|
La denuncia dello SNAMI.
PALERMO - Non tutti sanno che la sanità territoriale è più importante di quella ospedaliera e specialistica. Ma non tutti sanno cosa accade dietro le quinte. Non tutti sono a conoscenza delle difficoltà che quotidianamente attraversano oltre 2300 «camici bianchi» dislocati in oltre 500 sedi di guardia medica.
Chi è il medico di continuità assistenziale? E cosa fa? Sono questi i due quesiti che si è posto lo Snami (Sindacato nazionale automomo dei medici italiani) che dal 27 al 29 maggio scorso ha celebrato a Palermo il 29° Congresso nazionale. «Dalle 20 alle 8 di mattina e nei prefestivi e festivi è il medico di guardia medica che oggi si occupa della continuità assistenziale - spiega nella sua denuncia Giancarmelo La Manna, responsabile nazionale Snami - e che prende in carico i cittadini nei primi momenti di cronicità nelle ore in cui il medico di famiglia non è in servizio. Un'attività complessa dal punto di vista professionale e delicata nell'approccio con il paziente. L'intervento del medico inizia con la chiamata dalla centrale operativa di riferimento o, nella maggior parte delle regioni, con l'accesso diretto al presidio, spesso e volentieri ubicato in luoghi periferici, isolati e fatiscenti. Il tutto senza l'ausilio di altre figure professionali sia nel momento dell'accoglienza sia nel momento della visita». La denuncia si fa particolareggiata quando si parla di attrezzature «Il medico - aggiunge La Manna - quindi opera in completa solitudine e senza l'ausilio di strumentazione diagnostica necessaria sia in ambulatorio sia a domicilio, anche in situazioni di particolare emergenza, quali arresto cardiorespiratorio, edema polmonare, ictus, attacco di asma, traumi di qualsiasi tipo (incidenti domestici o stradali nei piccoli centri, ndr), fino all'assistenza al parto, soprattutto nelle comunità disagiate. Manca il defibrillatore. Quindi in caso di arresto cardiorespiratorio, al medico non resta che intervenire manualmente in attesa dell'arrivo dell'ambulanza medicalizzata».
Chi è il medico di continuità assistenziale? E cosa fa? Sono questi i due quesiti che si è posto lo Snami (Sindacato nazionale automomo dei medici italiani) che dal 27 al 29 maggio scorso ha celebrato a Palermo il 29° Congresso nazionale. «Dalle 20 alle 8 di mattina e nei prefestivi e festivi è il medico di guardia medica che oggi si occupa della continuità assistenziale - spiega nella sua denuncia Giancarmelo La Manna, responsabile nazionale Snami - e che prende in carico i cittadini nei primi momenti di cronicità nelle ore in cui il medico di famiglia non è in servizio. Un'attività complessa dal punto di vista professionale e delicata nell'approccio con il paziente. L'intervento del medico inizia con la chiamata dalla centrale operativa di riferimento o, nella maggior parte delle regioni, con l'accesso diretto al presidio, spesso e volentieri ubicato in luoghi periferici, isolati e fatiscenti. Il tutto senza l'ausilio di altre figure professionali sia nel momento dell'accoglienza sia nel momento della visita». La denuncia si fa particolareggiata quando si parla di attrezzature «Il medico - aggiunge La Manna - quindi opera in completa solitudine e senza l'ausilio di strumentazione diagnostica necessaria sia in ambulatorio sia a domicilio, anche in situazioni di particolare emergenza, quali arresto cardiorespiratorio, edema polmonare, ictus, attacco di asma, traumi di qualsiasi tipo (incidenti domestici o stradali nei piccoli centri, ndr), fino all'assistenza al parto, soprattutto nelle comunità disagiate. Manca il defibrillatore. Quindi in caso di arresto cardiorespiratorio, al medico non resta che intervenire manualmente in attesa dell'arrivo dell'ambulanza medicalizzata».
Nessun commento:
Posta un commento
imposta qui i tuoi commenti