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MALASANITA'. La lite in sala parto fa esplodere lo scandalo dei medici non autorizzati.
Policlinico degli abusivi
Il manager Pecoraro: «Ci sono dottori estranei ai reparti che curano solo i loro interessi. E un fenomeno Incontrollato». Orlando replica: «Ma lui dov'era». E chiede le dimissioni.
MESSINA - L'assegno di ricerca sarebbe scaduto il 31 agosto. L'Università di Messina glielo ha revocato il giorno prima. Non era la prima volta che il ginecologo Antonio De Vivo assisteva in sala parto donne che nello studio privato di via Ugo Bassi, dotato di apparecchiature ecografiche di ultima generazione, aveva seguito a pagamento per tutta la gravidanza. I registri di sala operatoria del reparto di Ostetricia del Policlinico universitario di Messina ne forniscono una prova incontestabile: il giovane, infatti, figura come primo operatore in tutta una serie di interventi di taglio casareo. "Come ti permetti", lo ha apostrofato il collega Vincenzo Benedetto, medico strutturato di guardia quando si è accorto che il giovane assegnista il 25 agosto aveva predisposto tutto per il cesareo di Laura Salpietro senza avvisarlo delle difficoltà che erano sopraggiunte. Se la furiosa lite che ne è seguita sia stata la causa delle complicanze che hanno portato il bimbo in Terapia intensiva neonatale e la donna all'asportazione d'urgenza dell'utero, lo stabiliranno i due periti nominati dai sostituti della Procura titolari delle indagini, Ada Merrino e Federica Rende. Cinque sono i medici iscritti nel registro degli indagati per lesioni colpose: oltre a Benedetto e De Vivo, il primario Domenico Granese e i due medici che sono intervenuti per l'asportazione dell'utero. Ma "il caso dei medici che litigano mettendo a repentaglio due vite umane" ha calamitato l'attenzione dei media nazionali gettando nella bufera il Policlinico di Messina. Nella giornata di mercoledì i Nas, i nuclei dei carabinieri specializzati in ispezioni igienico sanitarie, su ordine del ministro Ferruccio Fazio hanno iniziato un'ispezione in tutti i 12 padiglioni dell'azienda. Due giorni prima il ministro della Salute Ferruccio Fazio ha accusato: «Queste cose possono succedere solo al sud, in ambienti degradati».
IL PUGNO DI FERRO. Il direttore generale Giuseppe Pecoraro, in sintonia con il ministro, il rettore dell'ateneo Franco Tomasello e l'assessore alla Sanità ha usato il pugno duro: oltre a Vincenzo Benedetto è stato sospeso dall'incarico di primario Granese. «Non doveva consentire che De Vivo svolgesse attività sanitaria: era un assegnista, non poteva agire autonomamente», ha spiegato l'assessore Massimo Russo. Il manager palermitano, alla guida del Policlinico di Messina dall'aprile del 2008, si è lasciato sfuggire: «Esiste al Policlinico un fenomeno incontrollato di medici estranei ai reparti e presenti per curare i loro interessi professionali privati, assicurando con facilità ai pazienti una serie di servizi ospedalieri, dai prelievi di sangue alle ecografie ai ricoveri. Una follia». Leoluca Orlando, presidente della Commissione parlamentare sugli errori sanitari, di rimando, ha dichiarato: «Chi è alla guida di un ospedale da due anni e mezzo non può denunciare fatti così gravi senza spiegare cosa abbia fatto per porvi rimedio. Si valuti la rimozione del manager», ha esortato rivolgendosi all'assessore Russo. Che i reparti del Policlinico di Messina siano palestra per medici che con l'azienda non hanno alcun rapporto di lavoro o che, comunque, prestano attività sanitaria è un dato conosciuto da tempo. E finito anche all'attenzione dello stesso direttore generale Pecoraro.
PROVE DI MORALISMO. Luigi Angiò, direttore della scuola di specializzazione in Chirurgia generale, nel 2008, in coincidenza con l'arrivo di Giuseppe Pecoraro denunciò: «Un chirurgo, Fabio Crescenti, che non ha alcun rapporto di lavoro con il Policlinico, effettua interventi chirurgia nella sala operatoria della Chirurgia d'urgenza diretta allora da Ciro Famulari. Ho le carte che lo dimostrano». Il sostituto della Procura di Messina Adriana Selglio ha aperto un'inchiesta che dopo due anni non si è ancora conclusa. Mentre il manager non ha adottato alcun provvedimento sanzionatorio. Ma ha attribuito a giugno del 2009, d'intesa con il rettore Tomasello, a Ciro Famulari la direzione della Chirurgia generale e quella del Dipartimento di Chirurgia. Centonove in un servizio inchiesta pubblicato il 24 aprile del 2009 "Specializzandi in cattedra", ha documentato che di notte e nei festivi al Policlinico a fare le guardie in molti reparti vengono lasciati gli specializzandi che per legge "senza la presenza del tutor non possono fare nulla". Così succedeva, per fare degli esempi, nella Neurochirurgia diretta dal rettore Franco Tomasello, nel reparto di Chirurgia Toracica del primario Maurizio Monaco. Non solo: l'inchiesta ha documentato che ad alcuni degli specializzandi erano imposti dei tumi di 24 ore di seguito e orari che in una settimana arrivavano anche a 60 ore, mentre la legge prevede massimo 38 ore a settimanali oltre le quali gli specializzandi, come sottolineò in una nota il preside di Medicina Emanuele Scrlbano, «sono sprovvisti di copertura assicurativa». La reazione del manager? Il silenzio. E la riconferma di tutti i direttori dei reparti in cui i medici in formazione erano stati trovati a fare le guardie senza tutor.
L'ABUSIVO VIRTUOSO. La volle nel 2007 tra gli altri fortissimamente il rettore Franco Tomasello: alle casse del Policlinico è costata 5 milioni di euro. Ogni anno ce ne vogliono 400mila per la manutenzione. In Italia di queste apparecchiature ce ne sono altre due. In tutta l'inghilterra, per fare un esempio, non ce n'è neanche una. Si chiama CyberKnife: è un'apparecchiatura sofisticata che permette di curare i tumori inoperabili o di evitare l'intervento chirurgico. Quanti sono i medici che la sanno far funzionare? Costantino De Renzis, il direttore del reparto di Radioterapia Oncologica ammette: «Se mancasse Antonio Pontoriero la macchina rimarrebbe ferma». Un medico strutturato? No, un assegnista di ricerca: come Antonio De Vivo. Il manager Pecoraro il16 giugno del 201 O, alla vigilia della scadenza dell'assegno di ricerca di Pontoriero, ha bandito un concorso per dirigente medico di "Radioterapia per le esigenze dell'attività assistenziale della Cyberknife".
ABUSIVISMO AL CONTRARIO. Ma se nei reparti del Policlinico si occupano pazienti che non ne hanno titolo ci sono medici pagati dal Policlinico che lavorano nelle case di cura private della città. Centonove in un servizio del 29 gennaio del 2010, ne ha fatto un elenco, cui appartengono, ad esempio, blasonati medici: Pippo Navarra, chirurgo, Franco Galletti, otorinolaringoiatra; Francesco Stagno D'Alcontres, chirurgo plastico. Per alcuni di loro l'attività presso la case di cura private era formalmente coperta da convenzioni di consulenza ad personam, come quella di Navarra per la casa di cura Carmona. Qualche mese dopo Giuseppe Pecoraro ha messo i tre medici in questione a capo dei reparti. Manlio Magistri, direttore sanitario dal primo ottobre del 2010 ha, invece, messo un veto: «Convenzioni di questo tipo non si possono fare. Non darò il mio consenso alla proroga». Massimo Russo il 23 marzo del 2010 ha scritto tra gli altri manager delle aziende sanitarie regionali a Pecoraro: «Pervengono a questo assessorato denunce sul comportamento di alcuni medici delle strutture pubbliche che lavorano nella case di cura private. Ciò non è possibile. Le aziende sanitarie controllino che non accada».
LA MASSONERIA DEL COMPLOTTO. Giuseppe Pecoraro alla bufera sul Policlinico ha reagito chiamando in causa entità altre: «Questa città è in mano alla massoneria. Chi come me cerca di rompere alcuni circuiti viene attaccato e messo a i margini». «Il comandante della nave, durante la tempesta, ha il dovere di governarla e, con nervi saldi, di condurla in porto, non di abbandonarsi a sfoghi e lanciare generiche accuse. Se fatti rilevanti esistono, vengano portati ed approfonditi nelle sedi competenti», ha scritto in un documento il Consiglio di facoltà di Medicina che si è riunita d'urgenza mercoledì primo settembre.
IL PUGNO DI FERRO. Il direttore generale Giuseppe Pecoraro, in sintonia con il ministro, il rettore dell'ateneo Franco Tomasello e l'assessore alla Sanità ha usato il pugno duro: oltre a Vincenzo Benedetto è stato sospeso dall'incarico di primario Granese. «Non doveva consentire che De Vivo svolgesse attività sanitaria: era un assegnista, non poteva agire autonomamente», ha spiegato l'assessore Massimo Russo. Il manager palermitano, alla guida del Policlinico di Messina dall'aprile del 2008, si è lasciato sfuggire: «Esiste al Policlinico un fenomeno incontrollato di medici estranei ai reparti e presenti per curare i loro interessi professionali privati, assicurando con facilità ai pazienti una serie di servizi ospedalieri, dai prelievi di sangue alle ecografie ai ricoveri. Una follia». Leoluca Orlando, presidente della Commissione parlamentare sugli errori sanitari, di rimando, ha dichiarato: «Chi è alla guida di un ospedale da due anni e mezzo non può denunciare fatti così gravi senza spiegare cosa abbia fatto per porvi rimedio. Si valuti la rimozione del manager», ha esortato rivolgendosi all'assessore Russo. Che i reparti del Policlinico di Messina siano palestra per medici che con l'azienda non hanno alcun rapporto di lavoro o che, comunque, prestano attività sanitaria è un dato conosciuto da tempo. E finito anche all'attenzione dello stesso direttore generale Pecoraro.
PROVE DI MORALISMO. Luigi Angiò, direttore della scuola di specializzazione in Chirurgia generale, nel 2008, in coincidenza con l'arrivo di Giuseppe Pecoraro denunciò: «Un chirurgo, Fabio Crescenti, che non ha alcun rapporto di lavoro con il Policlinico, effettua interventi chirurgia nella sala operatoria della Chirurgia d'urgenza diretta allora da Ciro Famulari. Ho le carte che lo dimostrano». Il sostituto della Procura di Messina Adriana Selglio ha aperto un'inchiesta che dopo due anni non si è ancora conclusa. Mentre il manager non ha adottato alcun provvedimento sanzionatorio. Ma ha attribuito a giugno del 2009, d'intesa con il rettore Tomasello, a Ciro Famulari la direzione della Chirurgia generale e quella del Dipartimento di Chirurgia. Centonove in un servizio inchiesta pubblicato il 24 aprile del 2009 "Specializzandi in cattedra", ha documentato che di notte e nei festivi al Policlinico a fare le guardie in molti reparti vengono lasciati gli specializzandi che per legge "senza la presenza del tutor non possono fare nulla". Così succedeva, per fare degli esempi, nella Neurochirurgia diretta dal rettore Franco Tomasello, nel reparto di Chirurgia Toracica del primario Maurizio Monaco. Non solo: l'inchiesta ha documentato che ad alcuni degli specializzandi erano imposti dei tumi di 24 ore di seguito e orari che in una settimana arrivavano anche a 60 ore, mentre la legge prevede massimo 38 ore a settimanali oltre le quali gli specializzandi, come sottolineò in una nota il preside di Medicina Emanuele Scrlbano, «sono sprovvisti di copertura assicurativa». La reazione del manager? Il silenzio. E la riconferma di tutti i direttori dei reparti in cui i medici in formazione erano stati trovati a fare le guardie senza tutor.
L'ABUSIVO VIRTUOSO. La volle nel 2007 tra gli altri fortissimamente il rettore Franco Tomasello: alle casse del Policlinico è costata 5 milioni di euro. Ogni anno ce ne vogliono 400mila per la manutenzione. In Italia di queste apparecchiature ce ne sono altre due. In tutta l'inghilterra, per fare un esempio, non ce n'è neanche una. Si chiama CyberKnife: è un'apparecchiatura sofisticata che permette di curare i tumori inoperabili o di evitare l'intervento chirurgico. Quanti sono i medici che la sanno far funzionare? Costantino De Renzis, il direttore del reparto di Radioterapia Oncologica ammette: «Se mancasse Antonio Pontoriero la macchina rimarrebbe ferma». Un medico strutturato? No, un assegnista di ricerca: come Antonio De Vivo. Il manager Pecoraro il16 giugno del 201 O, alla vigilia della scadenza dell'assegno di ricerca di Pontoriero, ha bandito un concorso per dirigente medico di "Radioterapia per le esigenze dell'attività assistenziale della Cyberknife".
ABUSIVISMO AL CONTRARIO. Ma se nei reparti del Policlinico si occupano pazienti che non ne hanno titolo ci sono medici pagati dal Policlinico che lavorano nelle case di cura private della città. Centonove in un servizio del 29 gennaio del 2010, ne ha fatto un elenco, cui appartengono, ad esempio, blasonati medici: Pippo Navarra, chirurgo, Franco Galletti, otorinolaringoiatra; Francesco Stagno D'Alcontres, chirurgo plastico. Per alcuni di loro l'attività presso la case di cura private era formalmente coperta da convenzioni di consulenza ad personam, come quella di Navarra per la casa di cura Carmona. Qualche mese dopo Giuseppe Pecoraro ha messo i tre medici in questione a capo dei reparti. Manlio Magistri, direttore sanitario dal primo ottobre del 2010 ha, invece, messo un veto: «Convenzioni di questo tipo non si possono fare. Non darò il mio consenso alla proroga». Massimo Russo il 23 marzo del 2010 ha scritto tra gli altri manager delle aziende sanitarie regionali a Pecoraro: «Pervengono a questo assessorato denunce sul comportamento di alcuni medici delle strutture pubbliche che lavorano nella case di cura private. Ciò non è possibile. Le aziende sanitarie controllino che non accada».
LA MASSONERIA DEL COMPLOTTO. Giuseppe Pecoraro alla bufera sul Policlinico ha reagito chiamando in causa entità altre: «Questa città è in mano alla massoneria. Chi come me cerca di rompere alcuni circuiti viene attaccato e messo a i margini». «Il comandante della nave, durante la tempesta, ha il dovere di governarla e, con nervi saldi, di condurla in porto, non di abbandonarsi a sfoghi e lanciare generiche accuse. Se fatti rilevanti esistono, vengano portati ed approfonditi nelle sedi competenti», ha scritto in un documento il Consiglio di facoltà di Medicina che si è riunita d'urgenza mercoledì primo settembre.
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