La Sicilia
Ed. del 16.06.2011 - Palermo - pag. 29
Antonio Fiasconaro
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Il Caso. A Villa Sofia false diagnosi per evitare code. Finiscono sotto processo primario e altri medici.
PALERMO - Un chirurgo dell‘ospedale di «Villa Sofia», Luan Maria Maxuni, addirittura cugino di madre Teresa di Calcutta ha scoperto un imbroglio che si consumava da tempo al reparto dove lavora. Oltre al tradizionale «camice verde», il chirurgo ha vestito i panni di James Bond, di agente «007». Grazie ad un registratore nascosto sotto il camice, ha documentato l‘inganno portando alla luce le false diagnosi che venivano documentare per evirare le lunghe liste di attesa nel reparto diretto da Vincenzo Mandalà. Ma cosa ha scoperto il «chirurgo 007»?
Per scavalcare le lunghe liste d’attesa alla Chirurgia di Villa Sofia bastava avere un amico o un medico compiacente al pronto soccorso che truccava il referto d’ingresso segnando una diagnosi gravissima e falsa. Dopo il primo caso, segnalato alla direzione, Luan Maria Maxhuni, ha capito che c'era qualcosa che non andava. Dopo il secondo e terzo caso, ha deciso di sporgere denuncia; Mandalà e i medici Gioacchino Taormina e Giacomo Fabio Cuccia sono finiti sotto processo per falso. Ieri Maxhuni ha deposto al dibattimento. In corso davanti al giudice monocratico Cinzia Nicoletti, l‘indagine ha riguardato anche altri tre sanitari di Villa Sofia che sono stati già condannati a sei mesi pena sospesa col rito abbreviato.
Agli atti del processo, istruito dal pm Amelia Luise e rinviato al prossimo 9 novembre, ci sono anche le registrazioni delle voci dei pazienti fatte da Maxhuni in cui loro stessi dicono di non avere nulla e che era stato Mandalà a dirgli di presentarsi al pronto soccorso garantendogli che sarebbero stati poi portati di corsa in sala operatoria. Maxhuni ieri ha raccontato al giudice: «Ho iniziato ad avere dei dubbi quando é stato ricoverato Francesco Favarò nel settembre 2007. Nella cartella risultava un'ernia grave, ma in verità era facilmente riducibile. Poi ho scoperto che il ricovero era stato chiesto da Mandalà su insistenza del nipote del paziente. Ho informato la denuncia all’amministrazione ma nulla é successo». Poi il secondo caso: stavolta si trattava di Vincenza Di Stefano, ricoverata con diagnosi di enterorragia (perdita di sangue dall’intestino). In quel caso Maxhuni aveva un registratore. «Io veramente non ho avuto niente - dice la donna nella registrazione -. Siccome mi doveva operare Mandalà e non c’erano posti in chirurgia, c’era un posto in chirurgia vascolare e mi hanno messo qua». Per Francesco Di Lorenzo, la diagnosi era di «melena» (sangue nelle feci), che consentì un ricovero ospedaliero urgente. «Ma quando l’ho visitato – ha detto Maxuni — non aveva niente. Lui stesso mi disse “Non perdo sangue”».
Per scavalcare le lunghe liste d’attesa alla Chirurgia di Villa Sofia bastava avere un amico o un medico compiacente al pronto soccorso che truccava il referto d’ingresso segnando una diagnosi gravissima e falsa. Dopo il primo caso, segnalato alla direzione, Luan Maria Maxhuni, ha capito che c'era qualcosa che non andava. Dopo il secondo e terzo caso, ha deciso di sporgere denuncia; Mandalà e i medici Gioacchino Taormina e Giacomo Fabio Cuccia sono finiti sotto processo per falso. Ieri Maxhuni ha deposto al dibattimento. In corso davanti al giudice monocratico Cinzia Nicoletti, l‘indagine ha riguardato anche altri tre sanitari di Villa Sofia che sono stati già condannati a sei mesi pena sospesa col rito abbreviato.
Agli atti del processo, istruito dal pm Amelia Luise e rinviato al prossimo 9 novembre, ci sono anche le registrazioni delle voci dei pazienti fatte da Maxhuni in cui loro stessi dicono di non avere nulla e che era stato Mandalà a dirgli di presentarsi al pronto soccorso garantendogli che sarebbero stati poi portati di corsa in sala operatoria. Maxhuni ieri ha raccontato al giudice: «Ho iniziato ad avere dei dubbi quando é stato ricoverato Francesco Favarò nel settembre 2007. Nella cartella risultava un'ernia grave, ma in verità era facilmente riducibile. Poi ho scoperto che il ricovero era stato chiesto da Mandalà su insistenza del nipote del paziente. Ho informato la denuncia all’amministrazione ma nulla é successo». Poi il secondo caso: stavolta si trattava di Vincenza Di Stefano, ricoverata con diagnosi di enterorragia (perdita di sangue dall’intestino). In quel caso Maxhuni aveva un registratore. «Io veramente non ho avuto niente - dice la donna nella registrazione -. Siccome mi doveva operare Mandalà e non c’erano posti in chirurgia, c’era un posto in chirurgia vascolare e mi hanno messo qua». Per Francesco Di Lorenzo, la diagnosi era di «melena» (sangue nelle feci), che consentì un ricovero ospedaliero urgente. «Ma quando l’ho visitato – ha detto Maxuni — non aveva niente. Lui stesso mi disse “Non perdo sangue”».
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