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ALLARME INFLUENZA A la paura del vaccino.
Lo squalene e il consenso spaventano ancora tutti
L’esperto: «Non c’è alcun rischio, questo vaccino è sicuro».
Diffidenze. Anche tra i medici sono in tanti a non essersi sottoposti al vaccino. Per timore di una sostanza già collaudata e impressionati dal protocollo formale.
CATANIA. «Il vaccino è un problema? Ma quando mai. Il problema è che ancora di dosi ce ne sono troppo poche per soddisfare tutte le esigenze e tutte le richieste. Ogni altra diffidenza, ogni perplessità è assolutamente ingiustificata».
Il dott. Mario Cuccia è un esperto epidemiologo dell’Asp 3 di Catania, uno che, per capirci, studia i vaccini, le conseguenze dopo le somministrazioni, gli eventuali rischi, le controindicazioni sin da quando era all’Università e il capitolo vaccini occupava, allora, appena una paginetta. Oggi, non per caso, anche all’Università si studiano interi volumi sull’argomento, e Mario Cuccia è richiestissimo in Italia e all’estero per studiare, approfondire, capire e spiegare. E’ un medico, ovviamente, e partendo da questa ovvietà cerchiamo di capire perché i primi ad essere restii a sottoporsi alla vaccinazione, nonostante il rischio pandemia, siano proprio i medici, come testimoniano i dati che arrivano da molti ospedali siciliani. Il mistero sta in una parola: squalene. E che sarà mai?
«Lo squalene - spiega il dott. Cuccia - è un lipide che serve a potenziare le risposte immunitarie e che viene utilizzato in vaccini per l’uomo già dagli anni ’90. Attorno a questa sostanza, al suo utilizzo e alle eventuali conseguenze, in passato c’è stato qualche equivoco, qualche interpretazione sbagliata, peraltro smentita, successivamente, da approfonditi studi e valutazioni scientifiche. I vaccini rinforzati con lo squalene sono assolutamente sicuri al punto che questa sostanza è contenuta già nel Fluad, vaccino normalmente utilizzato ed abbondantemente testato su pazienti over 65, ma che ormai da anni è anche somministrato a pazienti a partire dai 12 anni in su. Per questo le perplessità sull’utilizzazione del vaccino per l’H1N1 sono assolutamente infondate, anche se ci sono alcuni elementi che possono avere comprensibilmente destato qualche perplessità».
Intanto aggiungiamo che questo vaccino lo ha ideato, giusto come curiosità, un italiano, il ricercatore Gino Rappuoli, che è un’autorità mondiale del settore e che appena sei mesi fa negli Usa è stato insignito del premio Sabin. Poi, spiega il dott. Cuccia, se sono state avanzate perplessità legate alla fase di sperimentazione, è perché non è stato ben spiegato che ci troviamo di fronte ad un vaccino che ha avuto una corsia privilegiata per ottenere l’autorizzazione, è vero, ma è stato possibile perché si partiva da un dato di fatto abbondantemente assodato.
«Questo vaccino è gemello di quello già sperimentato ed utilizzato per l’aviaria, ecco perché è stato possibile arrivare all’autorizzazione per la sua immissione nel mercato in tempi assai rapidi e dopo una serie di test più limitati rispetto a quelli fatti per il precedente vaccino. Lo squalene c’è anche in quel farmaco ed è stato scientificamente provato che questa sostanza garantisce al vaccino più qualità protettiva, ma anche maggiore quantità, perché consente di allargare l’antagonismo del farmaco anche ad eventuali piccole variazioni del virus. Ripeto piccole, ma è importante considerato, appunto, la tipologia di virus di cui stiamo parlando».
Insomma lo squalene per cercare di arginare il virus H1N1 in sue piccole variazioni, anche perché già nel luglio del 2006 l’Oms scrisse nel suo bollettino che questa sostanza non creava problemi e che non c’era rapporto con ciò che avevano patito alcuni soldati americani affetti da sindrome del Golfo. Per aggiungere qualche cifra, allora, diciamo che in provincia di Catania negli ultimi sei anni sono state somministrate almeno 500 mila dosi di questo vaccino. Ma la paura resta, più forte di quella di beccarsi l’influenza. «C’è anche la componente della formalizzazione della richiesta del consenso - spiega il dott. Cuccia - che non riesco a spiegarmi perché sia stata inserita dal Ministero nel protocollo, ma che, certamente, suscita una certa impressione».
Così alle Asp tocca oggi formare ed informare i medici, che a loro volta devono sensibilizzare i soggetti a rischio: «Il fatto è che per evitare la pandemia si dovrebbe vaccinare tutta la popolazione, ma, ripeto, c’è il problema della mancanza del vaccino.
Perché l’allarme è scattato tardi e tardi è partita dall’Oms la controffensiva. Questioni di mesi. Se anzichè ad aprile il rischio si fosse evidenziato a febbraio quasi certamente ci sarebbe stato il tempo di intervenire massicciamente e anche la percezione di questa influenza sarebbe stata molto meno pesante».
CATANIA. «Il vaccino è un problema? Ma quando mai. Il problema è che ancora di dosi ce ne sono troppo poche per soddisfare tutte le esigenze e tutte le richieste. Ogni altra diffidenza, ogni perplessità è assolutamente ingiustificata».
Il dott. Mario Cuccia è un esperto epidemiologo dell’Asp 3 di Catania, uno che, per capirci, studia i vaccini, le conseguenze dopo le somministrazioni, gli eventuali rischi, le controindicazioni sin da quando era all’Università e il capitolo vaccini occupava, allora, appena una paginetta. Oggi, non per caso, anche all’Università si studiano interi volumi sull’argomento, e Mario Cuccia è richiestissimo in Italia e all’estero per studiare, approfondire, capire e spiegare. E’ un medico, ovviamente, e partendo da questa ovvietà cerchiamo di capire perché i primi ad essere restii a sottoporsi alla vaccinazione, nonostante il rischio pandemia, siano proprio i medici, come testimoniano i dati che arrivano da molti ospedali siciliani. Il mistero sta in una parola: squalene. E che sarà mai?
«Lo squalene - spiega il dott. Cuccia - è un lipide che serve a potenziare le risposte immunitarie e che viene utilizzato in vaccini per l’uomo già dagli anni ’90. Attorno a questa sostanza, al suo utilizzo e alle eventuali conseguenze, in passato c’è stato qualche equivoco, qualche interpretazione sbagliata, peraltro smentita, successivamente, da approfonditi studi e valutazioni scientifiche. I vaccini rinforzati con lo squalene sono assolutamente sicuri al punto che questa sostanza è contenuta già nel Fluad, vaccino normalmente utilizzato ed abbondantemente testato su pazienti over 65, ma che ormai da anni è anche somministrato a pazienti a partire dai 12 anni in su. Per questo le perplessità sull’utilizzazione del vaccino per l’H1N1 sono assolutamente infondate, anche se ci sono alcuni elementi che possono avere comprensibilmente destato qualche perplessità».
Intanto aggiungiamo che questo vaccino lo ha ideato, giusto come curiosità, un italiano, il ricercatore Gino Rappuoli, che è un’autorità mondiale del settore e che appena sei mesi fa negli Usa è stato insignito del premio Sabin. Poi, spiega il dott. Cuccia, se sono state avanzate perplessità legate alla fase di sperimentazione, è perché non è stato ben spiegato che ci troviamo di fronte ad un vaccino che ha avuto una corsia privilegiata per ottenere l’autorizzazione, è vero, ma è stato possibile perché si partiva da un dato di fatto abbondantemente assodato.
«Questo vaccino è gemello di quello già sperimentato ed utilizzato per l’aviaria, ecco perché è stato possibile arrivare all’autorizzazione per la sua immissione nel mercato in tempi assai rapidi e dopo una serie di test più limitati rispetto a quelli fatti per il precedente vaccino. Lo squalene c’è anche in quel farmaco ed è stato scientificamente provato che questa sostanza garantisce al vaccino più qualità protettiva, ma anche maggiore quantità, perché consente di allargare l’antagonismo del farmaco anche ad eventuali piccole variazioni del virus. Ripeto piccole, ma è importante considerato, appunto, la tipologia di virus di cui stiamo parlando».
Insomma lo squalene per cercare di arginare il virus H1N1 in sue piccole variazioni, anche perché già nel luglio del 2006 l’Oms scrisse nel suo bollettino che questa sostanza non creava problemi e che non c’era rapporto con ciò che avevano patito alcuni soldati americani affetti da sindrome del Golfo. Per aggiungere qualche cifra, allora, diciamo che in provincia di Catania negli ultimi sei anni sono state somministrate almeno 500 mila dosi di questo vaccino. Ma la paura resta, più forte di quella di beccarsi l’influenza. «C’è anche la componente della formalizzazione della richiesta del consenso - spiega il dott. Cuccia - che non riesco a spiegarmi perché sia stata inserita dal Ministero nel protocollo, ma che, certamente, suscita una certa impressione».
Così alle Asp tocca oggi formare ed informare i medici, che a loro volta devono sensibilizzare i soggetti a rischio: «Il fatto è che per evitare la pandemia si dovrebbe vaccinare tutta la popolazione, ma, ripeto, c’è il problema della mancanza del vaccino.
Perché l’allarme è scattato tardi e tardi è partita dall’Oms la controffensiva. Questioni di mesi. Se anzichè ad aprile il rischio si fosse evidenziato a febbraio quasi certamente ci sarebbe stato il tempo di intervenire massicciamente e anche la percezione di questa influenza sarebbe stata molto meno pesante».
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