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L'INTERVISTA. La presidente dell'Aiop: «Non ci spaventa il confronto con le strutture pubbliche».
La Cittadini: Pronto soccorso anche in case di cura private
«Il rischio clinico si può ridurre investendo massicciamente sulla formazione professionale». «Vogliamo tagliare le attività inappropriate che costano inutilmente alla Regione».
CATANIA. «Usciamo da una fase delicata, quella dell'emergenza e del Piano regionale di rientro. Le aziende private sanitarie hanno sposato la filosofia del Piano assicurando, peraltro, un contributo non indifferente in termini di tagli: ben 150 milioni di euro in tre anni. Ora, però, sollecitiamo programmazione, regole e controlli. E siamo pronti alla sfida della competizione».
Barbara Cittadini con il «suo» direttivo dell'Aiop siciliana, l'Associazione ospedalità privata di cui è presidente, è da ieri in terra d'Etna. A Viagrande, alle porte di Catania, l'Istituto oncologico del Mediterraneo - «una struttura d'eccellenza, come altre nell'Isola, che abbiamo scelto non a caso» - ospita ancora oggi il corso di aggiornamento su «Rischio clinico e sistema qualità, modelli organizzativi» alla presenza dei vertici Aiop al completo.
Case di cura e ospedali, privato e pubblico, vengono spesso rappresentati come antagonisti. È sempre così?
«Non abbiamo mai ragionato in termini di contrapposizione, possono anzi esservi sinergie virtuose a vantaggio della popolazione. Ci vengano dati standard qualitativi elevati, ma sia anche riconosciuta una dignità conquistata sul campo. Non ci spaventa il confronto, anzi chiediamo da tempo che venga autorizzata alle nostre strutture l'apertura di Pronto soccorso e Terapie intensive».
Lei, che è pure vicepresidente di Confindustria Sicilia, ha definito ormai superata la fase dell'emergenza nella Sanità isolana. E adesso, che stagione si apre?
«Facciamo nostri gli obiettivi ministeriali di riduzione dell'attività inappropriata e del rischio clinico. L'Associazione vuole stimolare e guidare gli imprenditori affinchè siano permeati di liceità tutti i comportamenti in azienda e si persegua il miglioramento continuo della qualità dei servizi erogati. Il che significa intervenire sull'aspetto organizzativo e gestionale, oltre che su quello sanitario».
A proposito di rischio clinico: che si può fare?
«Abbiamo assistito a tanti drammi, come il recente errore di trasfusione (il caso di presunta malasanità all'ospedale di Mussomeli costato la vita a un anziano nisseno, n.d.r.). Non è possibile azzerare il rischio, ma si può ridurre adottando tutte le procedure necessarie e soprattutto investendo sulla formazione professionale. Così come è necessario ridurre l'attività inappropriata che costa alla Regione e occupa inutilmente posti letto».
Barbara Cittadini con il «suo» direttivo dell'Aiop siciliana, l'Associazione ospedalità privata di cui è presidente, è da ieri in terra d'Etna. A Viagrande, alle porte di Catania, l'Istituto oncologico del Mediterraneo - «una struttura d'eccellenza, come altre nell'Isola, che abbiamo scelto non a caso» - ospita ancora oggi il corso di aggiornamento su «Rischio clinico e sistema qualità, modelli organizzativi» alla presenza dei vertici Aiop al completo.
Case di cura e ospedali, privato e pubblico, vengono spesso rappresentati come antagonisti. È sempre così?
«Non abbiamo mai ragionato in termini di contrapposizione, possono anzi esservi sinergie virtuose a vantaggio della popolazione. Ci vengano dati standard qualitativi elevati, ma sia anche riconosciuta una dignità conquistata sul campo. Non ci spaventa il confronto, anzi chiediamo da tempo che venga autorizzata alle nostre strutture l'apertura di Pronto soccorso e Terapie intensive».
Lei, che è pure vicepresidente di Confindustria Sicilia, ha definito ormai superata la fase dell'emergenza nella Sanità isolana. E adesso, che stagione si apre?
«Facciamo nostri gli obiettivi ministeriali di riduzione dell'attività inappropriata e del rischio clinico. L'Associazione vuole stimolare e guidare gli imprenditori affinchè siano permeati di liceità tutti i comportamenti in azienda e si persegua il miglioramento continuo della qualità dei servizi erogati. Il che significa intervenire sull'aspetto organizzativo e gestionale, oltre che su quello sanitario».
A proposito di rischio clinico: che si può fare?
«Abbiamo assistito a tanti drammi, come il recente errore di trasfusione (il caso di presunta malasanità all'ospedale di Mussomeli costato la vita a un anziano nisseno, n.d.r.). Non è possibile azzerare il rischio, ma si può ridurre adottando tutte le procedure necessarie e soprattutto investendo sulla formazione professionale. Così come è necessario ridurre l'attività inappropriata che costa alla Regione e occupa inutilmente posti letto».
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