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E' UNA meravigliosa domenica di neve e sole sull'Etna. Un gruppodi escursionisti partecipa ad un raduno organizzato dal Club Alpino Italiano. lo sono fra questi, ma sono arrivato tardi. Ci troviamo tutti intorno al rifugio di Monte Corva, 1740 metri di quota C'è allegria in giro. D'improvviso arriva un amico con gli sci, frena in mezzo alla piccola folla e cerca aiuto. «Tua sorella sta male», mi dice. Non sapevo che fosse anche lei della partita. Calzo anch'io gli sci e percorro i duecento metri che mi separano da lei. Da solo risalgo il lieve pendio, mi aspetlo di trovarla dolorante per una caduta. Invece il suo corpo è completamente disteso sulla neve: intorno a lei gli amici e il marito - è un medico - sono chini per praticarIe il massaggio cardiaco. Non è un semplice malore. Partono le telefonate per il 118, ma non c'è campo: evidentemente nessun operatore telefonico pensa che valga la pena fare arrivare fin qui il segnale.
Alle 13,24 un amico riesce a prendere fortunosamente la linea e finalmente parliamo con il 118. Comunichiamo che si tratta di un arresto cardiaco, specifichiamo che ci troviamo accanto a Monte Corvo. Si tratta di una indicazione precisa, riportata su tutte le cartine topografiche del vulcano, e noi siamo a un centinaio di metri da quel punto.
Dopo circa venti minuti sentiamo il battere delle ali dell'elicottero. Il velivolo si avvicina verso di noi. La speranza si riaccende. Iniziamo a sbracciarci, abbiamo persino creato una grande H con gli sci, sperando che serva ad identificarci subito. lmmagino il miracolo che si sta avverando grazie ai soccorritori calati dal cielo. Invece l'elicottero, arriva a un chilometro da noi, vira verso Sud, mentre noi continuiamo a sbracciarci inutilmente. Il rumore si attutisce sino a scomparire.
Ma come è possibile? Non riesco a trattenere le lacrime. ll destino di mia sorella è ormai segnato. I telefonini non trovano più quel refolo di linea che ci aveva permesso di dare l'allarme. Arriva un primo componente dalla guardia medica di Piano Provenzana, ma non ha strumenti di rianimazione. Il medico che sta praticando il massaggio cardiaco chiede una fiala di adrenalina. La guardia medica non ce l'ha. Passano ancora minuti preziosi. Qualcuno riesce a riprendere la linea, comunica anche le coordinate Gps alla centrale del 118 per cercare di far tornare indietro l'elicottero, che nel frattempo - come apprenderò più tardi - è andato addirittura a prelevare un componente del soccorso alpino sul versante opposto dell'Etna per utilizzarlo come guida. Nell' era dei satelliti, dei radar, di google-map, l'elisoccorso ha bisogno di qualcuno che lo guidi a vista per trovare un punto segnato su tutte le mappe.
E quei maledetti telefonini continuano a restare muti, quando ormai li senti squillare anche neUe oasi in mezzo al deserto. Nel frattempo sono arrivati i carabinieri, che grazie alle radio si mettono in contatto con il 118. Quando finalmente sento nuovamente lo sbattere delle pale dell'elicottero è passata un'altra mezz'ora. Ci sono voluti cinquanta minuti dalla richiesta di soccorso per coprire pochi minuti di volo.
Ormai non riesco più a coltivare la speranza. Mia sorella non reagisce più. Non mi sbraccio neanche per accogliere un soccorso ormai definitivamente tardivo. Ma rimango lo stesso sconcertato, quando scopro che nella squadra che scende dall' elicottero non c'è un medico, né un'apparecchiatura per la rianimazione.
Alle 14,32 mi arriva dall'ospedale la conferma di quello che avevamo già capilto: mia sorella è morta. Mentre noi aspettavamo i soccorsi. Non ho accuse da muovere a nessuno. Vorrei però che chi ne porta la responsabilità spiegasse quali sono le procedure in Sicilia per portare aiuto in montagna, e sulla base di quali informazioni si muove un elicottero destinato a salvare un infortunato. Affìnché la prossima volta ci possa essere - per chi ha un malore su una montagna siciliana - una speranza in più.
Alle 13,24 un amico riesce a prendere fortunosamente la linea e finalmente parliamo con il 118. Comunichiamo che si tratta di un arresto cardiaco, specifichiamo che ci troviamo accanto a Monte Corvo. Si tratta di una indicazione precisa, riportata su tutte le cartine topografiche del vulcano, e noi siamo a un centinaio di metri da quel punto.
Dopo circa venti minuti sentiamo il battere delle ali dell'elicottero. Il velivolo si avvicina verso di noi. La speranza si riaccende. Iniziamo a sbracciarci, abbiamo persino creato una grande H con gli sci, sperando che serva ad identificarci subito. lmmagino il miracolo che si sta avverando grazie ai soccorritori calati dal cielo. Invece l'elicottero, arriva a un chilometro da noi, vira verso Sud, mentre noi continuiamo a sbracciarci inutilmente. Il rumore si attutisce sino a scomparire.
Ma come è possibile? Non riesco a trattenere le lacrime. ll destino di mia sorella è ormai segnato. I telefonini non trovano più quel refolo di linea che ci aveva permesso di dare l'allarme. Arriva un primo componente dalla guardia medica di Piano Provenzana, ma non ha strumenti di rianimazione. Il medico che sta praticando il massaggio cardiaco chiede una fiala di adrenalina. La guardia medica non ce l'ha. Passano ancora minuti preziosi. Qualcuno riesce a riprendere la linea, comunica anche le coordinate Gps alla centrale del 118 per cercare di far tornare indietro l'elicottero, che nel frattempo - come apprenderò più tardi - è andato addirittura a prelevare un componente del soccorso alpino sul versante opposto dell'Etna per utilizzarlo come guida. Nell' era dei satelliti, dei radar, di google-map, l'elisoccorso ha bisogno di qualcuno che lo guidi a vista per trovare un punto segnato su tutte le mappe.
E quei maledetti telefonini continuano a restare muti, quando ormai li senti squillare anche neUe oasi in mezzo al deserto. Nel frattempo sono arrivati i carabinieri, che grazie alle radio si mettono in contatto con il 118. Quando finalmente sento nuovamente lo sbattere delle pale dell'elicottero è passata un'altra mezz'ora. Ci sono voluti cinquanta minuti dalla richiesta di soccorso per coprire pochi minuti di volo.
Ormai non riesco più a coltivare la speranza. Mia sorella non reagisce più. Non mi sbraccio neanche per accogliere un soccorso ormai definitivamente tardivo. Ma rimango lo stesso sconcertato, quando scopro che nella squadra che scende dall' elicottero non c'è un medico, né un'apparecchiatura per la rianimazione.
Alle 14,32 mi arriva dall'ospedale la conferma di quello che avevamo già capilto: mia sorella è morta. Mentre noi aspettavamo i soccorsi. Non ho accuse da muovere a nessuno. Vorrei però che chi ne porta la responsabilità spiegasse quali sono le procedure in Sicilia per portare aiuto in montagna, e sulla base di quali informazioni si muove un elicottero destinato a salvare un infortunato. Affìnché la prossima volta ci possa essere - per chi ha un malore su una montagna siciliana - una speranza in più.
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