“Il licenziamento non può che dirsi illegittimo”: parola del Tribunale di Caltanissetta, che con una sentenza emessa lo scorso 11 ottobre, ha dato ragione a due dei circa trenta lavoratori che hanno fatto ricorso contro il proprio licenziamento da parte della società a partecipazione regionale che gestisce il servizio di emergenza-urgenza 118 (il soccorso sanitario in ambulanza, per intendersi). Nella fase di transizione tra la vecchia e la nuova società, la ‘conditio sine qua non’ posta dai nuovi vertici aziendali era stata la firma dei lavoratori alla rinuncia del pagamento delle ore di lavoro straordinario per le quali si era già prestato servizio all’azienda: è quello che è successo ai circa 3200 lavoratori Sise, la società di emergenza-urgenza della Crocerossa Italiana, messa in liquidazione al 31 dicembre 2009.
Dal primo gennaio 2010, si diceva, è iniziata la fase transitoria tra la vecchia società, gestita appunto da Crocerossa, e la neonata Seus, società partecipata formata per il 51% da azioni della Regione e per il restante 49% dalle Asp e dalle aziende ospedaliere dell’Isola. Sise chiudeva i battenti con un negativo di bilancio da 80 milioni di euro, di cui circa cinquanta milioni in debiti accumulati nei confronti degli autisti soccorritori del 118, che non avevano percepito, per l’appunto, i compensi per gli straordinari accumulati negli anni. Così la neonata Seus disse che avrebbe, sì, assunto i circa 3200 lavoratori, ma a patto che questi ultimi firmassero la rinuncia agli straordinari. Quasi tutti fecero così, accettarono la rinuncia a decine di migliaia di euro in lavoro straordinario già svolto ma mai retribuito e firmarono il nuovo contratto di lavoro.
Una trentina di autisti soccorritori, invece, scelsero la lunga via giudiziaria e non accettarono quello che considerarono “qualcosa di molto simile a un ricatto” come dicono i protagonisti della vicenda. È così che si è arrivati ai ricorsi e alla sentenza del tribunale di Caltanissetta che dichiara illegittimo il licenziamento di due dei trenta lavoratori che hanno presentato ricorso.
Ma c’è di più. La sentenza continua e profila un panorama non poco preoccupante per la Regione Siciliana, maggiore azionista di Seus. Il giudice Sasso cita l’articolo 2112 del codice civile, secondo il quale “in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”. Dunque non si tratterebbe, secondo questa prima sentenza, di nuove assunzioni – ergo la Regione dovrebbe rinunciare agli sgravi contributivi che ne derivano – ma di trasferimento d’azienda, che garantirebbe ai dipendenti “tutti i diritti che ne derivano”.
“Pertanto è configurabile un’ipotesi di trasferimento di azienda – dice il giudice – e non meramente di successione nell’appalto”.
A questo punto bisognerà vedere come andranno gli altri ricorsi che sono già in corso. Bisognerà vedere se altri Tribunali stabiliranno l’illegittimità dei licenziamenti. E se così fosse, il meccanismo dei rimborsi ai lavoratori si fermerebbe ai trenta che non hanno firmato? Oppure varrebbe anche per chi ha già firmato, visto che si parla di trasferimento d’azienda, che garantisce appunto al lavoratore di conservare i propri diritti? La Regione ha quindi ereditato i 50 milioni di euro di debiti da Seus? Infine, se questa prima sentenza dovesse trovare riscontro nelle altre fasi processuali, a quanto ammonteranno gli sgravi contributivi a cui la Regione dovrebbe rinunciare e da quali capitoli di bilancio verranno recuperati ?
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