
La Cassazione (sezione quarta penale, sentenza n. 12347, depositata lo scorso 20 marzo) si è recentemente occupata della vicenda di una ostetrica, in servizio presso una clinica privata, imputata di lesioni personali colpose gravi in danno di una paziente, assistita nel corso del travaglio di parto.In sede di merito - l’ostetrica era stata condannata sia in primo che in secondo grado - si era ritenuto accertato che l’operatrice si fosse assunta funzioni riservate al personale medico e avesse somministrato alla partoriente farmaci in misura e con modalità incongrue, provocando alla nascitura una grave asfissia con conseguente microcefalia, asimmetria e strabismo.Contro la sentenza di appello aveva proposto ricorso per cassazione la stessa clinica privata in qualità di responsabile civile, deducendo, tra l’altro, che era stata fatta non corretta applicazione del decreto ministeriale 740/1994 (che disciplina le mansioni dell’ostetrica), affermando erroneamente che il Dm inibisse all’ostetrica la possibilità di somministrare farmaci. Inoltre la sentenza impugnata non avrebbe considerato un particolare: nel processo era emerso che il farmaco era stato somministrato da una puericultrice sulla quale l’ostetrica non aveva alcun potere di supremazia gerarchica e che non era credibile la madre della bambina, parte civile, che aveva riferito la somministrazione della terapia farmacologia all’esclusiva determinazione dell’imputata.http://http://www.medpress.it/rass_stampa/rstampa.php?id=878
Nessun commento:
Posta un commento
imposta qui i tuoi commenti