale li stavo perdendo».
Dopo un mese e mezzo, la signora decide di rivolgersi ai medici del Buccheri La Ferla. «Al controllo - dice Rosaria - mi hanno detto che forse si trattava di un'aderenza fra tessuti». Trascorrono altri giorni e altri tre controlli. «All'ultima visita e dopo l'ennesima ecografia, i medici mi hanno detto che non si trattava di un problema ginecologico. Ho deciso di rivolgermi a un medico privato».
Nel gennaio 2009 anche il gastroenterologo non rileva nulla. Poi una parente l'accompagna da un chirurgo del Civico, e lì Rosaria viene sottoposta a una radiografia. «Il radiologo mi chiedeva di togliere la cintura dei pantaloni e io continuavo a ripetere che non ne portavo. Lì ho capito tutto». Una settimana fa il referto definitivo: «Si accerta presenza di tubo drenaggio nello scavo pelvico». «Non ce l'abbiamo con i medici - dice Pietro Giglio - ma vogliamo che questa storia venga alla luce perché insegni qualcosa a medici e pazienti».
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