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CATANIA - L'articolata lettera di Francesco Poli, direttore generale dell'ospedale Cannizzaro di Catania, pubblicata ieri, a proposito delle modalità di soccorso di mia sorella, infartuata la scorsa domenica sull'Etna ("Morire aspettando l'elicottero del 118", Repubblica del 18 febbraio), merita almeno qualche ulteriore precisazione.
1) La scarsa visibilità di cui parla il dottor Poli iniziava probabilmente a manitestarsi nella zona da cui proveniva l'elicottero, ma era assolutamente assente nella zona in cui si trovava la povera Teresa, come possono confermare decine di testimoni presenti che hanno visto chiaramente l'avvicinarsi dell'elicottero con perfetta visibilità e il suo improvviso mutare direzione, a dimostrazione della mancanza di informazioni precise fomite al pilota sulla località da raggiungere, malgrado essa fosse stata correttamente recepita dalla centrale operativa («Tra rifugio Citelli e monte Conca»).
2) Non si capisce dalla ricostruzione dove sono sbarcati medico e infermiere: parrebbe
di capire che l'unico atterraggio è avvenuto al rifugio Sapienza, quindi sul versante opposto
dell'Etna. Sono forse stati sbarcati lì a quaranta chilometri di distanza? Francamente non capisco.
3) Alla fine, la lettera del responsabile dell'elisoccorso aggrava la ricostruzione dei fatti, visto che l'allarme era stato lanciato ancor prima della mia telefonata, intorno alle 13, e quindi porta i tempi del soccorso addirittura a un'ora e un quarto, rispetto a pochi minuti di volo. Probabilmente alle 13,16 (ora del primo arrivo dell'elicottero, come riferito dal dottor Poli) con una maggiore conoscenza del territorio in centrale operativa e un'adeguata copertura telefonica (ancora inefficiente malgrado anni di conferenze di servizio tra prefettura, Parco e operatori), c'era ancora la possibilità di salvare una vita umana. Mi pare insomma che ci sia ancora molto da fare per evitare che un infartuato attenda invano l'arrivo del soccorso dal cielo.
1) La scarsa visibilità di cui parla il dottor Poli iniziava probabilmente a manitestarsi nella zona da cui proveniva l'elicottero, ma era assolutamente assente nella zona in cui si trovava la povera Teresa, come possono confermare decine di testimoni presenti che hanno visto chiaramente l'avvicinarsi dell'elicottero con perfetta visibilità e il suo improvviso mutare direzione, a dimostrazione della mancanza di informazioni precise fomite al pilota sulla località da raggiungere, malgrado essa fosse stata correttamente recepita dalla centrale operativa («Tra rifugio Citelli e monte Conca»).
2) Non si capisce dalla ricostruzione dove sono sbarcati medico e infermiere: parrebbe
di capire che l'unico atterraggio è avvenuto al rifugio Sapienza, quindi sul versante opposto
dell'Etna. Sono forse stati sbarcati lì a quaranta chilometri di distanza? Francamente non capisco.
3) Alla fine, la lettera del responsabile dell'elisoccorso aggrava la ricostruzione dei fatti, visto che l'allarme era stato lanciato ancor prima della mia telefonata, intorno alle 13, e quindi porta i tempi del soccorso addirittura a un'ora e un quarto, rispetto a pochi minuti di volo. Probabilmente alle 13,16 (ora del primo arrivo dell'elicottero, come riferito dal dottor Poli) con una maggiore conoscenza del territorio in centrale operativa e un'adeguata copertura telefonica (ancora inefficiente malgrado anni di conferenze di servizio tra prefettura, Parco e operatori), c'era ancora la possibilità di salvare una vita umana. Mi pare insomma che ci sia ancora molto da fare per evitare che un infartuato attenda invano l'arrivo del soccorso dal cielo.
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