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Vaccino, l'obiezione dei medici di base. "Solo 1 su 2 lo somministra ai pazienti".
ROMA. Metà dei medici di famiglia italiani non vogliono vaccinare i loro pazienti contro l'influenza A. La maggior parte delle Regioni fa da sola, nei presidi territoriali delle Asl, senza l'aiuto di chi più di chiunque altro ha il polso dello stato di salute dei cittadini. Il dato arriva dalla Fimmg, l'organizzazione di categoria più rappresentativa, dove allargano le braccia.
«In certi casi sono gli amministratori a non coinvolgerci, penso al Veneto e alla Lombardia. Tra le grandi Regioni praticamente solo la Toscana ha concluso un accordo con noi». A parlare è Fiorenzo Corti portavoce del sindacato e responsabile della Lombardia. In realtà è riuscita in parte in una operazione simile anche l'Emilia. Dopo alcuni giorni di difficoltà si è deciso di non utilizzare tutti i medici di famiglia (molti dei quali non volevano partecipare all'accordo). «Abbiamo bisogno solo di chi fa le vaccinazioni in ambulatori con più professionisti - spiega l'assessore emiliano Giovanni Bissoni - E quindi ha un'organizzazione in grado di affrontare al meglio la campagna».
I medici di famiglia non vaccinano e non si vaccinano, ma vanno meglio di chi lavora in ospedale. «In base a un sondaggio che abbiamo fatto al nostro congresso - spiega sempre Corti - circa il 40% di noi vuole iniettarsi l'antidoto per proteggersi dal virus H1N1. Comunque un dato triplo dei colleghi ospedalieri». Se le intenzioni dei camici bianchi sono queste, non ci si stupisce dell'andamento della vaccinazione fino ad ora. Secondo i dati ufficiali dell'Istituto superiore di sanità, al primo novembre erano state iniettate circa 41mila dosi delle oltre un milione consegnate.
Ad essere coinvolto per primo nella campagna era stato proprio il personale sanitario, quasi un mese fa. Ebbene il primo novembre erano stati vaccinati il 4,29% dei medici e infermieri italiani, tra cui spiccano i 56 del Lazio e i 222 della Puglia. Va detto che l'Emilia Romagna, malgrado le difficoltà con i dottori del territorio, è tra le Regioni dove la campagna va meglio.
Ma perché i medici di famiglia non vogliono vaccinare?
«Non è solo una questione di volontà, molte volte non possono - dice sempre Corti - In questo periodo abbiamo un sovraccarico di lavoro, per un problema che suscita un allarme in una certa misura ingiustificato. Abbiamo da fare visite, rassicurare per telefono i nostri pazienti. Corriamo da una parte all'altra. Comunque noi in Lombardia abbiamo dato disponibilità a dare una mano alla Regione, come facciamo già per il vaccino dell'influenza stagionale». Anche il responsabile del sindacato dei pediatri, la Fimp, Giuseppe Mele, spiega che i suoi colleghi sono pronti a collaborare con le amministrazioni locali: «In moolte realtà non hanno chiesto il nostro aiuto. Certo, se tutto veniva orchestrato meglio a livello centrale non ci trovavamo in questa situazione. Noi avevamo chiesto al Governo di fare un accordo nazionale con pediatri e i medici di famiglia». Sulla stessa linea era stato il coordinatore degli assessori alla sanità, il toscano Enrico Rossi: «Io lo proposto fin da subito al viceministro Fazio di fare della vaccinazione da parte dei medici del territorio un tema di gestione nazionale - spiega- Non hanno dato ascolto a me e ai sindacati ed ecco i risultati. Spero che la vaccinazione nazionale in questo modo non venga messa a rischio. Quando ho capito che a Roma non si sarebbe concluso nulla ho fatto l'accordo nella mia Regione. Alla vaccinazione partecipano tutti i medici di famiglia e i pediatri, che voglio ringraziare pubblicamente».
«In certi casi sono gli amministratori a non coinvolgerci, penso al Veneto e alla Lombardia. Tra le grandi Regioni praticamente solo la Toscana ha concluso un accordo con noi». A parlare è Fiorenzo Corti portavoce del sindacato e responsabile della Lombardia. In realtà è riuscita in parte in una operazione simile anche l'Emilia. Dopo alcuni giorni di difficoltà si è deciso di non utilizzare tutti i medici di famiglia (molti dei quali non volevano partecipare all'accordo). «Abbiamo bisogno solo di chi fa le vaccinazioni in ambulatori con più professionisti - spiega l'assessore emiliano Giovanni Bissoni - E quindi ha un'organizzazione in grado di affrontare al meglio la campagna».
I medici di famiglia non vaccinano e non si vaccinano, ma vanno meglio di chi lavora in ospedale. «In base a un sondaggio che abbiamo fatto al nostro congresso - spiega sempre Corti - circa il 40% di noi vuole iniettarsi l'antidoto per proteggersi dal virus H1N1. Comunque un dato triplo dei colleghi ospedalieri». Se le intenzioni dei camici bianchi sono queste, non ci si stupisce dell'andamento della vaccinazione fino ad ora. Secondo i dati ufficiali dell'Istituto superiore di sanità, al primo novembre erano state iniettate circa 41mila dosi delle oltre un milione consegnate.
Ad essere coinvolto per primo nella campagna era stato proprio il personale sanitario, quasi un mese fa. Ebbene il primo novembre erano stati vaccinati il 4,29% dei medici e infermieri italiani, tra cui spiccano i 56 del Lazio e i 222 della Puglia. Va detto che l'Emilia Romagna, malgrado le difficoltà con i dottori del territorio, è tra le Regioni dove la campagna va meglio.
Ma perché i medici di famiglia non vogliono vaccinare?
«Non è solo una questione di volontà, molte volte non possono - dice sempre Corti - In questo periodo abbiamo un sovraccarico di lavoro, per un problema che suscita un allarme in una certa misura ingiustificato. Abbiamo da fare visite, rassicurare per telefono i nostri pazienti. Corriamo da una parte all'altra. Comunque noi in Lombardia abbiamo dato disponibilità a dare una mano alla Regione, come facciamo già per il vaccino dell'influenza stagionale». Anche il responsabile del sindacato dei pediatri, la Fimp, Giuseppe Mele, spiega che i suoi colleghi sono pronti a collaborare con le amministrazioni locali: «In moolte realtà non hanno chiesto il nostro aiuto. Certo, se tutto veniva orchestrato meglio a livello centrale non ci trovavamo in questa situazione. Noi avevamo chiesto al Governo di fare un accordo nazionale con pediatri e i medici di famiglia». Sulla stessa linea era stato il coordinatore degli assessori alla sanità, il toscano Enrico Rossi: «Io lo proposto fin da subito al viceministro Fazio di fare della vaccinazione da parte dei medici del territorio un tema di gestione nazionale - spiega- Non hanno dato ascolto a me e ai sindacati ed ecco i risultati. Spero che la vaccinazione nazionale in questo modo non venga messa a rischio. Quando ho capito che a Roma non si sarebbe concluso nulla ho fatto l'accordo nella mia Regione. Alla vaccinazione partecipano tutti i medici di famiglia e i pediatri, che voglio ringraziare pubblicamente».
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