Raffaele Lombardo,
il neo governatore della Regione
Siciliana (fonte: internet)
07.05.2008 - E' mai possibile dover nuovamente tornare a parlare di tagli alla Sanità in Sicilia, area particolarmente vorace delle già poche disponibilità economiche? E tutto ciò dopo una stagione o durante la quale si sono mobilitati sindaci, paesini, anziani e i medici impiegati sul territorio nelle vecchie guardie mediche?Forse sì. Il cambio delle persone che dirigeranno la presidenza della Regione Sicilia e del comparto della sanità siciliana hanno questa grossa patata da pelare fin dall'inizio del loro insediamento. Ci sono da rivedere i conti, di far quadrare le somme e le sottrazioni, ma soprattutto di evitare che il Paese possa andare incontro a qualche forma di sacrificio che proprio sul piano sanitario si vorrebbe evitare.Del resto, che la politica del controllo degli sprechi sia una cosa positiva è fuor di dubbio, ma ciò che si teme maggiormente è che a pagare sul piano lavorativo da un lato e sul piano dell'assistenza dall'altro sia sempre la parte più debole.Nei giorni scorsi si è riunito il direttivo regionale dello SMI che nel tentativo di porre ordine in una ridda di notizie che si stanno accavallando sulla carta stampata ha dichiarato di mantenere e di proseguire lo stato di agitazione dei medici della continuità assistenziale.I sindacati, non solo lo SMI, ma anche la Fimmg, lo Snami e la CGIL, sono in attesa di poter incontrare il neo presidente della regione, Lombardo, da cui poter conoscere le intenzioni circa la dichiarata volontà di mettere mano alla ridefinizione del piano di rientro.Anche l'emergenza sanitaria tuttavia non gode di buona salute. Da un lato si attende la chiusura di una trentina di postazioni di ambulanze a bassissimo tenore di attività (4-5 uscite al mese!) la cui sopravvivenza non avrebbe alcun senso anche perchè prive di personale sanitario, dall'altro lo SMI richiede con forza la convocazione dei medici dell'emergenza sanitaria territoriale al tavolo regionale per la riorganizzazione del SUES-118. L'accordo regionale per l'emergenza infatti prevede all'art. 4, comma 2 che «entro tre mesi dall'entrata in vigore dell'<...> accordo, viene istituito, con decreto assessoriale, un tavolo tecnico permanente, per la discussione delle problematiche del SUES-118, e lo studio di nuovi modelli organizzativi dell'emergenza». Il tavolo tecnico è uno strumento di fondamentale importanza per il buon funzionamento del servizio perchè consente agli operatori che agiscono sul territorio e che hanno il polso reale della situazione di poter incidere sulle decisioni, anche politiche, da adottare sul piano tecnico-organizzativo.Sul tavolo dunque giace la questione della riorganizzazione del servizio di emergenza-urgenza avendo però cura di non generare nuove forme di spreco. Nella provincia di Messina ad esempio si rischia di creare non pochi problemi di tipo assistenziale con la paventata chiusura dei 14 PTE distribuiti sul territorio per mantenerne solo 5. E' necessario mettere in chiaro alcune cose. Intanto il piano di rientro non prevede di dover operare un taglio al numero di PTE presenti sul territorio, ma si limita a riassumere il numero dei PTE inialmente previsti e comunque in una situazione funziale ottimale: ogni PTE dovrebbe essere dotato di materiale e strumentazione nonché di personale tale da renderli di fatto dei piccoli pronto soccorso, prevedendo fra l'altro la presenza di infermieri e di personale ausiliario. In secondo luogo nelle ambulanze è pur sempre prevista la presenza di personale infermieristico; provvedimento questo finora disatteso per i medici dell'emergenza ma non per le CMR. E in terzo luogo la distribuzione dei PTE sul territorio è stata pensata nei decreti istitutivi del servizio per fronteggiare le situazioni di maggior disagio logistico e organizzativo tipico delle aree montane, con particolare attenzione per quei luoghi ove si era proceduto negli anni passati alla chiusura di ospedali montani o di altre strutture sanitarie similari.Vi è dunque il rischio di generare un doppio danno. Da un lato la messa a pieno regime (secondo legge) anche solo dei PTE previsti dal piano sanitario regionale peserebbe ulteriormente sul bilancio regionale, dall'altro la dislocazione degli stessi senza tener conto della "ratio" con cui i PTE furono pensati creerebbe una forte sperequazione dei livelli minimi di assistenza nelle aree disagiate del territorio siciliano.C'è dunque poco da stare allegri. Il rischio è di spendere di più pensando di risparmiare, con buona pace del "buon padre di famiglia"...
07.05.2008, MEDPress.it
07.05.2008, MEDPress.it
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