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L'oncologo difende il sistema italiano: episodi spiacevoli si verificano ovunque, in Gran Bretagna sono più che da noi
Veronesi: basta accuse ai camici bianchi la nostra sanità tra le migliori al mondo
MILANO - «Non vedo la necessità di un Garante della salute. Anche perché la nostra sanità è regionale e quindi ci vorrebbe un garante per ogni regione. A livello nazionale il garante c'è già ed è il ministro della Salute». Umberto Veronesi, senatore del Pd, boccia senza tanti giri di parole l'ipotesi avanzata da un altro senatore del Pd, Ignazio Marino, anche lui medico: «Mi trovo d'accordo con lui in tantissime battaglie, ma non su quella del Garante, che giudico una figura del tutto superflua». Alla Malpensa per presentare la nuova iniziativa della Fondazione Veronesi che invierà a Cuba un gruppo di oncologi dello Ieo nell'ambito del progetto "Science for Peace", il grande oncologo commenta le ultime proposte per contrastare la malasanità italiana.
Professor Veronesi, Ignazio Marino sostiene la necessità di un'authority, slegata dalla politica, che contrasti i più diffusi casi di malasanità.
«Il mio parere è che si sta esagerando con questa "malasanità". I dati italiani dimostrano che la sanità italiana è una delle migliori del mondo. Avvengono ovunque, ogni tanto, degli episodi spiacevoli. Quelli che si verificano in Gran Bretagna, per esempio, sono superiori ai nostri».
Quali sono le cause delle disfunzioni del nostro sistema sanitario?
«Se ci sono disfunzioni o aree critiche è perché la legge 833 di riforma sanitaria che ha istituito il nostro Ssn nel 1978 è stata mal applicata e in alcuni casi profondamente tradita. Bisogna piuttosto fare un reset generale. Non bisogna esagerare con le accuse di malasanità e con la demonizzazione dei casi che accado poi nel nostro Mezzogiorno».
E noto a tutti, però, che il sistema sanitario italiano funziona meglio al Nord piuttosto che al Sud.
«Ma nessuno dice mai che al Sud si muore di meno. Qualche dato: per cancro in Calabria muoiono 196 persone ogni 100mila, contro 321 in Lombardia. In media i decessi per tumore sono 331 per 100 mila al Nord, 315 al Centro e 224 al Sud. In Lombardia si muore 5 volte di più per Aids che in Campania, Basilicata e Calabria. Certo tutto questo non è merito del sistema, ma degli stili di vita più sani. Tuttavia se guardiamo gli indicàtori di efficienza del sistema sanitario, i dati non sono peggiori».
Cosa è urgente fare per migliorare la sanità italiana?
«Prima di tutto dobbiamo mettere in atto la prevenzione che, proprio come il Sud ci insegna, è il cardine della buona salute. Secondo: dobbiamo fare in modo che tutti i medici lavorino a tempo pieno, perché non può esistere un malato di serie A, in clinica privata, e uno di serie B, in ospedale. Terzo: dobbiamo azzerare l'ingerenza della politica nella autonomia del medico. Quarto: dobbiamo ripristinare lo spirito etico dell'ospedale, oggi troppo spesso asservito ai criteri di gestione economica. Quinto: dobbiamo ristrutturare la rete ospedalieriera».
Gli ospedali italiani sono spesso obsoleti?
«Si e vanno cambiati radicalmente. La loro organizzazione ruota attorno al medico, mentre dovrebbe ruotare attorno al malato».
Quanto pesa l'invadenza della politica?
«Negli ospedali oggi la figura dominante è il direttore generale, che è di nomina politica e quindi risponde alla politica e raramente condivide le proprie scelte con clinici e ricercatori. Si è stravolta così l'etica dell'ospedale, che è cosa diversa dall'etica dell'azienda. Non credo sia giusto intendere l'aziendalizzazione come pretesa di produttività, senza cura per la qualità».
Professor Veronesi, Ignazio Marino sostiene la necessità di un'authority, slegata dalla politica, che contrasti i più diffusi casi di malasanità.
«Il mio parere è che si sta esagerando con questa "malasanità". I dati italiani dimostrano che la sanità italiana è una delle migliori del mondo. Avvengono ovunque, ogni tanto, degli episodi spiacevoli. Quelli che si verificano in Gran Bretagna, per esempio, sono superiori ai nostri».
Quali sono le cause delle disfunzioni del nostro sistema sanitario?
«Se ci sono disfunzioni o aree critiche è perché la legge 833 di riforma sanitaria che ha istituito il nostro Ssn nel 1978 è stata mal applicata e in alcuni casi profondamente tradita. Bisogna piuttosto fare un reset generale. Non bisogna esagerare con le accuse di malasanità e con la demonizzazione dei casi che accado poi nel nostro Mezzogiorno».
E noto a tutti, però, che il sistema sanitario italiano funziona meglio al Nord piuttosto che al Sud.
«Ma nessuno dice mai che al Sud si muore di meno. Qualche dato: per cancro in Calabria muoiono 196 persone ogni 100mila, contro 321 in Lombardia. In media i decessi per tumore sono 331 per 100 mila al Nord, 315 al Centro e 224 al Sud. In Lombardia si muore 5 volte di più per Aids che in Campania, Basilicata e Calabria. Certo tutto questo non è merito del sistema, ma degli stili di vita più sani. Tuttavia se guardiamo gli indicàtori di efficienza del sistema sanitario, i dati non sono peggiori».
Cosa è urgente fare per migliorare la sanità italiana?
«Prima di tutto dobbiamo mettere in atto la prevenzione che, proprio come il Sud ci insegna, è il cardine della buona salute. Secondo: dobbiamo fare in modo che tutti i medici lavorino a tempo pieno, perché non può esistere un malato di serie A, in clinica privata, e uno di serie B, in ospedale. Terzo: dobbiamo azzerare l'ingerenza della politica nella autonomia del medico. Quarto: dobbiamo ripristinare lo spirito etico dell'ospedale, oggi troppo spesso asservito ai criteri di gestione economica. Quinto: dobbiamo ristrutturare la rete ospedalieriera».
Gli ospedali italiani sono spesso obsoleti?
«Si e vanno cambiati radicalmente. La loro organizzazione ruota attorno al medico, mentre dovrebbe ruotare attorno al malato».
Quanto pesa l'invadenza della politica?
«Negli ospedali oggi la figura dominante è il direttore generale, che è di nomina politica e quindi risponde alla politica e raramente condivide le proprie scelte con clinici e ricercatori. Si è stravolta così l'etica dell'ospedale, che è cosa diversa dall'etica dell'azienda. Non credo sia giusto intendere l'aziendalizzazione come pretesa di produttività, senza cura per la qualità».
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