Il 118 salva tante vite: si può fare di più, specialmente in Sicilia
09 settembre 2009 21:01
Con il D.P.R. del 27 marzo 1992: ”Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza”, sono stati stabiliti i livelli di assistenza sanitaria, ovvero un insieme di servizi e prestazioni uniformi in tutta Italia. Si dava così inizio alla istituzione del Sistema di Urgenza-Emergenza Sanitario, la cui organizzazione è affidata alle Regioni, articolato in due ambiti che, nelle condizioni ottimali, sono strettamente connessi tra loro.
Il primo ambito è costituito dal Sistema di Allarme Sanitario, ovvero il servizio prestato dal 118 propriamente detto, che fa riferimento a quel numero unico telefonico nazionale che permette di attivare l’emergenza-urgenza sanitaria sul territorio.
Il secondo ambito è costituito dal Sistema di Accettazione e di Emergenza Sanitaria, che si articola nell’insieme delle strutture ospedaliere pubbliche e accreditate che hanno la capacità e la possibilità di svolgere attività clinica nei casi di emergenza, cioè nel malato in fase acuta: in parole povere, i Pronto Soccorso.
Il “Sistema 118” è sostanzialmente un insieme di strutture strettamente coordinate tra loro che hanno un solo ed esclusivo scopo istituzionale: il ripristino delle condizioni di salute del cittadino malato colpito da un evento patologico acuto, sia esso di natura medica che di natura chirurgico-traumatica. Lo scopo è quello di fornire al cittadino una risposta rapida, efficiente ed efficace, alle proprie esigenze sanitarie.
Queste erano le intenzioni, nei limiti delle risorse disponibili: s’intende.
Il sistema ha raggiunto livelli di efficienza elevati e con costi relativamente contenuti in molte regioni italiane, mentre in altre, è doloroso ammetterlo, è diventato una inesauribile fonte di sprechi e di clientele, dimenticando quello che era lo scopo primario che aveva portato alla sua istituzione: il servizio al cittadino che si trova colpito da una patologia acuta.
Il Sistema di Allarme Sanitario, cioè il 118 propriamente detto e comunemente conosciuto, è costituito a sua volta da due parti strettamente connesse tra loro: la Centrale Operativa e i mezzi ed il personale dispiegati sul territorio, che possono essere:
- Continuità Assistenziale: deve essere posta sotto la gestione delle Centrali Operative del 118.
- Automedica: fornita di un equipaggio di 2 (Medico ed Infermiere 118, ed uno dei due guida il mezzo) o di 3 persone (Medico ed Infermiere 118 ed autista soccorritore). È utile quando le condizioni ambientali non permettono l’arrivo dell’ambulanza direttamente sul luogo dell’intervento.
- MSA o Ambulanza Medicalizzata: fornita di un equipaggio di almeno 4 persone (Medico ed Infermiere 118 , autista soccorritore e barelliere soccorritore). E’ il mezzo utile per eccellenza per il servizio
- MSB o Ambulanza di Base: fornita di un equipaggio costituito da un autista ed un barelliere soccorritori
- MSI o Ambulanza INDIA: fornita di equipaggio costituito da autista e barelliere soccorritori e di Infermiere 118.
- Eliambulanza
Per l’efficienza del sistema 118, è rilevante il ruolo delle Centrali Operative. Di esse dovrebbe esserne istituita una per ogni territorio provinciale, o una in comune quando si tratta di province con un territorio che, essendo di piccola estensione o con un numero limitato di comuni, si prestano ad essere accorpati nella gestione.
Tale destinazione deve essere coerente con il censimento dei posti letto presenti nelle Aree Critiche degli ospedali di competenza territoriale, ed essendo la Sicilia carente di Aree Critiche (le Aree Critiche Ospedaliere sono composte da: Pronto Soccorso di II livello, Rianimazione, Unità Coronarica, Medicina d’urgenza, Chirurgia d’Urgenza) deve essere in grado di dare un indirizzo preciso dove inviare il paziente una volta stabilizzato dal Pronto Soccorso del territorio in relazione alle sue necessità di cura successive.
Inoltre deve avere il controllo completo delle diverse tipologie di intervento e dei mezzi da inviare. Quindi essere in grado di allertare il Medico della Continuità Assistenziale (ex Guardia Medica) quando l’operatore di Centrale Operativa individua la patologia come una “non emergenza” (codice bianco); inviare una ambulanza MSB, cioè priva di medico e di infermiere a bordo ma con un autista ed un barelliere che abbiano acquisite capacità come soccorritori, oppure una MSI (ambulanza INDIA con infermiere 118 a bordo) quando la valutazione di un intervento indica che esso non è una urgenza ma solo una emergenza differibile (codice verde o codici gialli in attesa di intervento della MSA o ambulanza medicalizzata); inviare invece una ambulanza classificata come MSA, o una Automedica quando essa è dispiegata sul territorio, cioè un mezzo fornito a bordo di un medico e di un infermiere, quando l’intervento viene classificato come una emergenza vera o una urgenza indifferibile (codice giallo o codice rosso).
Un ultimo e importante compito della Centrale Operativa è la gestione dell’Elisoccorso, per gli elevati costi che esso presenta, e quindi per l’utilizzo di esso quando effettivamente necessita, cioè nei casi in cui si ravvede che inviare una Eliambulanza è necessario nell’economia dell’intervento e nell’interesse del paziente: ad esempio quando un intervento in una urgenza di un mezzo terrestre necessiterebbe di tempi troppo lunghi.
Ma il compito delle Centrali Operative non si esaurisce solo in quello finora descritto, perché il controllo degli interventi sul territorio da parte della Centrale deve essere totale, dalla partenza del mezzo per il luogo dell’intervento fino al ritorno all’operatività dello stesso. Inoltre i mezzi sul territorio possono essere sempre contattati dalla Centrale per ulteriori indicazioni o, al contrario, possono essere i mezzi operativi a contattare la Centrale per richiedere istruzioni o delucidazioni, in quanto in Centrale oltre al personale infermieristico addestrato, deve essere sempre presente un medico con adeguata esperienza che fornisca delle informazioni, anche medico legali, al personale sul territorio, sempre in base a dei protocolli ben precisi.
Le Centrali Operative inoltre, per la tipologia dei mezzi di comunicazione che esse dovrebbero utilizzare, sia radio, su frequenze dedicate, che telefoniche, assumono importanza fondamentale nella gestione delle grandi emergenze, non solo per i mezzi sanitari ma anche per coordinare gli interventi del sistema della Protezione Civile: maxiemergenze ed emergenze ambientali.
Ma il Sistema di Urgenza-Emergenza Sanitario ricordiamo che è costituito dalla parte strettamente territoriale, cioè dal Sistema di Accettazione e di Emergenza Sanitaria. Come deve esistere una strettissima connessione tra le due parti, Centrale Operativa e Mezzi sul territorio, del Sistema di Allarme Sanitario, la connessione deve essere ancora più stretta tra quest’ultimo ed il Sistema di Accettazione e di Emergenza Sanitaria.
Se il personale di turno responsabile del funzionamento della Centrale Operativa non ha piena coscienza e controllo della ricettività dell’urgenza sul territorio, e nei territori limitrofi o contigui, e delle capacità che le strutture ospedaliere del territorio hanno di risolvere le urgenze intercorrenti, e se il territorio risulta sfornito di strutture ospedaliere idonee, tutto il sistema ha fallito nelle sue finalità.
Un malato, un traumatizzato, un individuo bisognoso di cure avanzate non può rimanere in eterno su una ambulanza. Anzi, su di essa deve rimanere il solo tempo necessario ad essere stabilizzato, quando questa stabilizzazione è possibile. Lo scopo del personale dell’ambulanza è quello di iniziare a prestare le cure più idonee ed adeguate, cure che debbono essere continuate e completate nel pronto Soccorso più vicino ed adatto allo scopo, che deve essere raggiunto nel più breve tempo possibile.
La Sicilia, per il suo sistema orografico e viario, presenta delle particolari condizioni di difficoltà per una adeguata distribuzione dei mezzi di soccorso sul territorio. Innanzitutto occorre specificare che non occorre dispiegare una armata di ambulanze perché ne bastano un numero adeguato strategicamente distribuito. Spesso il nemico, in questo caso l’urgenza sanitaria, si riesce a battere se, appunto, si ci trova in una posizione adeguata.
Un mezzo del Sistema che viene allertato e impiega troppo tempo per raggiungere il malato in base all’urgenza, o che lo raggiunge in tempo utile e poi non ha le qualità necessarie a soddisfarne le esigenze, è un mezzo assolutamente inutile e quindi uno spreco per la società. Ricordiamoci che per salvare una vita umana non ci sono spese che tengano, ma se questa salvezza viene ottenuta in modo efficiente e con nessun spreco, le risorse risparmiate per quel salvataggio andato a buon fine potranno essere utilizzate negli interventi successivi.
Quindi importanza fondamentale rivestono i tempi di intervento. Tralasciando la descrizione del concetto di golden hour, l’ora d’oro, molto ipotetico, è invece fondamentale che il tempo che dovrebbe impiegare un mezzo per raggiungere l’ammalato con una patologia di urgenza debba essere il più breve possibile. Deve soprattutto essere un tempo utile. Affermare che i tempi brevi di percorrenza rappresentano un buon 50% dell’economia dell’intervento, e quindi un 50% di possibilità in più di salvare una vita, non è affatto azzardato.
Per tale motivo le ambulanze dovrebbero essere medicalizzate e attrezzate allo scopo, e quelle con medico a bordo debbono essere situate a presidio di un territorio ben preciso ed allo stesso tempo con la possibilità di intervenire in tempi accettabili nei territori confinanti, quando le ambulanze medicalizzate di questi siano impegnate in altri interventi e quindi sia necessario intervenire per ulteriori chiamate in un territorio limitrofo momentaneamente sguarnito. E se viene inviato un mezzo non idoneo, per esempio una ambulanza non medicalizzata su una urgenza cardiologica, a svolgere quel compito, l’intervento è stato inutile e si è compiuto un reato nei confronti dell’utente e uno spreco nei confronti della società.
Il personale medico non necessariamente deve essere costituito da specialisti. La capacità del medico sul territorio deve essere primariamente quella di fare una diagnosi quanto più vicina a quella effettiva, ma specialmente deve essere quella di saper individuare la gravità delle condizioni del paziente ed attuare i provvedimenti specifici per il caso, provvedimenti che, spesso, sono codificati da protocolli universalmente stabiliti ed accettati. L’applicazione uniforme di questi protocolli non rende necessaria una specifica qualifica, ma una opportuna conoscenza di essi e di tutta quella manualità che può essere facilmente acquisita con una buona e costante pratica.
Le ambulanze medicalizzate potrebbero essere ulteriormente collegate con le Centrali Operative per mezzo di sistemi di telemedicina, ad esempio mezzi telematici per la trasmissione dell’elettrocardiogramma alla più vicina o alla più attrezzata Unità Coronarica, al fine di rendere più avanzate le possibilità di cura sul territorio.
Il luogo dove l’ambulanza medicalizzata deve essere allocata deve essere equidistante da ogni abitato afferente a quel presidio o, in alternativa, nel centro abitato più popoloso da dove, si teorizza, possa arrivare il maggior numero di richieste di intervento, ed allo stesso tempo non estremamente lontana dall’ospedale più vicino idoneo a ricevere le urgenze. Non si rende un buon servizio all’utenza se l’ambulanza medicalizzata ha la sua postazione in un luogo deciso per soddisfare tutt’altre richieste che alla fine deprimono l’efficienza nella tempistica di intervento del mezzo stesso.
Una ambulanza medicalizzata è un mezzo idoneo per realizzare sul territorio tutte le finalità per cui il Servizio 118 è stato istituito. La loro presenza deve essere appunto distrettuale e deve essere coadiuvata da altri mezzi di soccorso non medicalizzati, che debbono essere impiegati quando la valutazione fatta dalla Centrale Operativa non classifica il possibile intervento come una vera urgenza.
La Sicilia nei tempi passati ha organizzato dei corsi per abilitare i medici della Continuità Assistenziale al 118. Poiché il Servizio nella regione tardava ad essere istituito, molti di essi, intenzionati ad intraprendere questa importante branca della medicina, si sono dovuti trasferire.
Così la Regione Siciliana , a sue spese, ha fornito tante altre regioni di professionisti idonei senza che queste abbiano speso un centesimo per istruirli nel compito che li attendeva, limitandosi semplicemente a migliorare la loro preparazione pratica, ma non perché essi fossero carenti, ma per seguire la normale routine culturale di aggiornamento e miglioramento delle proprie conoscenze e capacità, che deve effettuare ogni medico addetto al Servizio.
Sarebbe opportuno che venissero istituite altre Centrali Operative rendendo autonome le province con maggiore estensione territoriale o con maggiore presenza demografica e accorpando le province più piccole. Una localizzazione delle Centrali operative a livello provinciale potrebbe essere la seguente: Agrigento, Palermo, Catania, Messina e Trapani con delle centrali dedicate per ognuna di esse, mentre Caltanissetta-Enna e Siracusa-Ragusa potrebbero avere delle centrali in comune.
Ma l’ambulanza, pur se medicalizzata, non è un luogo di degenza. Essa dovrebbe soddisfare alla condizione primaria della precocità delle cure, ma occorre allo stesso tempo che sia adeguatamente collegata ad una rete territoriale di Pronto Soccorso atti a sopperire in maniera rapida alla continuazione di quelle cura già precocemente iniziate sul mezzo mobile, siano esse mediche che chirurgiche.
La necessità attuale della Regione Siciliana è quella di attuare una politica di risparmio e di razionalizzazione della spesa sanitaria. Ma questa politica non può, dopo anni di sprechi, colpire le esigenze di base dell’utenza con la chiusura indiscriminata di tutti i nosocomi periferici. In Sicilia, paradossalmente, si può usufruire della possibilità di un trapianto di organo in un Istituto di eccelsa qualità, disponibilità dell’organo permettendo, ma non delle cure immediate nel caso di trauma presso un Pronto Soccorso adeguatamente attrezzato e opportunamente localizzato, come dimostrato da recenti fatti di cronaca.
Per tale motivo occorre che al cittadino venga assicurata una condizione essenziale: la possibilità di ricevere, in caso di acuto bisogno, le cure più rapide, più idonee a salvare la sua vita ed a permetterne, quando possibile, il ripristino delle condizioni di salute. È questa la necessità dei siciliani. In una popolazione che si invecchia progressivamente, vuoi per il minore tasso di nascita vuoi per la grave ripresa dell’emigrazione giovanile, le necessità sono quelle di assicurare la tutela sanitaria della popolazione che gradualmente invecchia con le patologie che la contraddistinguono caratterizzate o da eventi acuti o dalla cronicità.
Le strutture ospedaliere non vanno chiuse ma riconvertite in una qualità ambivalente necessaria, Aree Critiche e Aree di Lungodegenza, opportunamente distribuite nel territorio dove un Sistema 118 efficiente provvede all’estensione delle cure fino al domicilio del paziente o nel luogo dove si verifica un trauma e trasporta il malato o il traumatizzato nella struttura idonea vicina.
Un altro importante momento evolutivo del Sistema 118 in Sicilia potrebbe essere l’istituzione di una capillare rete di volontariato. Ogni paese potrebbe avere un gruppo di volontari preparati ad effettuare un primo soccorso, come ad esempio iniziare una RCP (rianimazione cardiopolmonare), magari forniti di un defibrillatore tipo DAE (defibrillatore di tipo semiautomatico) che richiede l’applicazione di due soli elettrodi sul paziente e che, con una guida vocale, fornisce ai soccorritori le indicazioni se procedere ad una defibrillazione elettrica o se continuare con il massaggio cardiaco nei casi di arresto del cuore. L’inizio precoce di queste semplici manovre spesso può significare il salvataggio di una vita umana e permette di prevenire il danno anossico cerebrale, ancor prima che arrivi una ambulanza sul posto. Questi volontari potrebbero essere coadiuvati da un medico di base di giorno e dal medico della Continuità Assistenziale, dove questa è presente, di notte.
Per migliorare la legislazione sull'utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero e da parte di soccorritori occasionali laici, sono state presentate delle richieste di modifica all’attuale legge del 3 aprile 2001, n° 120 addirittura dalla Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, al fine di consentire un maggiore sviluppo e diffusione delle conoscenze del BLS (Basic Life Support, supporto vitale di base) fra la popolazione, ricordando che la morte cardiaca improvvisa rappresenta il 20% di tutte le morti registrate nel mondo occidentale.
Ciò ha portato le società scientifiche internazionali a definire linee guida di comportamento comuni per promuovere la diffusione nella popolazione delle tecniche di BLS (massaggio cardiaco e ventilazione) e della defibrillazione precoce con apparecchi semiautomatici. I soccorritori laici occasionali, senza preparazione specifica alla RCP, debbono comunque garantire l’attivazione del servizio di emergenza 118. Ma quasi mai ciò è sufficiente. La probabilità di sopravvivenza in attesa del Sistema 118 è molto bassa e si riduce del 10% ogni minuto che passa fino a raggiungere lo 0% dopo 10 minuti.
Per questo è necessario promuovere il volontariato verso questa direzione. Un aiuto da parte dei laici, come avviene in molte regioni dove i soccorritori sono gente comune che smessa la normale occupazione, impiegano buona parte del loro tempo libero per aiutare il prossimo, aderendo come volontari alle varie associazioni e frequentando corsi specifici di BLS e di defibrillazione precoce con il DAE, permetterebbe un miglioramento notevole delle statistiche degli interventi del 118. Il che rappresenterebbe un notevole risparmio anche economico oltre che di vite umane.
Salvatore Antonio Pizzuto Antinoro
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