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Dottoressa stuprata in Guardia Medica. Fimmg minaccia stop ambulatori
Scotti. Siamo stati lasciati soli anche dalla gente. 17 aggressioni in due anni.
Roma, 18 mar. (Adnkronos Salute) - «Siamo arrabbiati. I medici di guardia medica sono lasciati soli, senza nessuna sicurezza: in due anni si sono verificate 17 aggressioni, 12 solo nel 2009, raddoppiando in un solo anno». E' furioso Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg-continuità assistenziale, dopo l'ennesima aggressione, questa notte a Scicli in provincia di Ragusa, dove una dottoressa di 53 anni, alle 3 di notte, durante il turno di guardia medica, è stata violentata e picchiata a sangue. E ora è ricoverata in ospedale per la frattura di una gamba. I 4 mila medici di continuità assistenziale «lavorano in condizioni assurde, fornendo un servizio ai cittadini per il quale dovremmo avere una medaglia al valore civile e non alla memoria», dice Scotti all'ADNKRONOS SALUTE, ricordando che si sono contati anche dei morti negli ultimi anni, come Roberta Zedda uccisa nel 2003 in Sardegna e prima, in Puglia, Maria Montemuduro nel 1999.
«Siamo lasciati soli. Purtroppo - lamenta - anche dalla gente che dovrebbe aiutarci a difendere questo servizio», aggiunge il sindacalista che chiede alle istituzioni una maggiore attenzione. «Se non ci saranno garanzie in questo senso - minaccia - saremmo costretti a chiedere ai medici di guardia di fare solo visite domiciliari, senza ambulatorio». Le aggressioni, spiega Scotti, non avvengono mai a casa dei pazienti, ma sempre negli ambulatori, collocati spesso in zone isolate e insicure. «E chiederemo agli amministrazioni locali l'applicazione della legge 81 sulla sicurezza del lavoro: vogliamo sapere chiaramente chi è il responsabile della nostra sicurezza».
Il servizio di continuità assistenziale, riferisce Scotti, «sta diventando sempre più "al femminile". E sono proprio le donne a rischiare di più». Scotti si appella al ministro della Salute, Ferruccio Fazio, e al ministro degli Interni Roberto Maroni, ma anche alla popolazione. «Dobbiamo spiegare alla gente che il servizio di continuità assistenziale è un patrimonio di cui dispone. Ma che può perdere perché i camici bianchi saranno sempre meno motivati, per un guadagno di 23 euro l'ora, ad andare a rischiare la vita. In un Paese civile la sicurezza dei medici di guardia deve essere anche interesse della popolazione, non solo delle forze di polizia». Ci vuole, inoltre, anche «una presa di coscienza degli amministratori delle aziende e dei Comuni che devono prevedere la collocazioni delle sedi in posti che garantiscano la sicurezza dei medici che vanno in ambulatorio per assistere la popolazione. Purtroppo però, ancora oggi vediamo titoloni sui giornali quando un collega non risponde ad una chiamata notturna. Mentre si ignora il lavoro degli altri 3.999 che rischiano ogni notte di essere aggrediti», conclude Scotti.
«Siamo lasciati soli. Purtroppo - lamenta - anche dalla gente che dovrebbe aiutarci a difendere questo servizio», aggiunge il sindacalista che chiede alle istituzioni una maggiore attenzione. «Se non ci saranno garanzie in questo senso - minaccia - saremmo costretti a chiedere ai medici di guardia di fare solo visite domiciliari, senza ambulatorio». Le aggressioni, spiega Scotti, non avvengono mai a casa dei pazienti, ma sempre negli ambulatori, collocati spesso in zone isolate e insicure. «E chiederemo agli amministrazioni locali l'applicazione della legge 81 sulla sicurezza del lavoro: vogliamo sapere chiaramente chi è il responsabile della nostra sicurezza».
Il servizio di continuità assistenziale, riferisce Scotti, «sta diventando sempre più "al femminile". E sono proprio le donne a rischiare di più». Scotti si appella al ministro della Salute, Ferruccio Fazio, e al ministro degli Interni Roberto Maroni, ma anche alla popolazione. «Dobbiamo spiegare alla gente che il servizio di continuità assistenziale è un patrimonio di cui dispone. Ma che può perdere perché i camici bianchi saranno sempre meno motivati, per un guadagno di 23 euro l'ora, ad andare a rischiare la vita. In un Paese civile la sicurezza dei medici di guardia deve essere anche interesse della popolazione, non solo delle forze di polizia». Ci vuole, inoltre, anche «una presa di coscienza degli amministratori delle aziende e dei Comuni che devono prevedere la collocazioni delle sedi in posti che garantiscano la sicurezza dei medici che vanno in ambulatorio per assistere la popolazione. Purtroppo però, ancora oggi vediamo titoloni sui giornali quando un collega non risponde ad una chiamata notturna. Mentre si ignora il lavoro degli altri 3.999 che rischiano ogni notte di essere aggrediti», conclude Scotti.
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