Alberto Puliafito Reporter, documentarista e regista, ha pubblicato “Croce Rossa” (Aliberti), inchiesta in cui svela “il lato oscuro della virtù”.
Lei descrive la Cri come un ente in grande crisi. Perché?
La Cri sembra un gigante che scricchiola: dimissioni in Lombardia, precari che protestano e occupano il Comitato centrale a Roma, precari in mobilità forzata in Puglia, altri ancora con contratti in scadenza in Lombardia. Una dipendente e un volontario sospesi per aver parlato con Report. Il maresciallo Vincenzo Lo Zito che ha denunciato irregolarità in Abruzzo. Un decreto ingiuntivo da 50milioni di euro che proviene dalla Sicilia, per una vecchia storia intricata, di gestione del 118...
Che cosa è oggi la Croce rossa italiana?
Un ente pubblico che costa ai contribuenti 160 milioni di euro l’anno, quasi tutti spesi tra stipendi (5mila dipendenti tra personale civile, infermieri e dipendenti del Corpo) e mantenimento di 10mila tra ambulanze, autobus e mezzi di soccorso. Nulla va ai 150 mila volontari. E dovrebbe essere un ente indipendente?
Invece?
Invece la Cri è un ente commissariato da due anni e non è la prima volta.
Che ruolo hanno i commissari?
I commissari non sono eletti, ma nominati dal governo. Scelli fu commissario ai tempi di Nassyria, oggi lo ritroviamo in parlamento col PdL, per esempio.
La Cri è sotto il controllo di quattro ministeri (Lavoro, Salute e Politiche Sociali, Economia, Difesa). Non basta questo come garanzia di indipendenza?
Diciamo che da un certo punto di vista, il controllo di così tanti ministeri potrebbe anche garantire una disciplina di gestione virtuosa dell’ente. Ma alla luce di quel che appare, sembrerebbe proprio non essere così. Pensiamo che la Cri gestisce alcuni centri per immigrati. O agli interventi all’estero. Alle trattative per i rapimenti in Iraq (i casi Sgrena, Baldoni, le “due Simone”). Alle dichiarazioni di Alemanno che vorrebbe gestire l’“emergenza rom” dando in gestione i campi alla Cri. E ancora, le convenzioni per il 118, le donazioni. Insomma, c’è un giro di denaro notevole. Oltre ai 160 milioni di euro circa che l’ente riceve annualmente dai 4 ministeri.
La Croce Rossa è la più antica organizzazione umanitaria. In 150 anni di donazioni ha accumulato un patrimonio immobiliare immenso: case, terreni, ville donate da benefattori il cui valore è stimato in 180 milioni di euro. Come è gestita questa ricchezza?
La gestione del patrimonio immobiliare è la più oscura. Di certo è immenso. A volte abbandonato. A volte occupato. Sul libro c’è l’elenco: così ciascuno potrà verificare.
Le donazioni in denaro come vengono gestite?
Sarebbe bello poter dare una risposta concreta e trasparente. Già Paolo Giordano nel suo “Attenti ai buoni” (Mondadori) sottolineava come spesso le raccolte fondi della Cri servissero spesso per coprire buchi di bilancio. È evidente che, dovendo basarsi su rendiconti approvati che risalgono a 5-6 anni fa, è difficile dare una risposta.
Perché lei dubita della trasparenza della Cri?
Quando scopri che l’’ultimo bilancio approvato è quello del 2005, quando scopri che tutto avviene con il meccanismo delle ordinanze, beh allora cominciano a venirti legittimi dubbi.
Che ruolo ha la componente militare della Cri?
In teoria i militari dovrebbero svolgere da un lato compiti amministrativi, dall’altro interventi in aree emergenziali. L’Italia è un’eccezione: generalmente la Croce Rossa, nel mondo, non ha una componente militare. Anche perché le due cose dovrebbero essere incompatibili. Poi ci sono le ispezioni che evidenziano le questioni più assurde. Per esempio: 140 militari impegnati nel centro di reclutamento e mobilitazione. Cosa fanno? Beh, gestiscono nove pratiche a testa all’anno. Di fatto ci sono centinaia di militari stabilizzati all’interno dell’ente senza concorso. Oltre ai militari “precari” richiamati di anno in anno.
Si può parlare di gestione di tipo “industriale” degli aiuti umanitari?
Gli interventi umanitari smuovono capitali immensi, su questo non c’è dubbio. E spesso nascondono anche interessi in politica estera. Si fa leva sui sentimenti, sull’umanità, sulla necessità di aiutare per sentirsi più buoni. Al tempo stesso, schermando qualunque cosa col volto buono del volontario e dell’aiuto ad ogni costo, ci si mette al riparo dalle critiche. Nel caso della Croce rossa c’è anche il modo di dire... “Non sparate sulla Croce rossa”.
Laura Zangarini
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