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"All'inizio a Roma non eravamo ritenuti affidabili. Lombardo? E' stato di parola".
ORA mi godo il mare, quello vero, dopo avere affrontato il mare aperto tutti i giorni». Il riposo del "guerriero" Massimo Russo, in pausa premio nel week-end in un lido nel messinese, non durerà assai. L'ex magistrato antimafia che ha rivoltato la sanità siciliana al collasso, riducendo in un anno la spesa di 380 milioni di euro, ed evitando alla Sicilia l'onta del commissariamento, prepara il suo secondo colpo per raddrizzare il disastrato sistema sanitario: l'opera di riconversione delle aziende, con un taglio da 29 a 17, rivoluzione che parte il primo settembre.
Assessore Russo, il suo piano di risanamento è riuscito a far rientrare il deficit e a evitare il conunissariamento, scattato invece in Campania e in Molise. Si sente più sollevato?
«Sono soddisfatto. È un riconoscimento per tutti i siciliani che hanno creduto in una politica di serietà, rigore, lealtà».
Da "tecnico" voluto da Lombardo ha trovato in eredità un buco che metteva a rischio il bilancio della Regione.
«La situazione era disastrosa. Mi sono mosso sapendo di dover dettare regole e farle rispettare. Regole che erano i comportamenti imposti dallo Stato per il piano di rientro».
Quanto ha contato il suo passato da Pm?
«Mi ha dato credibilità. È scomparsa la folla di clientes che veniva a bussare. Non potevano più farlo. Ho chiuso le porte col passato ma ho aperto le finestre per fare entrare aria nuova».
Quando si è insediato, il 7 giugno 2008, dicevano che avrebbe resistito un paio di mesi.
«Molti hanno brigato perché desistessi. Da quando ho iniziato a partecipare ai tavoli ministeriali il giudizio sul nostro sistema sanitario era più che negativo. Eravamo considerati inaffidabili, non rispettosi dei patti, con i provvedimenti che venivano invalidati. Ho subito capito come fare e con chi».
Ha dovuto rinnovare gli uomini dello staff?
«Sapevo benissimo di essere un assessore e non un Mandrake. Avevo bisogno di persone che condividessero progetti e obiettivi. La struttura era da cambiare. Non condividevo la metodologia di lavoro. Ho messo su un gabinetto straordinario di venti persone. Se oggi devo ringraziare qualcuno è questa squadra».
Il riordino del caos-sanità da dove è partito?
«Dal tetto di spesa per i privati. In un anno abbiamo tagliato 100 milioni di euro. Un successo che condivido con i sindacati. I privati alla fine hanno accettato il nuovo indirizzo. La linea di fermezza del ministero è stata un propellente per mutare atteggiamento: non era più il tempo di andare a Roma a elemosinare e a chiedere sconti per le nostre deficienze».
O tagli o commissariamento. È andata così?
«In parte. Perl'ospedalizzaZione spendiamo molto più di quanto si offre e mandiamo i pazienti a curarsi altrove. Lo sforzo è stato anche liberare risorse e energie professionali. Ho patito a volte la scarsa collaborazione delle strutture sanitarie. Ma tante persone perbene hanno creduto nel cambiamento».
Da magistrato, dall'altraparte della barricata, come ha lottato contro il malaffare?
«Mostrando i vantaggi economici della legalità, combattendo le criticità alla base del malaffare. Il risparmio con le gare per l'acquisto di farmaci è stato un esempio. Anche la riduzione dei ricoveri: non è pensabile che la gente porti in ospedale i suoi lenzuoli da casa. Non ho aperto processi, ho risposto con i fatti. La classe medica sta cambiando. Ma ancora medici e infermieri per non fare le notti accusano deficit e handicap di tutti i tipi».
I suoi rapporti con Lombardo?
«Pur in mezzo alla tempesta ha mantenuto fede con determinazione alla promessa di risanare i conti. Sono stato l'unico assessore subito riconfermato dopo l'azzeramento».
Da chi si è sentito ostacolato tra i politici?
«Dai deputati dell'Udc. Cuffaro diceva che io avrei potuto fare assessore alla Giustizia della Regione. Forse ho deluso le sue aspettative. Il senatore D'Alì, della maggioranza di cui fa parte Sacconi, ha presentato una interrogazione schizofrenica che andava contro la politica di bonifica chiesta dal ministro».
E il rapporto con l'opposizione?
«Col Pd c'è stato un rapporto costruttivo nel passaggio della legge di riforma».
Che ne pensa del partito del Sud?
«Dico assolutamente sì a un partito del Sud che abbia la lotta alla mafia alla base di ogni rivendicazione. E che trasversalmente pone l'esigenza di un'analisi sulle disparità tra Nord e Sud».
La sua toga è nell'armadio. Ma come guarda ai passi avanti nelle inchieste sulle stragi?
«Con l'occhio di chi capisce perfettamente e l'animo di chi partecipa emotivamente come magistrato e come cittadino».
In vista le nuove aziende e il cambio dei manager. Andrà via anche Iacolino, manager dell'Ausl 6, eletto eurodeputato?
«Sì. Al suo posto mi sarei già dimesso... I nuovi direttori verranno selezionati in base ai curriculum».
ORA mi godo il mare, quello vero, dopo avere affrontato il mare aperto tutti i giorni». Il riposo del "guerriero" Massimo Russo, in pausa premio nel week-end in un lido nel messinese, non durerà assai. L'ex magistrato antimafia che ha rivoltato la sanità siciliana al collasso, riducendo in un anno la spesa di 380 milioni di euro, ed evitando alla Sicilia l'onta del commissariamento, prepara il suo secondo colpo per raddrizzare il disastrato sistema sanitario: l'opera di riconversione delle aziende, con un taglio da 29 a 17, rivoluzione che parte il primo settembre.
Assessore Russo, il suo piano di risanamento è riuscito a far rientrare il deficit e a evitare il conunissariamento, scattato invece in Campania e in Molise. Si sente più sollevato?
«Sono soddisfatto. È un riconoscimento per tutti i siciliani che hanno creduto in una politica di serietà, rigore, lealtà».
Da "tecnico" voluto da Lombardo ha trovato in eredità un buco che metteva a rischio il bilancio della Regione.
«La situazione era disastrosa. Mi sono mosso sapendo di dover dettare regole e farle rispettare. Regole che erano i comportamenti imposti dallo Stato per il piano di rientro».
Quanto ha contato il suo passato da Pm?
«Mi ha dato credibilità. È scomparsa la folla di clientes che veniva a bussare. Non potevano più farlo. Ho chiuso le porte col passato ma ho aperto le finestre per fare entrare aria nuova».
Quando si è insediato, il 7 giugno 2008, dicevano che avrebbe resistito un paio di mesi.
«Molti hanno brigato perché desistessi. Da quando ho iniziato a partecipare ai tavoli ministeriali il giudizio sul nostro sistema sanitario era più che negativo. Eravamo considerati inaffidabili, non rispettosi dei patti, con i provvedimenti che venivano invalidati. Ho subito capito come fare e con chi».
Ha dovuto rinnovare gli uomini dello staff?
«Sapevo benissimo di essere un assessore e non un Mandrake. Avevo bisogno di persone che condividessero progetti e obiettivi. La struttura era da cambiare. Non condividevo la metodologia di lavoro. Ho messo su un gabinetto straordinario di venti persone. Se oggi devo ringraziare qualcuno è questa squadra».
Il riordino del caos-sanità da dove è partito?
«Dal tetto di spesa per i privati. In un anno abbiamo tagliato 100 milioni di euro. Un successo che condivido con i sindacati. I privati alla fine hanno accettato il nuovo indirizzo. La linea di fermezza del ministero è stata un propellente per mutare atteggiamento: non era più il tempo di andare a Roma a elemosinare e a chiedere sconti per le nostre deficienze».
O tagli o commissariamento. È andata così?
«In parte. Perl'ospedalizzaZione spendiamo molto più di quanto si offre e mandiamo i pazienti a curarsi altrove. Lo sforzo è stato anche liberare risorse e energie professionali. Ho patito a volte la scarsa collaborazione delle strutture sanitarie. Ma tante persone perbene hanno creduto nel cambiamento».
Da magistrato, dall'altraparte della barricata, come ha lottato contro il malaffare?
«Mostrando i vantaggi economici della legalità, combattendo le criticità alla base del malaffare. Il risparmio con le gare per l'acquisto di farmaci è stato un esempio. Anche la riduzione dei ricoveri: non è pensabile che la gente porti in ospedale i suoi lenzuoli da casa. Non ho aperto processi, ho risposto con i fatti. La classe medica sta cambiando. Ma ancora medici e infermieri per non fare le notti accusano deficit e handicap di tutti i tipi».
I suoi rapporti con Lombardo?
«Pur in mezzo alla tempesta ha mantenuto fede con determinazione alla promessa di risanare i conti. Sono stato l'unico assessore subito riconfermato dopo l'azzeramento».
Da chi si è sentito ostacolato tra i politici?
«Dai deputati dell'Udc. Cuffaro diceva che io avrei potuto fare assessore alla Giustizia della Regione. Forse ho deluso le sue aspettative. Il senatore D'Alì, della maggioranza di cui fa parte Sacconi, ha presentato una interrogazione schizofrenica che andava contro la politica di bonifica chiesta dal ministro».
E il rapporto con l'opposizione?
«Col Pd c'è stato un rapporto costruttivo nel passaggio della legge di riforma».
Che ne pensa del partito del Sud?
«Dico assolutamente sì a un partito del Sud che abbia la lotta alla mafia alla base di ogni rivendicazione. E che trasversalmente pone l'esigenza di un'analisi sulle disparità tra Nord e Sud».
La sua toga è nell'armadio. Ma come guarda ai passi avanti nelle inchieste sulle stragi?
«Con l'occhio di chi capisce perfettamente e l'animo di chi partecipa emotivamente come magistrato e come cittadino».
In vista le nuove aziende e il cambio dei manager. Andrà via anche Iacolino, manager dell'Ausl 6, eletto eurodeputato?
«Sì. Al suo posto mi sarei già dimesso... I nuovi direttori verranno selezionati in base ai curriculum».
26.07.2009 | Antonella Romano http://www.medpress.it/rass_stampa/rstampa.php?id=2467 |
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