La Sicilia
Ed. del 08.07.2011 - Catania - pag. 38
n.d.
Articolo letto 6 volte
Lo dico a La Sicilia
Io, ricoverato, lasciato da solo per due ore in attesa dell’autoambulanza. E’ successo all’esterno del reparto che ospita gli ambulatori di dermatologia dell’ospedale Vittorio Emanuele, dove il sottoscritto, da alcuni giorni ricoverato per controlli epatici al reparto di malattie infettive dell’ospedale Ferrarotto, era stato accompagnato per una visita specialistica.
Alle ore 11.50, mentre il pranzo sta per essere servito, vengo prelevato dagli operatori dell’autoambulanza appartenente alla Croce Amica One Srl. (società di Milano che si è aggiudicata la gara d’appalto per i servizi esternalizzati di tutti gli ospedali di Catania) e accompagnato al nosocomio che dista circa 10 minuti (traffico permettendo). Dopo avermi lasciàto a una cinquantina di metri dal plesso di dermatologia, la lettiga riparte per altri servizi. Il tempo di presentarmi allo sportello dell’accoglienza, ascoltare le parole dell’addetta alle visite che commenta «…a quest’ora?», attendere nella fresca sala d’aspetto una decina di minuti e il medico mi visita e mi fissa un appuntamento a pochi giorni di distanza per il semplice intervento di rimozione di un piccolo fibroma. Esco e la caposala chiama davanti a me, ore 12.20, il servizio autoambulanza per il riaccompagna mento al Ferrarotto. Attendo in sala d’aspetto fino alle 13.15, fin quando mi viene suggerito dal personale dell’ambulatorio di aspettare all’esterno in modo da rendermi visibile (!?). Mi siedo sulle scale esterne e temporeggio controllando la strada e riparandomi dal sole a picco che fa salire la temperatura a 35 gradi. Dopo poco escono gli operatori, chiudono il reparto e un medico mi chiede il permesso di chiamarmi l’indomani per sapere quanto tempo ho dovuto attendere, riservandosi di segnalare il ritardo alla direzione sanitaria. Alle ore 14.30, ovvero dopo oltre due ore di inutile attesa, irritato, stanco, accaldato e affamato decido di tornare a piedi e m’incammino verso il Ferrarotto. Non essendo pratico della zona allungo il percorso e giro da via Plebiscito in via Lago di Nicito e, per pura coincidenza, scorgo seduti al bar Caffè Sicilia, 6 operatori della Croce Amica One Srl. , due ambulanze e una moto soccorso parcheggiate a poca distanza.
Penso che stiano consumando una giusta pausa pranzo e mi chiedo se chi li dirige ha organizzato il lavoro, in termini di adeguatezza (quantitativa e qualitativa) del personale, mezzi, remunerazione e turni in modo tale da garantire l’efficienza e l’efficacia dei servizi. Proseguo sudato, sotto il sole cocente e dopo l’ultima salita arrivo, finalmente, a «casa» (reparto). L’infermiera mi accoglie con un’espressione tra lo stupito e il preoccupato riferendomi di aver richiamato l’ambulanza poco dopo le 14.00 appena entrata in turno e di aver ricevuto rassicurazioni sul mio recupero. In conclusione, dopo aver raccontato il fatto ad alcuni operatori e altri ricoverati mi convinco di denunciare l’accaduto alla direzione sanitaria (attraverso l’URP, ufficio relazioni col pubblico) e scrivere questo amaro resoconto.
La cronologia di questo specifico episodio, ma in questi pochi giorni di ricovero ne ho viste e sentite di tutte i colori - con relative lamentele da parte del personale medico e paramedico, dei lavoratori generici e addetti a specifici servizi, dei pazienti ricoverati o fruitori esterni di prestazioni sanitarie – dovrebbe (qualora ve ne fosse ancora bisogno) essere sufficiente per far riflettere chi di dovere sull’organizzazione e, più in generale, sul sistema dei servizi - pubblici, ma anche privati - alla persona.
Gianantonio Racchetti
Abbiamo cercato ripetutamente di contattare Croce Amica One srl. Nessuna risposta dalla sede catanese della società. La casa madre di Milano ci ha rimandato alla succursale etnea. Che per ora resta muta.
Alle ore 11.50, mentre il pranzo sta per essere servito, vengo prelevato dagli operatori dell’autoambulanza appartenente alla Croce Amica One Srl. (società di Milano che si è aggiudicata la gara d’appalto per i servizi esternalizzati di tutti gli ospedali di Catania) e accompagnato al nosocomio che dista circa 10 minuti (traffico permettendo). Dopo avermi lasciàto a una cinquantina di metri dal plesso di dermatologia, la lettiga riparte per altri servizi. Il tempo di presentarmi allo sportello dell’accoglienza, ascoltare le parole dell’addetta alle visite che commenta «…a quest’ora?», attendere nella fresca sala d’aspetto una decina di minuti e il medico mi visita e mi fissa un appuntamento a pochi giorni di distanza per il semplice intervento di rimozione di un piccolo fibroma. Esco e la caposala chiama davanti a me, ore 12.20, il servizio autoambulanza per il riaccompagna mento al Ferrarotto. Attendo in sala d’aspetto fino alle 13.15, fin quando mi viene suggerito dal personale dell’ambulatorio di aspettare all’esterno in modo da rendermi visibile (!?). Mi siedo sulle scale esterne e temporeggio controllando la strada e riparandomi dal sole a picco che fa salire la temperatura a 35 gradi. Dopo poco escono gli operatori, chiudono il reparto e un medico mi chiede il permesso di chiamarmi l’indomani per sapere quanto tempo ho dovuto attendere, riservandosi di segnalare il ritardo alla direzione sanitaria. Alle ore 14.30, ovvero dopo oltre due ore di inutile attesa, irritato, stanco, accaldato e affamato decido di tornare a piedi e m’incammino verso il Ferrarotto. Non essendo pratico della zona allungo il percorso e giro da via Plebiscito in via Lago di Nicito e, per pura coincidenza, scorgo seduti al bar Caffè Sicilia, 6 operatori della Croce Amica One Srl. , due ambulanze e una moto soccorso parcheggiate a poca distanza.
Penso che stiano consumando una giusta pausa pranzo e mi chiedo se chi li dirige ha organizzato il lavoro, in termini di adeguatezza (quantitativa e qualitativa) del personale, mezzi, remunerazione e turni in modo tale da garantire l’efficienza e l’efficacia dei servizi. Proseguo sudato, sotto il sole cocente e dopo l’ultima salita arrivo, finalmente, a «casa» (reparto). L’infermiera mi accoglie con un’espressione tra lo stupito e il preoccupato riferendomi di aver richiamato l’ambulanza poco dopo le 14.00 appena entrata in turno e di aver ricevuto rassicurazioni sul mio recupero. In conclusione, dopo aver raccontato il fatto ad alcuni operatori e altri ricoverati mi convinco di denunciare l’accaduto alla direzione sanitaria (attraverso l’URP, ufficio relazioni col pubblico) e scrivere questo amaro resoconto.
La cronologia di questo specifico episodio, ma in questi pochi giorni di ricovero ne ho viste e sentite di tutte i colori - con relative lamentele da parte del personale medico e paramedico, dei lavoratori generici e addetti a specifici servizi, dei pazienti ricoverati o fruitori esterni di prestazioni sanitarie – dovrebbe (qualora ve ne fosse ancora bisogno) essere sufficiente per far riflettere chi di dovere sull’organizzazione e, più in generale, sul sistema dei servizi - pubblici, ma anche privati - alla persona.
Gianantonio Racchetti
Abbiamo cercato ripetutamente di contattare Croce Amica One srl. Nessuna risposta dalla sede catanese della società. La casa madre di Milano ci ha rimandato alla succursale etnea. Che per ora resta muta.
Nessun commento:
Posta un commento
imposta qui i tuoi commenti